Firenze del '300

Il Decameron: il corpo, la donna e il sesso

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Il Decameron è una raccolta di novelle scritta da Giovanni Boccaccio nel XIV secolo,tra il 1349  e il 1351. È considerata una delle opere più importanti della letteratura del Trecento europeo.

La donna, il corpo femminile ed il desiderio sessuale sono tematiche presenti con insistenza, sia all’interno delle novelle che all’interno della cornice

La rivendicazione dei diritti del corpo

“Esser ti dové, Tancredi, manifesto essendo tu di carne, aver generata figliuola di carne e non di pietra o di ferro”  (X,10).
In questo modo Ghismunda rivendica i diritti del corpo per legittimare il proprio desiderio di amore e di felicità.

Una dimensione puramente terrena

Il Decameron è un’opera in cui l’uomo agisce in una dimensione puramente terrena. È dominato da pulsioni, da bisogni naturali e soprattutto dalla forza inarrestabile dell’amore. Il corpo è il fondamento biologico dell’essere, considerato innanzitutto nella sua fisicità. Non solo assume dignità in quanto espressione dell’anima, ma afferma anche valore e un’autonomia propria. La felicità, infatti, non può prescindere dalla vitalità e dalla soddisfazione del sesso.

Il Decamenon: una rivoluzione culturale

Il Decameron sviluppa abbondantemente questo tema. Il corpo, la donna e il sesso diventano la bandiera di una rivoluzione culturale. La lotta è contro l’ipocrisia delle istituzioni e delle convenzioni repressive, contro la censura, ma anche a favore di una letteratura nuova e di un nuovo modello di vita; un modello adatto ad instaurare un più sano equilibrio tra l’istinto naturale e “l’onestà”.

Il corpo femminile

Nel Decameron è il corpo femminile ad attirare l’attenzione del Boccaccio. Le modalità di rappresentazione dei corpi variano in rapporto al cambiamento dei personaggi e degli ambienti sociali. In genere si può parlare di due tipi di corporalità, una ispirata alla bellezza cortese, l’altra a quella grottesca. Esse si riferiscono rispettivamente a personaggi elevati e a personaggi popolari.

La femminilità cortese

Quando l’immagine del corpo è caratterizzata in senso cortese, appare sottratta alla stilizzazione tipica della letteratura stilnovistica e assume consistenza e visibilità. La nudità dei corpi femminili emerge con grazia e naturalezza in varie situazioni: persino Fiammetta non si vergogna di abbandonarsi nuda tra le braccia dell’amante in quanto la nudità è simbolo di serena accettazione della naturalità dell’eros.

La novella di Nastagio degli Onesti

Il denudamento del corpo femminile diventa espressione della nuova realtà della donna terrena, contrapposta alla donna angelo. Uno svuotamento del modello stilnovista e un rovesciamento dello schema di corteggiamento cortese si trovano nella novella di Nastagio degli Onesti. La bellissima donna nuda della visione è straziata dai cani e dallo stacco del cavaliere in una scena non priva di sadismo sessuale, giacché il corpo femminile che si sottrae al desiderio è aggredito e distrutto.

La matta bestialità della società feudale

Attraverso la metafora del corpo e della sua spoliazione è condotta la parodia contro la matta bestialità della società feudale. Griselda è spogliata e vestita come una bambola, ridotta ad un puro oggetto. La prepotenza nobiliare si traduce in prepotenza sessuale, l’umiliazione del corpo è tutt’uno con l’umiliazione dell’anima ed esprime il paradosso di una situazione ai margini dell’umano.

La gerarchia sociale del corpo femminile

Esiste tuttavia una gerarchia sociale dei corpi femminili. Le donne di grado sociale elevato, oltre al corpo, hanno un’anima. Quelle che si collocano ai gradini più bassi in genere conoscono solo la forza degli istinti. Ghismunda è bellissima e savia. Monna Giovanna è “non meno onesta che bella”, mentre la borghese Bartolomea (II,10) è “giovane, fresca e gagliarda” e rimprovera il marito di aver dimenticato “ciò che alle giovani donne, oltre al vestire e al mangiare, si richiede”. Man mano che si scende verso la scala sociale si accentua l’istinto lascivo.

La rappresentazione grottesca dell’eros

La Nuta (VI,10) è grassa e grossa e piccola e mal fatta, con due poppe che parean due ceston da letame e con un viso che parea de’ Baronci, tutta sudata, unta e affumicata”.
Qui si ha l’esempio più significativo di capovolgimento dell’ideale cortese del corpo in senso grottesco. L’attributo erotico della Nuta non è lo sguardo, ma “un paio di poppe che paeran due cestoni di letame”. Il richiamo sessuale è ingigantito dalla metafora dissacrante.

Ideale cortese ed ideale borghese

Il Decameron cerca di conciliare l’ideale cortese con quello borghese. La proposta di Boccaccio in quest’opera consiste in un equilibrio ancora aristocratico fra rispetto della corporalità e necessità di gentilezza d’animo.

Nadia Rosato

Fonti:

  • Il Decameron, Giovanni Boccaccio;
  • F. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, a cura di N. Gallo, Einaudi, Torino 1958.
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Nadia Rosato

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