Aladdin, la fiaba orientale di Walt Disney

Aladdin è il celebre film d’animazione Disney uscito nel 1992. Considerato il 31o classico del canone ufficiale, è stato prodotto dal celebre studio durante uno dei periodi più floridi della sua storia. La pellicola, diretta da Ron Clements e John Musker, vanta un cast di doppiatori eccezionali, tra cui il compianto Robin Williams che, nella versione originale, dava la voce al Genio (doppiato in Italia da Gigi Proietti).

Il grande successo del film ha portato alla realizzazione di due sequel, Il ritorno di Jafar (1994) e Aladdin e il re dei ladri (1996), destinati al mercato home video, e di una serie animata (1994-1996).

Nel 2019 la Disney ha prodotto un remake live-action, che, pur nelle numerose differenze (anche evidenti), si mantiene nella sostanza abbastanza fedele all’originale.

La trama di Aladdin

Aladdin è un ladruncolo dal cuore buono che vive ad Agrabah, città governata da un Sultano magnanimo e dal suo malvagio Gran Visir Jafar.

La principessa Jasmine, figlia del Sultano, stanca di essere confinata nel palazzo, decide di fuggire per esplorare la città. Qui si imbatte in Aladdin e tra i due scatta una scintilla. L’incontro è però interrotto dalle guardie del palazzo che catturano il giovane rinchiudendolo nelle segrete. Jafar, quindi, propone ad Aladdin di recuperare una lampada magica per lui in cambio della libertà.

Aladdin accetta, ma, dopo una serie di peripezie, tiene per sé la lampada, dalla quale libera il Genio che gli concederà di realizzare tre desideri.

Il giovane gli chiederà di trasformarlo in un principe così da poter sposare Jasmine. Conquistata l’amata, viene però derubato da Jafar, che usa la lampada per ottenere il controllo della città. Ma il malvagio Visir, grazie a un astuto inganno orchestrato da Alladin e dal Genio, finisce per essere rinchiuso nella lampada. Il giovane sarà quindi ricompensato dal Sultano che gli concederà di sposare la figlia nonostante la sua umile origine.

Le mille e una notte, fonte di Aladdin

Aladdin si ispira al racconto Aladino e la lampada meravigliosa, contenuto nella famosissima raccolta di novelle orientali scritte in arabo, Le mille e una notte. La raccolta ha un’origine complessa che si può far risalire a vari nuclei narrativi di diversa provenienza (in particolare indo-persiani, egiziani e mesopotamici), risalenti a un periodo che va dal X al XV secolo.

Le varie novelle sono organizzate all’interno di una cornice narrativa che vede protagonista il re persiano Shahriyār. Egli, per via di un tradimento subìto, uccide sistematicamente ogni nuova moglie al termine della prima notte di nozze. Un giorno Shahrazād, figlia maggiore del Gran Visir, decide di offrirsi volontariamente come sposa al sovrano: ella aveva, infatti, escogitato un piano per placare la sua ira verso il genere femminile. Così la bella e intelligente ragazza ogni sera racconta al re una storia, rimandando il finale, e dunque la propria esecuzione, al giorno successivo. Dopo “mille e una notte”, il re, innamoratosi di lei, decide di risparmiarla.

Aladino e la lampada meravigliosa

Nonostante quella di Aladino sia una delle storie più famose dell’opera, essa non compare nelle versioni originali della raccolta. La troviamo invece nella traduzione francese di Antoine Galland dell’inizio del ’700, cioè l’edizione alla base della conoscenza delle Mille e una notte in Occidente.

Dai diari di Galland sappiamo che la traduzione era stata realizzata in seguito all’incontro con Youhenna Diab (“Hanna”), uno studioso maronita di passaggio a Parigi dal quale l’avrebbe appresa. Il testo arabo fu ritrovato solo successivamente dall’arabista Hermann Zotenberg in un manoscritto della Biblioteca Nazionale di Parigi.

Alcune differenze fra Aladdin e il racconto originale

Pur mantenendo alcuni episodi fondamentali della fiaba di Aladino, la pellicola Disney è meno articolata, e presenta, inoltre, profonde differenze di trama e di temi. Di seguito analizzeremo quelle principali.

Nella storia originale Aladino era cinese: proveniva infatti dal Catai (antico nome della Cina). Tuttavia, versioni successive della storia e la provenienza delle Mille e una notte hanno portato all’ambientazione araba.

Nella fiaba, inoltre, sono presenti i genitori di Aladdin, in particolare la madre che, dopo la morte del marito, aiuterà il figlio nel corteggiamento della principessa.

Ancora, nelle Mille e una notte i Geni erano ben due! Il primo veniva liberato da un anello magico, mentre il secondo (che era più potente) dalla lampada. Inoltre, il numero di desideri era illimitato.

Infine, Jafar è il risultato dell’unione di due antagonisti: uno stregone del Maghreb (che si finge zio di Aladdin dopo la morte del padre) e suo fratello che, in seguito, vorrà vendicarne la morte. Jafar, inoltre, è ispirato a Ja’far ibn Yahya al-Barmaki (767-803), visir realmente esistito del califfo della dinastia abbaside Hārūn al-Rashīd (766-809) e al personaggio omonimo del film Il ladro di Bagdad (1940). La principessa, invece, si chiamava Badr al-budūr (o Lunalba in alcune edizioni italiane) e non Jasmine.

La rappresentazione dell’Oriente in Aladdin

Come si è detto, la storia di Aladdin è ambientata nella città di Agrabah. Si tratta di un luogo inventato e imprecisato, ma che ci riporta con l’immaginazione nelle regioni mediorientali(forse in Iraq o Arabia Saudita) in un’epoca molto probabilmente medievale.

La scelta di lasciare imprecisato il luogo e il tempo (esattamente come avviene abitualmente nelle fiabe popolari), caratterizzandolo però fortemente attraverso atmosfere arabeggianti, serve per immergere lo spettatore in un Oriente esotico e misterioso, fiabesco e magico, ricco di luoghi comuni, stereotipi e topoi.

Il processo di idealizzazione e, per così dire, “banalizzazione”, della cultura orientale corrisponde un po’ alla medesima semplificazione dell’epoca medievale tipica di molte fiabe europee.

L’ambientazione e i costumi di Aladdin

La forte connotazione mediorientale di Aladdin ci viene data fin da subito. I titoli iniziali, con il loro font che ricorda l’alfabeto arabo, ci fanno intuire l’atmosfera, la quale viene poi evidenziata dalle panoramiche della città costruita con elementi architettonici tipicamente islamici: grosse cupole appuntite, colonne decorate, gelosie, balaustre con tipici ghirigori e motivi floreali, archi inflessi con punte, e ancora ampie terrazze, vicoli stretti occupati da ambulanti e bazar, il tutto circondato dalle dune del deserto.

Anche l’abbigliamento dei personaggi si adatta alla tipica moda araba: ampi mantelli, lunghi veli, turbanti, tuniche, gilet, tipici copricapi mediorientali, spesso caratterizzati da colori molto sgargianti.

Le musiche e le canzoni di Aladdin

Le musiche di Aladdin sono state composte da Alan Menken, mentre i testi originali delle canzoni sono di Howard Ashman e Tim Rice. Alcune di esse, come Il mondo è mio (vincitrice del Golden Globe e dell’Oscar per la migliore canzone), sono celeberrime, e hanno dato un forte contributo all’atmosfera orientale della pellicola. In particolare il brano iniziale, Notti d’oriente, contribuisce, con sequenze melodiche che ricalcano quelle della musica tradizionale araba e con un testo suggestivo, a dotare i luoghi di un’aura magica ed esotica.

Orientalismo e accuse di razzismo in Aladdin

L’Oriente di Aladdin, insomma, è più simile a una visione occidentale dell’Oriente che all’Oriente vero e proprio. Ci troviamo davanti a una fiaba caricata di Orientalismo, per utilizzare il titolo della celebre opera del critico Edward W. Said. Quest’ultimo sosteneva che l’Europa ha dato vita a un’idea distorta dell’Oriente, che spesso celava in sé princìpi propri del colonialismo, insinuando una presunta inferiorità dei popoli orientali.

Aladdin, infatti, è stato accusato di razzismo in particolare per la prima versione della canzone Notti d’oriente (“Arabian Nights”) dove erano presenti questi versi: «Where they cut off your ear / if they don’t like your face» (Dove loro ti tagliano via un orecchio se non gli piace la tua faccia). La versione italiana recitava: «E ti trovi in galera anche senza un perché / che barbarie, ma è la mia tribù».

Tali parole furono duramente criticate dall’American-Arab Anti Discrimination Committee (ADC) e da altri gruppi, per cui si decise di modificare con «Where it’s flat and immense/ And the heat is intense/ It’s barbaric, but hey, it’s home» (Dove è piatto e immenso / e il caldo è intenso / è barbaro, ma ehi, è casa). Nella versione italiana il pezzo divenne quindi: «C’è un deserto immenso e un calore intenso / non è facile, ma io ci vivo laggiù». I versi originali, infatti, rivelavano un pesante pregiudizio secondo cui i popoli arabi sarebbero figli di una cultura barbara e retrograda in cui domina la violenza e l’ingiustizia.

Era possibile intravedere un certo pregiudizio anche nella scelta di ritrarre tutti i personaggi “buoni” con la pelle chiara mentre quelli “cattivi” con la pelle più scura. Inoltre, sempre sotto questa prospettiva si poteva leggere la condizione di reclusione e isolamento a cui era soggetta la principessa Jasmine.

Aladdin e la cultura islamica

In Aladdin sono molti i riferimenti a usi e costumi della cultura araba e islamica che contribuiscono alla caratterizzazione dell’ambiente in cui si svolge la storia.

I Jinn e il Genio della lampada

La figura del Genio, non presente nelle fiabe occidentali, è tipica delle religioni arabe premusulmane e dell’Islam. I Jinn (anche scritto Djinn o
Ǧinn) sono, infatti, “demoni” o “spiritelli” solitamente dal carattere maligno, ma ne esistono anche di benevoli. Nel Corano vengono descritti come creature sovrannaturali a metà strada fra il mondo angelico e quello umano (una sorta di equivalenti del dàimon platonico).

Tuttavia, come specifica Federico Peirone nel suo commento al Corano, gli spiritelli rivestiti di forme fantastiche che compaiono in Aladdin e nei racconti delle Mille e una notte forse «nulla più hanno a che vedere con i ǧinn del Corano».

Il matrimonio islamico in Aladdin

Nella fiaba originaria, Aladino, con l’aiuto della madre, fa recapitare al palazzo della principessa tutte le ricchezze che è riuscito a procurarsi grazie al Genio. Questo aspetto, seppur attenuato, possiamo riscontrarlo anche in Aladdin, quando nelle vesti del principe Alì arriva al palazzo.

Si tratta di un uso tipico della tradizione giuridica islamica dove, a differenza delle nozze occidentali, è l’uomo a portare la dote (mahr) alla futura moglie. Attraverso il donativo, l’uomo testimonia l’affetto per la donna che vuole sposare e le mostra che continuerà a provvedere ai suoi bisogni materiali. Ecco come si pronuncia il Corano:

«Date spontaneamente alle mogli il loro ṣaduqāt [dote matrimoniale], ma se esse rinunziano volontariamente a qualcosa dei loro beni in vostro favore, mangiatene tranquillamente, e alla salute!»

[Il Corano, IV:4]

La dote (che può essere versata integralmente o parzialmente in vari momenti concordati) rimane di esclusivo possesso della moglie.

Altri elementi della cultura orientale

Oltre a questi elementi, Aladdin è disseminato di riferimenti alla cultura araba. Durante la festa a palazzo, ad esempio, si svolgono balli e danze orientali in abiti tradizionali dai colori brillanti.

Anche i cibi sono tipici di tale realtà, basti pensare ai datteri, così come gli animali “domestici”: Jasmine ha una tigre di compagnia, Raja, e Aladdin, una piccola scimmia, Abu, mentre Jafar si serve di un pappagallo (un ara macao) Iago (quasi sicuramente ispirato all’antagonista dell’Otello di Shakespeare). È possibile vedere inoltre cammelli o elefanti.

Lo stesso discorso vale per gli oggetti come ad esempio la lampada da cui viene fuori il Genio, una lampada a olio d’ottone tipica delle zone indo-persiane. E ancora, troviamo i tappeti (il tappeto volante è tipico del folklore orientale), le scimitarre, i bazar le spezie.

Meccanismi narrativi e funzione dei personaggi in Aladdin

Il fatto che la storia di Aladdin provenga da una raccolta di novelle non viene dimenticato nella trasposizione della Disney. La vicenda viene, infatti, raccontata da un mercante.

Aladdin presenta una struttura narrativa che ne fa una fiaba perfetta. I suoi personaggi e lo svolgimento della trama seguono molto bene la “morfologia della fiaba” teorizzata dall’antropologo e critico russo Vladimir Propp. I vari personaggi corrispondono ad alcune delle tipologie fondamentali che ritroviamo in molte fiabe. Abbiamo un protagonista (Aladdin), un antagonista (Jafar), la principessa e suo padre (Jasmine e il Sultano), l’aiutante (la scimmia Abu per Aladdin, il pappagallo Iago per Jafar, ma anche il Genio e il tappeto volante).

Sono presenti anche molte delle 31 funzioni narrative sintetizzate da Propp: all’eroe (Aladdin) è imposto un divieto (cioè quello di sposare Jasmine a causa della sua umile condizione), questo divieto è infranto (facendosi trasformare dal Genio nel principe Alì), l’antagonista cerca di ingannare la vittima (Jafar manda Aladdin a recuperare la lampada promettendogli la libertà), il mezzo magico (cioè la lampada) perviene in possesso dell’eroe, l’eroe e l’antagonista ingaggiano direttamente la lotta (ciò che avviene alla fine e che Aladdin vince con l’astuzia), l’antagonista è vinto e punito, l’eroe si sposa e sale al trono.

Interessante anche il reiterarsi di alcune situazioni secondo un ritmo triadico: in questo caso i tre desideri.

Tematiche principali di Aladdin

Numerose sono le tematiche presenti in Aladdin, quasi del tutto differenti da quelle affrontate nella storia delle Mille e una notte.

Il regista Ron Clements al riguardo dichiarò:

«La storia originale era una specie di vincita alla lotteria. Quando iniziammo a lavorarci, alla fine degli anni ottanta, sembrava quasi un film sull’avidità di potere tipo Wall Street. (…) Come se poter avere tutto quello che si desidera sia la cosa più bella del mondo e vedersi togliere questa possibilità sia la cosa più brutta. Non volevamo che questo fosse il messaggio del film».

Infatti, in Aladdin emerge soprattutto l’idea che l’amore, l’umiltà, la bontà d’animo sono qualità che possono vincere su qualsiasi cosa. Neppure la magia più potente può scalfirle o sopraffarle. Significativo in questo senso è il fatto che le uniche cose che il Genio non può fare sono: riportare in vita i morti e far innamorare. Aladdin in quanto “prescelto” come “diamante allo stato grezzo” incarna proprio quelle qualità. Il potere e la ricchezza non fanno la felicità ma conducono all’autodistruzione (come dimostra la fine di Jafar); solo attraverso l’amore, i buoni sentimenti e le proprie capacità l’uomo può realizzare se stesso e i propri sogni. Quando Aladdin si trasforma nel principe Alì, infatti, cambia il proprio aspetto esteriore, ma non la sua interiorità; ciò lo fa apparire in un primo momento come un goffo parvenu, ma dopo una serie di difficoltà riuscirà a raggiungere il suo obiettivo.

Rosario Carbone

Bibliografia

  • Edward W. Said, Orientalismo. L’immagine europea dell’Oriente, Milano, Feltrinelli, 2002.
  • Vladimir J. Propp, Morfologia della fiaba, Torino, Einaudi, 2000.
  • John Culhane, Disney’s Aladdin. The making of an animated film, Disney Editions, 1992.
  • Il Corano, introduzione, traduzione e commento di Federico Peirone, 2 voll., Milano, Mondadori, 2010.
  • Le mille e una notte, traduzione di Armando Dominicis, 2 voll., Roma, Newton Compton, 2003.
  • Francesco Gabrieli, voce Mille e una notte, in “Enciclopedia Italiana” (www.treccani.it).
  • Carlo Alfonso Nallino, voce Aladino, in “Enciclopedia Italiana” (www.treccani.it).
  • https://enciclopedia-della-sunna.fandom.com (voce Matrimonio islamico).
  • https://www.disneyplus.com/it-it/movies/aladdin/2SngByljXESE