Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini: un’analisi del romanzo

Ragazzi di vita è stato il primo romanzo pubblicato da Pier Paolo Pasolini. L’opera è particolarmente esemplificativa della poetica dello scrittore: impegno civile, realismo, attenzione nei confronti degli ultimi e delle classi sociali emarginate.

Attraverso Ragazzi di vita, Pasolini, solo pochi anni dopo il suo trasferimento nella capitale, riuscì a raccontare il mondo pieno di contraddizioni delle borgate romane dell’immediato dopoguerra, popolate dai figli del sottoproletariato urbano; un mondo di ragazzi esclusi dalla società, di cui lo scrittore sperimentò personalmente la sofferenza, la violenza, ma anche l’umanità e la genuinità.

L’anticonformista Pasolini, si opponeva alla falsità della società borghese per dare voce a chi una voce non ce l’aveva; in questo mondo di reietti egli ritrovava l’autenticità della vita.

Il successo del romanzo fu anche favorito dall’accusa di oscenità che gli fu rivolta, ma dalla quale Pasolini uscì assolto in formula piena.

La redazione e la struttura di Ragazzi di vita

In una lettera del novembre 1954 inviata all’editore Livio Garzanti, Pasolini spiega con puntualità lo schema del romanzo che sta scrivendo. Quelle pagine mostrano i grandi problemi strutturali e stilistici che Pasolini ha dovuto affrontare durante la stesura di Ragazzi di vita, ma soprattutto evidenziano «una poetica che sceglie subito il rapporto esplicito con la storia e con la realtà presente. Scelta radicale e apparentemente antiletteraria, che fu fraintesa e giudicata sbrigativamente dalla critica dell’epoca». Allora non si colse il grande valore letterario del romanzo, «relegando l’opera, nel migliore dei casi, a reperto sociale, a mero documentario sulle borgate romane».

Nella lettera a Garzanti, Pasolini si sofferma soprattutto sull’aspetto “morale” del suo libro; tuttavia si tratta di un messaggio che il lettore deve interpretare da sé attraverso l’impianto narrativo.

Affermava lo scrittore: «la mia poetica narrativa consiste nell’incatenare l’attenzione sui dati immediati. […] A rendere “prosaica e immorale” la vita di questi ragazzi (che la guerra fascista ha fatto crescere come selvaggi: analfabeti e delinquenti) è la società che al loro vitalismo reagisce ancora una volta autoristicamente imponendo la sua ideologia morale». Tuttavia, questo – precisa l’autore – «resta “prima” del libro: io come narratore non interferisco».

Dopo cinque anni di lavoro a contatto continuo con la vita delle borgate romane, il romanzo venne pubblicato nel maggio del 1955. Esso si suddivide in otto ampi capitoli così intitolati: Il Ferrobedò, Il Riccetto, Nottata a Villa Borghese, Ragazzi di vita, Le notti calde, Il bagno sull’Aniene, Dentro Roma, La Comare Secca. Attraverso un’eccezionale mimesi linguistica, Pasolini ci racconta le giornate di un gruppo di giovani ragazzi delle borgate romane; tra questi emerge particolarmente il personaggio di Riccetto, affiancato da altri adolescenti del sottoproletariato urbano: Marcello, Alduccio, il Caciotta, il Lenzetta, Genesio, il Begalone, il Piattoletta.

Pasolini che scrive

La trama di Ragazzi di vita

Ragazzi di vita si apre in una “caldissima giornata di luglio”: seguiamo le vicende di Riccetto che si destreggia in diverse azioni delinquenziali, ma dimostra la sua grande generosità quando, durante una gita sul Tevere con gli amici, rischia la vita per salvare una rondine che sta annegando.

Lo ritroviamo a Ostia dalla prostituta Nadia, che lo deruba; mentre un crollo nel palazzo dove abita uccide sua madre e l’amico Marcello.

Dopo aver tentato di rivendere delle poltrone, Riccetto e un socio vengono derubati nella notte; il giorno dopo borseggeranno a loro volta una signora su un autobus.

Si susseguono altri episodi: Riccetto, mentre assiste a una bisca, riesce a sfuggire a una retata della polizia e insieme ad Alduccio e al Lenzetta si dà all’alcool e ai piccoli furti. A seguito di un fallito colpo con cui avrebbe voluto comprare un anello per la sua fidanzata, Riccetto verrà arrestato.

Sul fiume Aniene, i ragazzi trascorrono una giornata di giochi che si fanno violenti: a un certo punto legano a un palo della luce il Piattoletta, incendiandone i pantaloni.

Successivamente, Alduccio e Begalone, dopo essersi imbattuti nel Riccetto (che uscito dal carcere ha trovato lavoro come manovale), abbordano un pederasta. Riccetto lo rifiuta, lasciando l’uomo con i due amici, i quali poi spendono al bordello i soldi guadagnati; Alduccio, tornato a casa furente per non aver trovato una donna, ferisce la madre con un coltello.

Infine, sulle rive dell’Aniene, Begalone, malato di tubercolosi, ha una violenta crisi; Riccetto, dopo aver tentato di convincere Alduccio a tornare a casa, avverte Genesio e Mariuccio che sono ricercati dalla polizia per l’episodio del Piattoletta.

Fatto il bagno, il protagonista si allontana e assiste, senza intervenire, alla morte di Genesio, che affoga travolto dalla corrente del fiume.

La lingua e lo stile di Ragazzi di vita

Con la pubblicazione di Ragazzi di vita, Pasolini è riuscito a dare voce diretta, senza mediazione dell’autore, a una classe sociale esclusa dalla letteratura: così dava origine a una scrittura sperimentale. L’autore fa parlare i suoi personaggi attraverso la loro “vera lingua”, e cioè il dialetto romano. A tal proposito, Pasolini dirà: «La “mimesis” dialettale contaminata con la prosa letteraria è il più rischioso, massacrante, esasperante lavoro letterario che si possa affrontare».

Pier Paolo PasoliniLo scrittore assume il “parlato” dei personaggi come lingua, secondo un uso chiaramente verghiano del dialetto. L’adozione del discorso indiretto libero, porta il narratore a regredire nei personaggi, imitandone il modo di parlare. Ciò che Pasolini vuole evitare attraverso questo stile è un tipo di racconto “dall’alto”, al fine di impedire una posizione “super partes”, psicologica e morale.

Inoltre, quest’uso del dialetto appare «un’imperterrita dichiarazione d’amore» (Contini) nei confronti del mondo reale.

Insomma, Ragazzi di vita è un romanzo raccontato dall’interno, in indiretto libero, attraverso uno sguardo non obiettivo, mimetizzato negli ambienti e nei personaggi. La letterarietà del romanzo è completamente incentrata sull’uso che Pasolini fa del dialetto. «Il romanesco con cui lo scrittore divaga, descrive e racconta, è una contaminazione tra quello dei parlanti (che non gli appartiene) e quello “imitato”, reinventato dall’autore: una reinvenzione linguistica non soltanto obbligata, ma necessaria alla elaborazione colta del racconto».

Pasolini e le borgate romane

La Roma che Pasolini racconta in Ragazzi di vita non è quella monumentale e borghese che tutti conosciamo, ma la sua parte più marginale e periferica. I ragazzi protagonisti del romanzo vivono nelle borgate, quartieri popolari abitati dal sottoproletariato della città. Si tratta di luoghi in cui dominano povertà, disagio e delinquenza; ma Pasolini li amava perché conservavano ancora quella semplicità e genuinità di quel mondo rurale che lui rimpiangeva.

Ammassati in catapecchie o in casermoni fatiscenti, in mezzo a strade polverose, questi giovani vivono di espedienti spesso illegali: si tratta di un popolo degradato, ridotto dalla miseria a soddisfare i bisogni primari con ogni mezzo.

Pasolini, pur appartenendo a un mondo completamente diverso, conosceva molto bene l’ambiente di cui parlava perché in prima persona lo frequentava: parlava con queste persone, provava compassione per la loro condizione e cercava di comprendere le loro disgrazie.

Oltre a Ragazzi di vita, lo scrittore tornerà su questi luoghi nelle sue liriche, ma soprattutto nel suo secondo romanzo, Una vita violenta (1959), che si pone in una linea di continuità con il primo. Anche i primi film del Pasolini regista, Accattone (1961) e Mamma Roma (1962), si legano agli stessi temi e alla stessa ambientazione, a testimonianza di quanto la condizione di questa gente gli stesse a cuore.

È molto interessante ciò che Pasolini afferma a proposito del legame fra Ragazzi di vita e Una vita violenta: fra i due libri, da un punto di vista stilistico, non c’è soluzione di continuità, l’unica differenza è nella diversa funzionalità dei personaggi. Mentre Tommasino Puzzilli, protagonista del secondo romanzo, ha una personalità più definita che viene approfondita e sviluppata; Riccetto è solo un “protagonista-pretesto”, una figura di servizio per la descrizione delle borgate e del sottoproletariato romano.Pasolini e i Ragazzi di vita

Ragazzi di vita, un romanzo “corale”

Per il suo impianto, Ragazzi di vita si può a tutti gli effetti definire un “romanzo corale”. Infatti, il libro non ha un vero protagonista e l’intreccio è più che altro costituito da una serie di episodi che si giustappongono per accumulo. Spesso i personaggi sono puri nomi, intercambiabili tra loro; sono quasi delle marionette, condannati tutti a un tragico destino a cui vanno incontro con quasi totale incoscienza. Certamente vi sono alcuni ragazzi che emergono dal gruppo con una fisionomia ben precisa (come il Riccetto), ma a spiccare è prevalentemente il gruppo, rappresentante emblematico del sottoproletariato delle borgate romane.

I protagonisti sono sì giovani disagiati ed emarginati, ma rappresentano un universo di valori autentici, che assumono il giusto peso quando li si metta a confronto con i vizi della società borghese che li emargina. Pasolini vive questi personaggi dall’interno, con una sorta di attrazione e ammirazione per la vitalità che si sprigiona da essi.

La narrazione è molto lontana dal clima populistico di tanta produzione contemporanea: «il popolo non è portatore di valori positivi, ma è vissuto come mito, come mondo verso il quale regredire per un bisogno personale».

L’evoluzione di Riccetto: una critica alla società borghese

Come si è già messo in evidenza, in Ragazzi di vita emerge il personaggio di Riccetto. A ben guardare, la sua “evoluzione in negativo” dall’inizio alla fine del romanzo costituisce una vera e propria critica che Pasolini rivolge verso la società borghese, colpevole di corrompere la purezza originaria dell’uomo.

Due episodi salienti del libro mettono ben in evidenza questo aspetto: nel primo capitolo, Riccetto, andando in barca sul Tevere (pur essendo un piccolo delinquente, “esperto di tutte le bassezze”) si getta a nuoto per salvare una rondine che sta annegando nel fiume, rivelando quindi segni di generosità e di altruismo. Nell’ultimo capitolo ad affogare nell’Aniene sarà invece il suo compagno Genesio; questa volta Riccetto, che nel frattempo ha scelto la strada del lavoro integrandosi in parte nella nuova società consumistica, non muove un dito per salvarlo. In questo modo il ragazzo dà prova di aver rinunciato a quei valori di umanità, di appartenenza e di solidarietà di classe.

Dunque, attraverso questo romanzo, Pasolini compie una lucida analisi della piega assunta dalla società del dopoguerra: è una società disposta a sacrificare le proprie origini pur di inseguire vaghi sogni di arricchimento.

Il processo contro Ragazzi di vita

La pubblicazione di Ragazzi di vita nel maggio del 1955, nonostante il lavoro di ripulitura dalle “parolacce” e dalle situazioni più scabrose, suscitò un grande scandalo nell’Italia dell’epoca. A fare scalpore fu in particolare il tema della prostituzione maschile, intollerabile in quella società perbenista. Per questo motivo Pasolini fu processato dal tribunale di Milano per oltraggio al pudore. A essere imputati furono Pasolini e Garzanti che vennero travolti dal fango proveniente da più parti. Tuttavia, alla fine il tribunale assolse gli imputati, anche grazie alle testimonianze di numerosi scrittori e intellettuali; tra questi vi erano Emilio Cecchi, Carlo Bo, Gianfranco Contini, Giuseppe De Robertis, Giancarlo Vigorelli, Anna Banti, Giambattista Vicari e Alberto Moravia.

Comunque, questo inizio travagliato favorì moltissimo la popolarità del romanzo, che ottenne un grande successo di pubblico, divenendo una delle opere più famose di Pasolini.

Come afferma Vincenzo Cerami alla fine della sua bella prefazione al romanzo, «con il senno di poi si può dire che a far scandalo non fu tanto il lessico forte del libro, ma l’idea stessa di rendere protagonista, con il suo diletto e la sua cultura, il popolo delle borgate. La dignità che veniva conferita alla parte più bassa e disonorevole della nostra società offendeva i benpensanti e l’idea che essi avevano della letteratura».

Rosario Carbone

Bibliografia

  • Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita, Milano, Garzanti, 2009.
  • Vincenzo Cerami, Prefazione, in P.P. Pasolini, Ragazzi di vita, Milano, Garzanti, 2009.
  • Giulio Ferroni, Storia della letteratura italiana, IV. Il Novecento e il nuovo millennio, Milano, Mondadori, 2013.
  • Eugenio Ragni-Toni Iermano, Scrittori dell’ultimo Novecento, in Storia della Letteratura italiana, diretta da E. Malato, IX. Il Novecento, Roma, Salerno, 2000.
  • www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it