Wilhelm Dilthey e lo storicismo tedesco

Wilhelm Dilthey è un filosofo del 1900 famoso per la sua filosofia sulle “visioni del mondo” e ricordato come il fondatore dello storicismo tedesco. In questo articolo ne illustriamo la vita e i tratti salienti del pensiero filosofico.

La vita di Wilhelm Dilthey

Wilhelm Dilthey
Foto di Wilhelm Dilthey. Fonte: Wikipedia.org.

Wilhelm Dilthey (la pronuncia esatta del nome è “dìltai”) nasce a Biebrich, nel cuore della Germania, nel 1833. La sua famiglia è calvinista e lo inizia allo studio della religione, che prosegue con l’iscrizione all’università di Heidelberg. Dunque, studia sia teologia sia filosofia e storia. Poi, continua gli studi all’università di Berlino, dove è molto presente in questi stessi anni il pensiero del filosofo Schleiermacher, padre della “Teologia liberale”. Così, la tesi di dottorato di Dilthey ruota proprio intorno alle questioni etiche così come trattate da Schleiermacher. Poi, prosegue lo studio sul pensiero di questo filosofo e ne realizza la prima biografia, il cui primo volume risale al 1870. Intanto, diviene uno dei professori più rispettati nelle università tedesche col titolo di “Privatdozent“. Eppure, sono ancora in pochi a conoscere il suo pensiero.

Nel 1874 Wilhelm Dilthey si sposa e ha tre figli. Intanto, la lettura dei testi di Husserl lo spinge verso una revisione delle ricerche compiute fino a quel momento. Così, nel 1905, avviene l’incontro con Husserl, che lo raggiunge a Berlino. Poi, l’anno successivo, la pubblicazione del  libro Esperienza vissuta e poesia diffonde il suo pensiero a un pubblico più largo. Ma più aumenta la popolarità di Dilthey, al punto che sorge una scuola di pensiero intorno a lui, tanto più peggiorano i rapporti con Husserl per le differenti visioni filosofiche di entrambi. Wilhelm Dilthey muore nel 1911 per un attacco di dissenteria.

Cornice storico-filosofica

Il pensiero filosofico di Wilhelm Dilthey matura in piena diffusione dell’idealismo tedesco. Dunque, non solo Schleiermacher, ma anche Hegel, Fichte, Schelling, e tutti i filosofi del filone berlinese influenzano le sue riflessioni. Inoltre, essenziale è lo studio di Kant. Tuttavia, Dilthey appartiene a un’altra generazione: Schleiermacher muore un anno prima della sua nascita, ed Hegel tre anni prima. Insomma, il filosofo del 1800 supera il pensiero dei suoi predecessori, interessato alla descrizione della vita al di là degli schematismi da loro già realizzati.

«Descrivere la vita: questo è il nostro fine. Noi non sappiamo se continueremo a vivere come Io. Non sappiamo se c’è un Dio personale. Quest’epoca del mondo ci chiede solo di vivere tra ciò che è accessibile alla riflessione, [e] aperto all’esperienza. Ma noi vogliamo anche rendere la vita visibile nella sua imperscrutabile profondità e […] connessione.»

Dunque, risulta chiaro come gli argomenti presentano punti di contatto col pensiero husserliano. Tuttavia, anche per via dei dissapori tra questi due filosofi, gli studiosi evidenziano di più la sua vicinanza con Bergson. Comunque, è innegabile il debito nei confronti di Schleiermacher e la critica compiuta da quest’ultimo nei confronti del pensiero kantiano.

Scienze della natura e dello spirito

Wilhelm Dilthey è, oltre che filosofo, anche psicologo, sociologo e pedagogo. Tuttavia, un altro suo campo di ricerca che influenza il pensiero filosofico è la storia. Infatti, in quanto storico, molti suoi testi riguardano considerazioni su varie epoche storiche. Perciò, non sorprende che dal punto di vista filosofico egli riflette sul metodo storico stesso. Così, c’è chi ritiene la filosofia di Dilthey uno spostamento della critica della ragione kantiana in senso storico.

Innanzitutto, Dilthey pone una differenza tra scienze dello spirito e scienze della natura. Cioè, l’oggetto delle scienze naturali (fisica, chimica, biologia…) è esterno all’uomo ed è colto tramite l’esperienza sensibile. Invece, l’oggetto delle scienze dello spirito è interno all’uomo, riguarda la sua storia e i suoi rapporti sociali, cioè rapporti tra “unità viventi psicofisiche”. Dunque, a differenza delle scienze naturali che tutt’al più cercano gli elementi comuni della natura umana, quelle dello spirito trattano quella parte individualizzante che caratterizza ognuno. Così, Dilthey chiama questa esperienza interna erlebnis. Cioè (e qui diviene chiaro il contatto con Bergson) con erlebnis intendiamo “l’esperienza vivente”, il vissuto di ognuno.

«(…) La vita resta sempre il presupposto della conoscenza, cioè, della coscienza o del sapere contenuto nella vita. In quanto presupposto della stessa conoscenza, la vita non può essere analizzata tramite la conoscenza. Quindi il fondamento, che racchiude […] tutta la conoscenza, è la vita stessa […]. Il carattere della vita è visibile nella struttura di ogni essere vivente. Il suo significato deriva da questa struttura. La vita è imperscrutabile […] ma accessibile al poeta, al profeta, all’uomo religioso, allo storico.»

Insomma, la concettualizzazione, tipica delle scienze della natura, non avviene nelle scienze dello spirito. Invece, in queste ultime vi è la comprensione.

Partecipazione simpatetica e storicismo

La comprensione differisce dalla concettualizzazione in quanto essa consiste nel rivivere l’esperienza altrui. Dunque, Wilhelm Dilthey afferma che questa comprensione avviene attraverso le categorie della ragione storica, ed è questo a garantire la loro scientificità. Tuttavia, la comprensione consiste nel “ritrovamento dell’io nel tu”, la partecipazione simpatetica alle emozioni degli altri. Dunque, in ciò avviene la differenza con l’oggetto di indagine delle scienze della natura. Inoltre, la partecipazione simpatetica è differente in ogni epoca storica e non avviene sempre nello stesso modo, dato che vi sono categorie che strutturano il mondo storico, ma non forme a priori dell’intelletto. Perciò, la storiografia ha un carattere individualizzante. Ma allo stesso tempo avviene un’unità tra soggetto e oggetto. Perciò, Wilhelm Dilthey garantisce ai due tipi di scienze una differenza epistemica.

Dunque, l’idea di Dilthey è che la ricerca storica richiede l’uso della psicologia. Non si serve di quest’ultima in termini di analisi scientifica, bensì come un mezzo per avvicinarsi alla “vita della mente“. Così, il mondo storico, inteso come l’insieme dei vari sistemi culturali sorti nel corso delle epoche, sono un insieme di espressioni esteriori della vita. Perciò, come una singola persona nel corso della vita compie varie azioni che esprimono la sua vita interiore, allo stesso modo le espressioni delle civiltà mostrano la “sfera interiore” di ogni popolo. Ma ciò avviene proprio perché la vita è esistenza dell’individuo singolo nei suoi rapporti con gli altri individui. Dunque, l’obiettivo della ricerca storica è una maggior conoscenza dell’essere umano. In sintesi, questa è l’idea che caratterizza lo storicismo di Dilthey.

Autocentralità e sforzo creativo in Wilhelm Dilthey

Dunque, abbiamo detto che per Dilthey ogni epoca storica è diversa perché caratterizzata da diverse espressioni della vita. Ma queste differenze da cosa dipendono? Il filosofo spiega ciò col concetto di autocentralità. Infatti, ogni sistema culturale ha in se stesso il suo centro. Cioè, qualsiasi azione acquista senso all’interno di una cultura sulla base dei valori e scopi che la fondano.

Ma se la storia è solo un elenco di sistemi culturali, non trova spiegazione il fenomeno incessante della trasformazione delle civiltà e dei valori che le regolano. Invece Dilthey, anche se pone il principio dell’autocentralità, spiega questo fenomeno con un principio che sembra contraddittorio. Infatti, egli afferma che ogni epoca trova i suoi riferimenti nell’epoca che l’ha preceduta. Cioè, il filosofo tedesco ritiene che la cultura di ogni epoca nasce per un motivo preciso: rispondere alle mancanze del periodo precedente. Dunque, ogni epoca risente di ciò che è accaduto prima di essa. Quindi, le generazioni che fanno parte di un periodo storico compiono nelle loro azioni tentativi per colmare le mancanze di tale periodo e ne segnano la fine. Perciò, Dilthey definisce questo fenomeno “sforzo creativo“.

Wilhelm Dilthey
Fonte immagine: publicdomainvectors.org

Un esempio a noi vicino che ci aiuta nella comprensione di questo concetto è la nascita di Internet e del digitale. Infatti, queste sono forse le invenzioni che caratterizzano meglio la nostra epoca. Ma queste nascono per colmare le insoddisfazioni dei tempi precedenti: difficoltà di informazione e di comunicazione, e strumenti che rendono il lavoro faticoso. Così, Internet e il digitale compensano questa insoddisfazione e producono una civiltà con nuovi valori e scopi. Dunque, lo sforzo creativo compiuto tra i due periodi storici è proprio la sua invenzione. Ma il fenomeno non trova conclusione e sulle nuove insoddisfazioni prende forma la prossima civiltà.

La filosofia nel corso della storia

In sintesi, la storia, il processo della trasformazione delle civiltà, nasce dall’insoddisfazione del presente e dal tentativo impossibile ed eterno di colmarla. Ma a questo punto abbiamo un possibile vicolo cieco nel discorso di Dilthey. Infatti, se ogni espressione dell’umano ha fondamento solo in certe epoche e poi “muore”, anche la filosofia ha lo stesso destino? Invece, il filosofo spiega che non è così, in quanto filosofia è indagine sul mistero del mondo e della vita, per la quale cerca una risposta universale. Dunque, anche se possono esserci modifiche, la filosofia non può scomparire, data la presenza costante di questa domanda.

Comunque, proprio in riferimento a ciò, Dilthey individua tre differenti metafisiche nel corso della storia. Innanzitutto, il naturalismo materialistico-positivistico, fondato sul concetto di causa e che rintracciamo in filosofi come Democrito, Hobbes e Comte. Poi, l’idealismo oggettivo, fondato sul sentimento e l’idea che un principio interiore fonda il mondo, proprio di Eraclito, Spinoza ed Hegel. Infine, l’idealismo della libertà, fondato sulla volontà e l’indipendenza-trascendenza dello spirito, proprio di Platone, Agostino e Fichte. Ma per Dilthey tutte queste metafisiche sono parziali, perché ruotano su una sola categoria e pretendono di spiegare il tutto. D’altra parte, non esiste una metafisica che unifica tutte le categorie. Perciò, il dibattito filosofico sul mondo è per forza plurale.

Wilhelm Dilthey e la welthanschaung

Wilhelm Dilthey
foto di Wilhelm Dilthey da anziano. Fonte: wikipedia.org.

Quest’ultima idea corrisponde a ciò che in filosofia è noto come welthanschauung. Infatti, questa parola tedesca, intraducibile in italiano, possiamo renderla con “visione del mondo“. Anche se usata già da tempo, Dilthey la descrive in L’essenza della filosofia in termini nuovi. In sintesi, i fondamenti delle tre metafisiche su descritte sono delle welthanschauung. Infatti, esse condizionano il modo con cui singole persone e popoli vedono il mondo. Dunque la  welthanschauung è l’espressione del modo con cui l’essere umano si relaziona col mondo in tutte le sue sfaccettature. Perciò, secondo Dilthey, il compito delle scienze dello spirito è proprio l’analisi metodica di questa relazione dello spirito umano col mondo e il mistero della vita.

Luigi D’Anto’

Bibliografia

W. Dilthey, Il secolo XVIII e il mondo storico, Pgreco, 2016.

N. Abbagnano, Storia della filosofia (dallo spiritualismo all’esistenzialismo), Torino, 1995.

Sitografia

Lezione di Antonio Gargano su Wilhelm Dilthey sul canale youtube dell’Istituto Italiano degli Studi Filosofici.

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