Firenze del '300

La poesia comico-parodica del XIII secolo: Cecco Angiolieri

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Con il termine di poesia comico-parodica si indica l’esperienza di alcuni letterati, come Cecco Angiolieri, che, nel corso del XIII secolo, decidono di intraprendere una strada antitetica a quella della linea poetica dominante.

La poesia comico-parodica come inversione di tendenza

Come abbiamo visto in alcuni articoli precedenti, la cultura e la mentalità medioevale erano fortemente influenzate dallo spiritualismo cristiano. Oltre a ciò, nel tempo intercorso tra la scuola siciliana e lo stilnovo, si erano ormai ben delineate le caratteristiche peculiari del modo italiano di far poesia: cantare sentimenti elevati usando un linguaggio selezionato e puntando a una dimensione ideale che, per definizione d’altronde, si allontanasse da tutto ciò che fosse materiale e concreto.

Nonostante ciò, non sono pochi i poeti che decidono deliberatamente di compiere una scelta che rompa con questa tendenza.

Nasce proprio così la poesia comico-parodica, e se è vero che nomen omen, possiamo partire dalla locuzione che la definisce per analizzarne le caratteristiche principali.

Difatti, il procedimento prevalente adottato da questi poeti è la parodia, che consiste nel trattare con un linguaggio sublime e nobile soggetti che in realtà sono vili e “bassi”: un riferimento immediatamente esemplificativo potrebbe essere quello della lode dell’uomo deforme o della donna brutta.

Più in generale, l’obiettivo di questi poeti è capovolgere i consueti ruoli e valori codificati dalla società cortese per poterne mostrare in maniera immediata il risvolto alternativo, ridicolo o deformato.

È così che all’amore sublimato degli stilnovisti si sostituisce il desiderio sessuale, alla dama raffinata la disincantata e disinibita donna plebea, e all’elogio della virtù quello del vizio. A discapito di ciò che a lungo la critica ha ipotizzato,  il gioco parodico nasconde dietro di sé un’operazione squisitamente letteraria.

I maggiori esponenti della poesia comico-parodica: Cecco Angiolieri e Folgòre da San Gimignano

I maggiori esponenti della poesia comico-parodica, come i senesi Cecco Angiolieri e Folgòre da San Gimignano e il fiorentino Rustico Filippi, sono infatti poeti estremamente raffinati. L’apparente trasandatezza dei loro componimenti rientra in un preciso intento stilistico, legato a doppio filo alla consapevolezza di voler rappresentare una realtà concreta e multiforme.

Lasciamo che ad esemplificare i temi della poesia comico-parodica siano proprio le parole del già citato Angiolieri, forse il suo più irriverente e per certi versi malinconico esponente, riportando la prima quartina di un suo famoso sonetto:

Tre cose solamente m’ènno in grado,
le quali posso non ben ben fornire,
cioè la donna, la taverna e ‘l dado:
queste mi fanno ‘l cuor lieto sentire

 L’agilità e la sveltezza del linguaggio si confanno alla disinvoltura dei temi trattati: il riferimento alla donna, alla taverna e al dado si ricollega, con un prezioso e colto richiamo, alla tradizione della poesia goliardica dei clerici vagantes. In particolare, la figura di Cecco si caratterizza per una vita irregolare e tuttavia inquieta, non esente da una sorta di cupo sarcasmo verso la società che giocando egli s’impegna a stroncare.

Il disincanto pessimista ricamato nell’apparente leggerezza di un gioco tutto letterario è evidente anche in Folgòre da San Gimignano, autore di due corone di sonetti rientranti nel genere provenzale del plazer, ossia dell’enumerazione di cose piacevoli o desiderabili. Particolare è infatti l’attenzione di Folgòre a una sorta di sottesa ipocrisia della società comunale: uno dei suoi più celebri sonetti inizia proprio con un sarcastico “Cortesia cortesia cortesia chiamo / e da nessuna parte mi risponde”.

La poesia comico-parodica e Fabrizio De André

Nel 1968 il cantautore italiano Fabrizio De André realizzerà un adattamento musicale del più famoso sonetto di Angiolieri, S’i fosse foco. Al di là dell’indubbia originalità e dell’immensa cultura di Faber, questa operazione è sintomatica della più o meno generale consapevolezza che, nella storia della nostra letteratura, non sono mai mancati, in qualche misura, i geniali irriverenti.

Beatrice Morra 

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Beatrice Morra

Beatrice Morra è nata a Napoli il 27 maggio 1996. Nel 2014 si è diplomata al liceo classico J. Sannazaro e attualmente è iscritta alla facoltà di Lettere Moderne dell'Università Federico II. Nel maggio 2014 pubblica il suo primo romanzo partecipando al progetto "scouting" dell'iniziativa propugnata dallo scrittore Claudio Calveri "Napoli città della letteratura". Il romanzo, il cui titolo è "Dalla mia cenere", vede le stampe per una tiratura limitata di circa 200 copie ed è attualmente disponibile in ebook.

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