Alain Resnais, l’indagine tra la memoria e il pensiero

Pur considerandosi come un elemento di cerniera tra due generazioni di cineasti, quella dei registi tradizionali e quella della Nouvelle Vague, Alain Resnais può (e deve) essere inserito nel clima del cinema francese dei primi anni Sessanta.

«Il miglior regista della “Nouvelle Vague” francese, uno dei migliori contemporanei»

– Georges Sadoul

Cenni biografici

Alain Resnais è figlio unico di una famiglia della borghesia francese, suo padre è farmacista e i suoi genitori possiedono una proprietà nel Golfo di Morbihan. Fin da piccolo ha una salute cagionevole, soffre di frequenti attacchi di asma e per questo motivo non frequenta regolarmente la scuola. Sua madre, però, lo incoraggia a interessarsi alla cultura ed è così che spontaneamente si appassiona alla musica classica, alla fotografia e alle opere di Proust e di André Breton.

Nel 1941 le sue crisi di asma spariscono e si trasferisce a Parigi, dove ottiene una piccola parte nel film Les visiteurs du soir di Marcel Carné. Nel 1943, sentendosi affine e legato al cinematografo, si iscrive alla scuola di cinema IDHEC, che frequenta con Henri Colpi. Il suo periodo alla IDHEC dura poco, rimane deluso dalle lezioni e la abbandona dopo appena un anno.

Nel 1946 dirige Ouvert pour cause d’inventaire con Gérard Philipe e Danièle Delorme ed è montatore e assistente alla regia di Nicole Védrès per Paris 1900.

Fino al 1956 dirige circa una ventina di documentari sull’arte, fra i quali emergono Van Gogh (che vince l’Oscar) e il segmento Goya dell’opera collettiva Pictura (1951).

La celebrità, tuttavia arriva con Notte e nebbia (1956). È uno dei primi documentari dedicati all’Olocausto ed è girato nel campo di concentramento di Auschwitz. Notte e nebbia renderà Resnais famoso in tutto il mondo.

Nel 1959, Resnais gira Hiroshima mon amour (sceneggiatura di Marguerite Duras) e viene presentato al 12° Festival di Cannes. Il film è un successo, la storia d’amore che si consuma nel Giappone post-bomba atomica fra l’attrice francese e l’architetto giapponese impone la rottura della vecchia tradizione del linguaggio cinematografico e l’imposizione di una nuova, nella quale doppie realtà viaggiano sui binari paralleli di un lungo discorso sulla memoria.

resnais

Alain Resnais, la condanna della memoria

Il tema privilegiato dei film di Resnais è il tempo, con le sue interferenze e la sua processualità non arrestabile o separabile.

«Tra qualche anno, quando ti avrò dimenticato io mi ricorderò di te come dell’oblio dell’amore stesso, io penserò a questa storia come all’orrore dell’oblio»

In Hiroshima mon amour egli esplora le difficili intromissioni di frammenti del ricordo soggettivo nel presente, dove una passione si consuma perché impossibile, precaria. La memoria da senso all’esistenza ma è anche la sua condanna; il presente è sempre insidiato dal passato, che gli dà spessore ma lo lesiona e indirizza definitivamente.

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In fondo ai film di Resnais c’è l’ombra della perdita, delle interferenze tra amore e morte. Il racconto d’amore di Hiroshima è segnato dalla tragedia atomica, ma in La guerra è finita (1966) va oltre; la storia privata si scontra e si confonde con l’azione politica, la passione con la ragione e si confronta con la memoria storica.

«Una guerra che è finita ma pesa ancora sui destini individuali»

Questo particolare nucleo tematico si affida naturalmente a un linguaggio complesso; la narrazione perde spesso l’andamento consequenziale e acquista un ordine legato alla soggettività e al “flusso interno” (inevitabilmente ricorda i discorsi che Bergson fa sulla memoria e sul tempo). Il montaggio, quindi, risulta essere di fondamentale importanza e crea un ritmo formale teso e ambiguo tenuto insieme da una grande consapevolezza e coscienza del materiale espressivo a cui si approccia.

Cira Pinto

Bibliografia essenziale: