La Retorica di Aristotele: alla scoperta dell’arte del parlare

La Retorica di Aristotele è un trattato composto da tre libri che il filosofo scrive nell’ultimo periodo della sua vita. Grazie ad esso, conosciamo cosa egli pensa al riguardo e quali regole segue lo Stagirita nelle sue argomentazioni. In questo articolo analizziamo tale trattato, il retroterra che ne permette la nascita e il suo contributo all’evolversi del pensiero filosofico.

La Retorica di Aristotele nel corpus aristotelico

La Retorica di Aristotele
Busto di marmo di Aristotele. Fonte immagine: Commons.wikipedia.org

Oggi attribuiamo ad Aristotele opere che toccano argomenti molto diversi tra loro. Tuttavia, La Retorica è un testo che, rispetto al resto del corpus del filosofo, possiede una sua peculiarità. Infatti, con questo trattato conosciamo il metodo che egli stesso usa durante le lezioni nelle scuole da lui fondate. Infatti, Aristotele fonda più di una scuola e la retorica costituisce un elemento importante per la vita del filosofo ancor prima del pensiero.

In effetti, Aristotele lascia in sospeso nella Poetica questioni che ritiene pertinenti alla retorica e di cui annuncia un altro testo. Tuttavia, prima del trattato aristotelico, descriviamo ora cos’è la retorica e la sua storia. Così, possiamo apprezzarne meglio l’importanza.

Storia della retorica nell’antica Grecia

Secondo Cicerone, la retorica è una disciplina che appartiene alla cultura greca già in tempi antichi. Ma la prima testimonianza risale al V secolo. Infatti, nel 465 a.C. i siracusani vogliono riappropriarsi dei loro terreni confiscati dal tiranno Trasibulo. Dunque, iniziano contro il tiranno stesso dei processi. Così, gli abitanti di Siracusa studiano retorica da Empedocle. Perciò, il merito di Empedocle e dei suoi discepoli Corace e Tisia è la composizione di un metodo preciso, che gli ultimi due raccolgono in manuali che ne facilitano l’insegnamento.

Ma accanto a loro anche altri pensatori proseguono su questa strada. Così, abbiamo i pitagorici che diffondono le proprie argomentazioni nel rispetto delle leggi sull’armonia numerica. Inoltre, i pitagorici distinguono diversi stili a seconda del tipo di pubblico verso il quale rivolgono le proprie lezioni. Poi, sempre nel V secolo, abbiamo la fioritura della sofistica. Cioè, persone note come “sofisti” per mestiere insegnano l’arte della persuasione. Tra questi troviamo Gorgia che la tradizione indica come altro allievo di Empedocle. In effetti, partecipa a tale tendenza culturale anche Zenone con i suoi paradossi. Così, la retorica esce dai tribunali e trova terreno fertile in altre circostanze, in ambiente poetico e filosofico.

Poi, la retorica segue una nuova direzione con Platone, il quale afferma che la sua funzione è soprattutto pedagogica, e la definisce non come “arte” ma come “abilità“. Così, la retorica dei sofisti diviene “cattiva”, mentre quella “buona” dei filosofi orienta verso il bene tramite lo studio filosofico, e Socrate ne diviene l’icona nei dialoghi platonici. Anche se non mancano punti di vista diversi da quello platonico circa la retorica, come quello di Isocrate, è Aristotele che articola un modello filosofico differente, come esaminiamo più avanti.

La retorica come disciplina e la Retorica di Aristotele

Ma cos’è la retorica? La definizione oggi accettata è quella di “arte del parlare e scrivere in modo efficace“. Insomma, il significato generico non entra nel merito di quale disciplina è più vicina a tale arte. Ma a parte ciò, il senso è pressappoco quello che rintracciamo nell’antica Grecia.

La Retorica di Aristotele
Quadro del 1800 che raffigura Demostene, politico e oratore, che prova un discorso.

Tuttavia, notiamo una grande differenza rispetto al passato. Infatti, nel quinto secolo la retorica è una disciplina insegnata ai giovani. Va detto che in Grecia qualsiasi insegnamento coinvolge solo uomini di sesso maschile liberi e che possono permetterselo. Ma è in età moderna, con l’affermazione del metodo scientifico, che la verificabilità delle proprie affermazioni diviene un requisito più importante della capacità di convincere. Così, la retorica passa ad ambiti specialistici quali la semiotica, la psicologia cognitiva, il cinema e il marketing.

Comunque, la storia della retorica ha un debito nei confronti dello Stagirita. Infatti, La Retorica di Aristotele diviene il manuale per l’insegnamento di questa disciplina sia nel mondo romano sia in quello medievale-rinascimentale. In effetti, ciò sembra paradossale, in quanto La Retorica è uno dei testi esoterici del filosofo. Cioè, un testo destinato solo al ristretto numero dei frequentatori della sua scuola, e non a un pubblico vasto. Tuttavia, quando la Macedonia diviene provincia romana, molti intellettuali, tra cui allievi del suo Liceo, fuggono a Roma e favoriscono la diffusione di queste conoscenze nel mondo occidentale.

I tre libri della Retorica di Aristotele

Dunque, come scrive Roland Barthes nel suo saggio La retorica antica, i tre libri del trattato aristotelico ruotano ciascuno intorno tre tematiche precise. Cioè, il primo è sull’oratore, il secondo sul pubblico e il terzo sul discorso. Ma qual è la funzione della dialettica? In effetti, essa ha come scopo il raggiungimento della felicità. Così, se nel trattato sulla politica l’uomo raggiunge la felicità solo in comunità, nella Retorica l’uomo la ricerca con questa sua capacità con le sue singole forze. Inoltre, quando la politica raggiunge un alto livello di corruzione è la retorica che la guarisce. Infatti, la retorica possiede carattere universale in quanto strumento gnoseologico di conoscenza. Cioè, tutti prima o poi esercitano la capacità argomentativa dell’accusa e della difesa attraverso l’arte (τέχνη, téchne) della parola.

Così, la retorica permette l’argomentazione sia di ciò che è vero sia di ciò che è simile al vero. Inoltre, per il filosofo esistono tre generi di discorso retorico, distinti in base al destinatario, che è o un pubblico, o un giudice, o un membro dell’assemblea. Ma mentre i secondi ascoltano di eventi passati, i terzi ascoltano riguardo a eventi futuri. Invece, al pubblico interessa di più la capacità retorica di chi parla.

Pertanto, i tre generi retorici che derivano da questa classificazione sono nello stesso ordine epidittico, giudiziario e deliberativo. Dunque, il secondo fa uso di quelle che Aristotele chiama argomentazioni “non tecniche” che esistono al di là della bravura dell’oratore. Invece, il terzo tesse le lodi e le virtù di una persona e il primo tratta di temi come la felicità e il bene. Perciò, in esse contano molto le argomentazioni tecniche.

Retorica e sofismo

Il primo capitolo de La Retorica di Aristotele racconta di come Platone affida l’insegnamento della retorica nella sua scuola a un giovane Aristotele. In effetti, lo Stagirita compone in quel periodo Il Grillo, il suo primo testo che riguarda la retorica, oggi perduto. Infatti, proprio il successo di quest’opera convince Platone ad affidargli l’insegnamento. Da quel che sappiamo, in questo testo Aristotele afferma che la retorica ha come base la dialettica, in quanto il suo obiettivo è la persuasione e ha efficacia solo sugli ignoranti.

Insomma, è evidente come Aristotele in questa fase subisca l’influenza della sofistica. D’altra parte, in Grecia la retorica appare come materia contrapposta all’etica. In effetti, nei dialoghi platonici troviamo sempre un duro attacco ai sofisti, maestri della retorica che confondono il vero e il falso. Tuttavia, nel Fedro Platone ammette la possibilità di una retorica “risanata” dalla filosofia. Cioè, quando queste due proseguono unite, la retorica diviene un’arma efficace nelle mani del filosofo. In effetti, chi pratica filosofia è un buon oratore, dato che tutte le persone cercano sempre nei discorsi ciò che è vero. Dunque, chi ha conoscenza filosofica, cioè la ricerca del vero, ha già conoscenza dei contenuti adeguati per un discorso retorico.

Così, Aristotele mette in evidenza aspetti positivi e negativi e giunge alla stessa conclusione del Fedro. Però, resta che la retorica convince l’uditore come la medicina guarisce il malato. Quindi, lo Stagirita illustra quali sono le tecniche che permettono la persuasione. Ma la novità della retorica aristotelica è l’inclusione in questa disamina delle passioni come strumento persuasivo.

Le doti dell’oratore e il pubblico.

Dunque, il buon oratore possiede tre doti. Cioè, saggezza, virtù e benevolenza (phronesis, areté, eunoia). Infatti, solo chi è virtuoso conosce davvero ciò che comunica e siccome è buono desidera davvero comunicarlo senza nascondere nulla. Infatti, come abbiamo detto, la miglior orazione è quella che affianca la ricerca autentica della verità.

La Retorica di Artistotele
Quadro “Cicerone denuncia Catilina in Senato”, raffigurazione di un momento retorico dell’antichità. Fonte: Wikipedia.org.

Ma a ciò, aggiungiamo la conoscenza dei tipi di pubblico anche in base alle diverse emozioni che l’uomo prova. Così, Aristotele esamina le varie emozioni, dalla collera all’amore. Inoltre, il buon oratore conosce le differenti tipologie di carattere. Innanzitutto, la differenza dei caratteri dipende dall’età (gioventù, vecchiaia, età adulta). Poi, dallo status sociale e da quello economico.

 

I tòpoi

Così, il trattato giunge all’argomento “tòpoi“, le fonti da cui il retore trae gli argomenti. In effetti, per alcuni studiosi i tòpoi costituiscono il cuore del trattato. Innanzitutto, Aristotele distingue tra topoi comuni e topoi specifici. Infatti, i primi sono “comuni” perché il retore li applica in tutti i tipi di discorso. Invece, quelli specifici li applica in campi particolari. Perciò, Aristotele sostiene che il retore migliore applica i secondi. Infatti, chi fa uso corretto dei tòpoi specifici conosce bene l’argomento specifico di cui parla. Cioè, egli oltre che un retore è anche un vero conoscitore della disciplina di cui parla.

Ma accanto ai tòpoi troviamo altri escamotage come gli esempi e gli entimèma. In effetti, Aristotele preferisce i secondi ai primi. Infatti, gli esempi sono fatti o eventi che hanno analogie con l’oggetto del discorso. Invece, gli entimèma sono simili ai sillogismi. Tuttavia, la loro premessa è incerta ma riconosciuta a livello popolare come verità. Dunque, da un punto di vista persuasivo, è molto efficace. Un esempio di entimèma può essere “è francese, dunque è un tipo romantico”.

Le sezioni del discorso retorico

Infine, Aristotele distingue quattro sezioni del discorso retorico. Infatti, costituiscono un discorso retorico l’inventio, la dispositio, l’elocutio e l’actio. Innanzitutto, l’inventio è forse la parte più importante. Infatti, è il momento in cui il retore cerca gli argomenti logici che fungono da materiale base per tutto il discorso. In effetti, sono quelle che in un processo moderno chiamiamo “prove”. Comunque, è chiaro che quelle più importanti sono le prove tecniche. Inoltre, a questa fase appartengono anche i tòpoi.

Poi, con la dispositio il retore posiziona le varie “prove” in maniera efficace nel suo discorso. Comunque, la dispositio assume ordini diversi in base al tipo di argomentazione che il retore compie. Aristotele ne classifica tre: crescente, decrescente e nestoriano. In effetti, la differenza consiste nella posizione delle argomentazioni più efficaci. Così, in quella crescente sono nel finale, nel decrescente all’inizio, e in quello nestoriano nel centro.

In seguito, abbiamo l’elocutio. Cioè, l’aggiunta di tutto ciò che rende il discorso più accattivante. Dunque, fanno parte di questa porzione la scelta di sinonimi, metafore, sineddoche e altre formule retoriche.

Infine, l’actio è l’aggiunta di gesti e toni di voce che enfatizzano il discorso. Inoltre, a questo momento il retore aggiunge la memoria, cioè tecniche che gli permettono il ricordo di tutte le parti del discorso.

Luigi D’Anto’

 

Bibliografia

Aristotele, Retorica, a cura di F. Cannavò, Bompiani 2014.

Sitografia

Per un maggior approfondimento, rimandiamo alla voce “retorica” in dizionario Treccani.

P. Polidoro, La retorica antica e Aristotele, Digilander.libero.it, 2005-2006.

Nota: la fonte dell’immagine di copertina è Pixabay.com.