Giovanni Gentile, l’attualismo e la filosofia durante il fascismo

Giovanni Gentile, uno dei filosofi italiani più importanti del novecento, ha influenzato enormemente il pensiero italiano del periodo bellico. In questo articolo facciamo chiarezza sul filosofo e sul suo pensiero, analizzando gli aspetti più importanti.

La vita

Giovanni Gentile
Giovanni Gentile e Benito Mussolini esaminano alcuni volumi dell’Enciclopedia Treccani, curata da Gentile.

Giovanni Gentile nasce in Sicilia a Castelvetrano nel 1875 da padre farmacista e madre figlia di notaio. Dopo il liceo frequenta la facoltà di lettere e filosofia della Scuola Normale Superiore di Pisa. Poi, terminati gli studi col massimo dei voti, inizia la sua carriera di professore universitario di varie città italiane: Campobasso, Napoli, Pisa, Roma, Palermo. A Pisa incontra Benedetto Croce, con cui fonda la rivista La Critica e resta in contatto tra il 1896 e 1923.

Quando inizia la prima guerra mondiale Giovanni Gentile è pro intervento italiano, nell’ottica, condivisa da molti, che il conflitto completi l’unificazione del Paese iniziata nel Risorgimento. Ciò palesa la sua volontà di partecipare al dibattito politico con posizioni vicine ai nazionalisti e agli ex combattenti. Nel frattempo, la sua carriera prosegue, fonda il Giornale critico della filosofia italiana e diviene socio dell’Accademia dei Lincei. Nel 1922 prende posizione a favore del fascismo e diviene, su incarico di Mussolini, ministro della Pubblica Istruzione. Resta in carica solo fino al 1924 per dimissioni volontarie.

Nel 1943 partecipa alla Repubblica di Salò come Presidente della Reale Accademia d’Italia. Infine, nel 1944, sostenendo ancora la leva degli italiani sotto la guida di Mussolini, muore assassinato presso Firenze.

La posizione intellettuale di Giovanni Gentile

L’adesione al fascismo stigmatizza il ricordo di questo filosofo nella storia della filosofia italiana. Tuttavia, nel suo pensiero ci sono elementi comuni a intellettuali non orientati politicamente verso il fascismo. Infatti, lui e Benedetto Croce rappresentano, generalmente, due posizioni contrapposte durante tale periodo. Però, come abbiamo detto, Gentile e Croce hanno avuto momenti di confronto su temi di storia e filosofia. Ciò deriva da un retroterra intellettuale comune, l’idealismo tedesco, e la contrapposizione al razionalismo scientifico. Infatti, entrambi tentano di evitare che il sapere ruoti intorno a un approccio matematico, diffuso anche in Italia in quegli anni, prediligendo le discipline umaniste.

Altro filosofo contemporaneo a Giovanni Gentile è Nicola Abbagnano, e non manca chi ha equiparato l’esistenzialismo del primo con l’attualismo del secondo. In effetti, Abbagnano dichiara che Gentile ha centrato il problema della filosofia contemporanea, cioè l’indagine sull’azione dell’io nel mondo. Infatti, anche Abbagnano afferma che il concetto “uomo” va inteso come un’essenza in progress piuttosto che una datità. Però, anche queste comunanze hanno a che fare con la temperie culturale del periodo, e non con un’equivalenza dei due pensieri. Perciò, Gentile equipara io e Dio, mentre per Abbagnano l’uomo rimane nella sfera del finito. Dunque, per quest’ultimo, non vi è nemmeno identificazione tra esistenza e atto pensante, come sostiene il filosofo siciliano.

Al di là di questi confronti, i rapporti tra Giovanni Gentile e il fascismo stimolano ancora diversi dibattiti. Non a caso, in questo rapporto è impossibile non vedere un paradosso che non trova soluzione. Infatti, il filosofo afferma l’importanza della libertà intellettuale, idea di cui vive l’inattuabilità in prima persona sotto il regime fascista.

La riforma Gentile e il ruolo della filosofia

La riforma che prende il nome dell’allora Ministro della pubblica istruzione, Giovanni Gentile appunto, è del 1923 e resta in vigore fino al 1962. Questa ha come obiettivo una riorganizzazione dell’istruzione in Italia, garantendo il primato degli studi umanistici e dei licei classici. Solo frequentare un liceo classico permette l’iscrizione universitaria a corsi di lettere e filosofia e giurisprudenza. Anche liceo scientifico, economia, agraria e scienze permettono l’iscrizione all’università, ma solo in studi non umanistici.

Ma qual è lo scopo delle novità introdotte da Gentile? Il progetto è la formazione di una nuova intelligence politica e culturale italiana. Coerente con le sue teorie, la nuova formazione ha come fulcro la filosofia. Tuttavia, dato che la società prospettata ha un ordine gerarchico basato sul grado di conoscenza, pochi possono raggiungere questo livello.

D’altra parte, già durante il ventennio fascista la riforma Gentile subisce cambiamenti. Infatti, la legge Bottai apporta delle modifiche volte a equiparare studi umanistici con scienze e attività manuali nel 1940. Tuttavia, nonostante queste modifiche, i tentativi di realizzare una nuova riforma non raggiungono concretezza.

Giovanni Gentile e la religione

Secondo la Riforma Gentile, le elementari prevedono lezioni di religione. L’unica religione di Stato, consentita e riconosciuta, è quella cattolica. Lo stesso Giovanni Gentile afferma pubblicamente di aderire al cristianesimo. Tuttavia, come scrive nel suo testo Giordano Bruno e il pensiero del Rinascimento, essa non fornisce lo stesso grado conoscitivo della filosofia.

«C’è una religione dei contemplativi, dei filosofi, che è la filosofia per cui l’uomo crea a sè il suo Dio; e c’è una religione dei popoli, […] del Dio ignoto, che crea l’uomo, e la sua legge, e la sua buona volontà e, quindi la sua stessa conoscenza di Dio. Una legge senza nessuna di queste religioni non è legge: uno Stato fuori di tutte le religioni, non ha valore di Stato. lo Stato del filosofo non è lo Stato del popolo.»

Giovanni Gentile
La statua di Giordano Bruno che Giovanni Gentile difese quando fu proposta la sua rimozione.

In sintesi, Giovanni Gentile separa la religione di chi pratica filosofia da chi non la pratica, cioè chi non stimola la propria riflessione. Dunque, il “Dio del popolo” è un dio morale, che giustifica le norme che regolano i rapporti umani. Invece, il dio dei filosofi appartiene a chi fa uso dell’intelletto. Quindi, i filosofi non hanno bisogno di giustificare con Dio le loro regole di condotta. Esempio di ciò è Giordano Bruno. In Bruno, Gentile vede un anticipatore della “mistica intellettuale” di Spinoza e delll’idealismo tedesco.

Insomma, la religione va studiata alle elementari perché prepara la mente ad un livello di astrazione successiva per chi continua gli studi, ed è sufficiente per chi non prosegue.

Comunque, i successivi accordi tra Regno d’Italia e Santa Sede, noti come Patti Lateranensi, estendono lo studio della religione anche ai licei, scelta che contraria Gentile.

L’attualismo

La filosofia di Giovanni Gentile ha il nome, scelto da Gentile stesso, di attualismo. Infatti, questo pensiero pone come fulcro il concetto dell’atto, inteso come unione di soggetto e oggetto. Con questo concetto, Gentile cerca una via alternativa alla corrente spiritualista, che fonda l’esistente sul concetto di spirito, e a quella materialista, incentrata sulla materia. In sintesi, entrambe ammettono, in maniera contrapposta, il dualismo tra spirito e materia. Invece, per Gentile questo dualismo è una fallacia e trova soluzione proprio ammettendo l’atto come fondamento del mondo. Secondo l’attualismo, o “idealismo attuale“, chi filosofa scorge la realtà non nei singoli enti pensanti o nelle cose pensate, ma nello stesso atto del pensare. Il “pensiero che pensa”, l’autocoscienza del momento attuale, è la manifestazione dello spirito. Dunque, la realtà non è un fatto, bensì un atto, e il pensare non è mera astrazione, ma un’azione, anzi, l’azione che fonda il reale.

In sintesi, l’attualismo è la consapevolezza che il pensiero in atto è il principio della vita.

L’idea di storia in Giovanni Gentile

Il pensiero di Gentile è debitore dell’idealismo tedesco, in particolare di Hegel. Tuttavia, il suo pensiero ha caratteri peculiari che lo rendono originale. In effetti, sono presenti spunti da filosofi come Kant, oltre che Spinoza e Fichte e i loro concetti di Sostanza e Io assoluto. Questi stessi filosofi hanno contribuito al pensiero hegeliano, che però trova conclusioni diverse.

Giovanni Gentile
Hegel, il cui pensiero ha influenzato tanto Gentile tanto Croce, ma in modo diverso.

Hegel pone come “motore del mondo” lo spirito, e Gentile, che identifica Spirito e pensiero, descrive qualcosa di simile. Ma Gentile identifica ulteriormente pensiero e azione. Come egli afferma, Hegel ragiona sul “pensato”, sul pensiero inteso come fatto compiuto, non come movimento. Invece, per Gentile non esiste il puro essere, perché questo, in quanto pensiero e azione, è sempre in movimento, anzi è il movimento stesso. Perciò, Gentile afferma anche che l’essere è il nulla, se con nulla si intende il negare gli oggetti compiuti. Solo negando il compiuto avviene il movimento del pensiero, cioè l’azione che permette a ciò che vi è di esistere. Di conseguenza, le forme determinate della realtà pensata sono espressioni dello Spirito, ma non coincidono con esso, altrimenti l’intero movimento pensiero-azione non avrebbe luogo.

Sia per Hegel sia per Gentile il movimento tende a un fine, che è il progresso dello spirito nei popoli civili verso la filosofia. Ma per Hegel questa tensione trova compimento, invece per Gentile non può che essere eterna.

Il primato della filosofia sulle scienze

Come già anticipato, per Giovanni Gentile la filosofia è superiore non solo alla religione ma anche a tutte le scienze. Infatti, questo primato deriva dalla possibilità di comprendere l’universale per mezzo di essa.

«La filosofia è stata in ogni tempo sforzo di pensare non questa o quella cosa, ma tutte le cose, nella loro unità: il kosmos dei Greci, il Dio degli Scolastici, la Sostanza di Cartesio e di Spinoza […] Un pensiero, il cui concetto non sia il concetto dell’universo, è materia d’un sapere particolare, ma non di filosofia.»

Dunque, tutte le scienze colgono aspetti particolari del mondo, mentre la filosofia è la scienza che coglie l’universale. Dunque, essa non è uno scomparto distinto e pari alle prime, ma è ciò che, in quanto visione del tutto, le deve permeare per dargli un senso. Infatti, la conoscenza in tutta la sua interezza comprende tanto l’universale tanto gli oggetti particolari.

Ma, se questo è vero, Gentile ammette che è un errore credere che la filosofia è esclusiva di alcune menti geniali, “i filosofi”. Infatti, anche se con gradi diversi, essa ha la possibilità di arrivare a tutti.

«In verità, la filosofia cesserebbe di essere filosofia, concetto sintetico della realtà in cui si vive […] se potesse effettivamente ridursi a lavoro speciale, professionale, di una sola classe degli uomini […] dei professori, magari.»

Infatti, se la filosofia non ha a che fare con le restanti scienze e arti umane, queste non possono esistere, giacché è la filosofia a garantire quella curiosità che le anima. Leonardo da Vinci è esemplare per spiegare questo concetto, dato che non è un filosofo bensì un artista. Tuttavia, per Gentile è un grande artista proprio perché mosso dalla curiosità, e quindi dalla filosofia.

Luigi D’Anto’

Bibliografia

Giovanni Gentile, Giordano Bruno e il pensiero del Rinascimento, a cura di E. Codignola, Vallecchi, 1920.

Filosofia dello Stato e scienza della logica in Giovanni Gentile, a cura di F. Petrillo, premessa di G. Chiodi, La città del Sole, 2004.

Giovanni Gentile, Sistema di Logica come Teoria Del Conoscere, ed. Le Lettere, 2003.

Per il rapporto tra Gentile e Abbagnano, rimandiamo all’articolo del sito ufficiale di Giovanni Fornero.

Nota: L’immagine di copertina è ripresa da wikipedia.org