Il pensiero di Roland Barthes: le due diverse fasi

L’attività critica di Roland Barthes si caratterizza per la capacità di analizzare in profondità vari settori variamente connessi al linguaggio e alle lettere: la semantica generale, la narratologia, la sociologia letteraria , lo strutturalismo, etc…

Ciò ne ha reso difficoltoso lo studio da parte dei posteri, ancor più se si considerano i frequenti ripensamenti teorici nel corso della vita dell’autore. È utile tuttavia operare una divisione di Roland Barthes in due entità tra loro opposte, ma la cui evoluzione lineare segue un filo logico dettato sia da influenze letterarie esterne, che dalla particolare biografia del critico.

«Roland Barthes par Roland Barthes»

Opera tarda (1975), la cui composizione nasce da un’esortazione del suo entourage. In una struttura fatta di frammenti l’autore afferma di raccontare eventi della sua vita, tuttavia appare chiaro da subito la percentuale di finzione con cui Roland Barthes si è divertito a parodiare il genere biografico: all’interno del testo, infatti, egli passa da un referente in prima persona a uno alla terza, o addirittura utilizzando la sigla RB; molto più probabile quindi che il primo Roland Barthes a cui fa riferimento il titolo sia più un personaggio romanzesco che una manifestazione del Barthes-persona.

Ad ogni modo la sua vita è ben nota e rilevante ai fini della sua formazione. Nato nel 1915 in Normandia, perde il padre in guerra l’anno successivo; affetto da tubercolosi, gli anni della gioventù trascorrono in un sanatorio: ciò gli impedisce di continuare gli studi e di partecipare a concorsi pubblici. La formazione letteraria di Roland Barthes, dunque, proviene direttamente dalla lettura dei numerosi libri con cui si aiutava a trascorrere le giornate.

La figura di Roland Barthes, quindi, non essendo mai stata accomunata agli ambienti ufficiali dalla Sorbona, all’epoca unica autorità in materia di critica letteraria, è stata sempre variamente osteggiata dai suoi esponenti. Tant’è vero che nel 1962 Barthes otterrà una cattedra solo all’Ecole pratique des Hautes Etudes di Parigi, ateneo famoso per le sue visioni avanguardiste.

Da menzionare il suo rapporto conflittuale con l’omosessualità, da lui vissuta sempre con grande riserbo, infranto poi dall’editoria postuma, che scelse di pubblicare nel 1987 col titolo di Incidents le sue annotazioni di esperienze omosessuali, attribuendogli una figura di attivista che egli non aveva mai desiderato.

Rimasto solo con la madre, si lega a lei per tutta la vita, tributandole un amore sconfinato, come testimonia il suo ultimo scritto del 1980, La Chambre claire, in cui si avverte la sofferenza causata dalla sua perdita avvenuta pochi anni prima.

Roland Barthes morirà in quello stesso anno, investito da un furgone; una morte improvvisa e tragica, che prese alla sprovvista tutti gli intellettuali di quel decennio, vista la prolifica attività dell’autore.

Le due facce di una medaglia

barthes
Alain Robbe-Grillet

Si può suddividere, secondo una prassi viva in alcuni atenei d’Europa, il pensiero di Roland Barthes in due entità diverse, delimitate cronologicamente dalla pubblicazione di alcuni lavori: un primo Barthes inizia, ovviamente, con la pubblicazione del primo saggio, Le Degré zéro de l’écriture, nel 1953 e si chiude nel 1972 con i Nouveaux Essais critiques. Si fa seguire allora un secondo Barthes nel 1973, con Le Plaisir du texte, che prosegue fino agli scritti immediatamente precedenti alla morte.

Sette elementi permettono di fornire un quadro esaustivo di entrambe le figure: le parole-chiave sono pensiero, strutturalismo, impegno politico, concezione letteraria, opposizione écrivain/écrivant, persona e infine paradossi. Vediamole nel dettaglio.

  • Pensiero: il pensiero del primo Barthes è esposto nei suoi lavori in maniera organica, schematica e strutturata; quello del secondo segue una maggiore soggettività – provocatoria risposta alle accuse formali ricevute dagli ambienti accademici – proseguendo per frammenti e digressioni.
  • Strutturalismo: in realtà il primo Barthes abbraccerà lo strutturalismo francese a partire dagli anni ’60, in seguito all’analisi in chiave strutturale da parte di Jakobson e Levi-Strauss della poesia Les Chats di Baudelaire, nel 1962. Salutata la linguistica di Saussure come il primo studio umanistico in grado di dotarsi di scientificità, il secondo Barthes se ne distacca in parte a partire dal 1966, anno di un colloquio a Baltimora a cui Barthes partecipa assieme a personalità come Lacan, Todorov e Derrida; sarà allineandosi all’intervento di quest’ultimo che Barthes intraprenderà un’attività di superamente delle basi strutturaliste (la cui idea generale è che il testo sia un universo chiuso di cui studiare l’organizzazione), ricercando piuttosto le sfumature, i paradigmi, le dicotomie, come dimostrato nel 1970 in S/Z, analisi della novella di Balzac “Sarrasine”.
  • Impegno politico: pur non definendosi comunista o marxista, il primo Barthes ammira Sartre e e condivide l’impegno politico-letterario. Il secondo Barthes invece, più complesso, ricerca una perfetta neutralità. Un neutro positivo e fecondo, frutto di una scelta piuttosto che di una mancanza di idee, allo scopo di conservare una propria indipendenza.
  • Concezione letteraria: amante della letteratura d’avanguardi e di Brecht, fino alla fine degli anni ’50, il primo Barthes resta legato ad alcuni scrittori francesi del suo tempo, come Camus e Robbe-Grillet; il secondo Barthes, se si esclude una breve parentesi per l’amico Philippe Sollers, si interessa unicamente ad autori del passato.
  • Binomio écrivain/écrivant: si tratta di un’opposizione che proviene più dalla pratica linguistica e testuale di Barthes. La parola écrivain, che in francese traduce normalmente lo scrittore italiano, indica qui una concezione non strumentalizzata dell’attività letteraria, un mezzo intransitivo e immediato. Nel momento in cui la scrittura è finalizzata la passaggio di idee e messaggi specifici, essa appartiene all’écrivant. Il primo Barthes, con la sua attività da critico letterario, ricade completamente in questa funzione; tuttavia nel corso della sua vita Barthes nutrirà un’inappagata aspirazione alla forma romanzesca, la cui unica e timida espressione appare in La Chambre claire.
  • Persona: il primo Barthes ricerca l’oggettività all’interno della valutazione critica, invece il secondo ne aborre le «impostures» a favore della più genuina soggettività, che si riflette nell’uso linguistico.
  • Paradossi: il primo Barthes prende il termine nel suo significato etimologico: contro la doxa, l’opinione; per il secondo il paradosso resta un’anomalia logica, innescata non dall’opposizione, ma dal ragionamento sottile, permettendo di sfuggire all’affermazione arrogante.
barthes
Philippe Sollers

Roland Barthes è stato una personalità spesso scomoda: la mutabilità del suo pensiero – necessaria componente dell’intellettuale-artista – ha fatto in modo da concedere pochi appigli sicuri a quanti lo hanno attaccato nel corso degli anni.

Resta tuttavia vero che la polemica più esacerbata, che causò una certa radicalizzazione del suo pensiero, fu quella combattuta col sorboniano Raymond Picard, a partire dal 1963, circa una divergenza di vedute sulla figura di Racine. Da questa disputa Barthes ne emerse, alla quasi unanimità dei giudizi, vittorioso.

Il processo continuo di rimaneggiamenti teorici, il susseguirsi di confronti con altri critici che sono spesso stati da lui eclissati stimolano la ricerca contemporanea (in particolare quella del suo allievo Antoine Compagnon) ad addentrarsi in maniera sempre più approfondita nella sua figura.

Daniele Laino