La scrittura cinese: caratteristiche e storia

A distanza di secoli la scrittura cinese conserva comunque il suo fascino esotico per noi occidentali. Perché non conoscerla più a fondo?

Cos’è la lingua cinese

Con il termine “lingua cinese” s’intende il cinese mandarino, o 普通话putonghua (letteralmente “lingua comune”), che è la lingua ufficiale della Repubblica Popolare Cinese, e che il governo cerca di imporre a tutta la nazione come linguaggio nella comunicazione, pur non essendo in molte aree la lingua comunemente parlata dalla gente.

La definizione di “cinese mandarino” è in realtà fuorviante: non deriva dal cinese usato dai funzionari dell’impero (i mandarini, per l’appunto), ma è una lingua nata dal dialetto parlato a Pechino. Sarebbe preferibile, quindi, non utilizzare questo termine.

La lingua cinese o le lingue cinesi?

Dal punto di vista linguistico, “la lingua cinese” non è una lingua unica, ma raccoglie un ampio numero di varianti linguistiche regionali e di relativi dialetti diffusi nell’area geografica corrispondente all’odierna Cina. Si tratta di una collezione di varietà linguistiche di ampiezza e diversità paragonabili a quelle delle lingue romanze in Europa.

Nonostante questa diversità delle lingue parlate, la Cina ha cercato di conservare l’unità culturale e politica durante tutta la sua storia, e lo ha fatto attraverso una lingua scritta comune: di conseguenza, i cinesi fanno una distinzione netta fra scritto e parlato.

Chi parla cinese spesso conosce più varietà della lingua. Tipicamente, nella Cina meridionale, una persona può parlare putonghua, dialetto locale e occasionalmente anche un altro dialetto regionale. Il bilinguismo è un tratto molto comune, sia nella Cina continentale sia a Taiwan. A volte i vari dialetti sono mescolati ad altri, secondo l’influenza geografica.

Come funziona la lingua cinese

A differenza delle lingue alfabetiche, dove l’unità minima è rappresentata da lettere, nel cinese l’unità di base è rappresentata da sillabe che, da sole o combinate, costituiscono delle parole. Ad ogni sillaba corrisponde un carattere (spesso erroneamente confuso con il termine più specifico di “ideogramma”).

Nel cinese arcaico (I millennio a.C.) e in quello antico (VI-VII secolo d.C.) esisteva una maggiore varietà di suoni; con l’andare del tempo, però, la lingua cinese ha subito un processo di semplificazione che ha portato all’attuale numero di monosillabi (circa quattrocento).

Cosa sono i toni

Questo limitato numero di monosillabi pone problemi per la comprensione del discorso anche fra gli stessi cinesi, perché fa sì che esistano molti omofoni (parole con la stessa pronuncia, ma una scrittura diversa).

Ciò ha spinto verso l’adozione di un sistema di differenziazione: per distinguere più sillabe con la stessa articolazione si utilizzano i toni. Il cinese standard ne ha quattro, più uno neutro (ma altri dialetti arrivano anche a otto toni). Per spiegare questo concetto, che è molto diverso dalla natura delle lingue occidentali, ecco una tabella esplicativa:

CaratterePronuncia Tono
Trascrizione
fonetica in
pinyin 
(sistema di
trascrizione in
alfabeto
latino)

Significato
ma neutroma (particella
per la
formazione
della frase
interrogativa )
maprimo
(alto e stabile)

mamma
masecondo
(ascendente)
canapa
materzo
(prima
discendente
e poi
ascendente)
cavallo
maquarto
(discendente)
imprecare

Senza la presenza dei toni ad alterare l’intonazione si avrebbero cinque omofoni per ogni sillaba, rendendo di fatto incomprensibile la comunicazione (un esempio lampante è dato dai caratteri 买 mǎi “comprare” e 卖 mài “vendere”, che senza un’intonazione diversa verrebbero facilmente confusi, almeno nella lingua orale).

Nonostante i toni, questo sistema non è tuttavia sufficiente per risolvere il problema della comprensione reciproca, in quanto alcuni omofoni persistono.

La soluzione escogitata dal cinese è quella di abbinare due monosillabi dal significato simile. Così, se kàn 看 significa “guardare”, verrà abbinato a jiàn 见 “vedere” per formare kànjiàn 看见 “vedere”, che non dà luogo a equivoci. Oppure può essere abbinato a shū 书 (“libro”) per formare kànshū 看书 “leggere”; o ancora può essere preceduto da hǎo 好 (“buono”) per formare hǎokàn 好看 (letteralmente “buono da guardare”, ovvero “bello”).

Il sistema di scrittura cinese

Un cenno a parte merita il sistema di scrittura cinese. In origine questa era pittografica e i caratteri (le unità di scrittura) rappresentavano astrazioni fedeli di quello che si osservava. Successivamente hanno subito un processo di stilizzazione, e sono stati creati nuovi caratteri per esprimere concetti più complessi.

I caratteri cinesi odierni si possono dividere in due categorie: semplici e composti. I caratteri semplici rappresentano delle immagini stilizzate delle cose che vogliono indicare (come gli antichi pittogrammi):  rén 人 (“uomo”), shān 山 (“montagna”), 日 (“sole”); oppure sono simbolici: 大 (“grande”, che rappresenta un uomo con le braccia spalancate), xiǎo 小 (“piccolo”,  stilizzazione di un uomo rattrappito, con le braccia lungo i fianchi).

I caratteri composti

I caratteri composti si dividono in due categorie: aggregazioni logiche e aggregazioni fonetiche. Gli aggregati logici sono costituiti da due o più ideogrammi semplici, la cui somma dei significati porta al significato del carattere finale. Ci sono molti esempi a riguardo, come:

日          +                    月          =                     明

rì                               yuè                         míng

sole                        luna                               luce, luminoso

oppure:

木                +                木                =                     林

  mù                               mù                                       lín

legno                          legno                                   bosco

Le aggregazioni fonetiche, invece, sono formate da due parti (radicali): una fornisce il significato approssimativo del carattere (radicale semantico) e un’altra un’indicazione della pronuncia (radicale fonetico).

In questi caratteri spesso è possibile indovinare la pronuncia a prima vista (se si conosce già la pronuncia della parte fonetica). Questa corrispondenza, però, non si verifica sempre nel cinese moderno, perché potrebbe riferirsi a pronunce valide in epoche passate.

Un esempio di aggregazione fonetica:

女                +                 马          =           妈

                                  mǎ                    

donna                           cavallo                mamma

(radicale semantico)             (elemento fonetico) carattere finale

L’influenza della scrittura cinese

La scrittura cinese è ideografica. Questo vuol dire che quando si scrive in cinese non si rappresentano dei suoni, come si fa con le lettere delle lingue occidentali; si indicano invece dei concetti espressi attraverso segni convenzionali (i caratteri) che, in genere, non hanno alcuna corrispondenza con la pronuncia a loro attribuita.

Questa caratteristica ha permesso che i caratteri cinesi venissero adottati anche da giapponesi, coreani e vietnamiti, che parlavano lingue diverse dal cinese, e che pure hanno usato il loro sistema di scrittura per secoli (e in molti casi lo adoperano anche oggi), pur leggendo i caratteri in maniera diversa.

I cinesi stessi pronunciano spesso i caratteri in maniere che variano da regione a regione – ma se hanno imparato a leggere e a scrivere potranno comprendersi tramite la scrittura. Quindi, se il numero uno è pronunciato in cinese standard, yat in cantonese e tsit in hokkien, questi termini derivano tutti da una parola cinese antica comune, e condividono un carattere identico, 一.

Le due lingue

La separazione fra la scrittura e la pronuncia ha portato, nel corso dei secoli, alla nascita di due lingue nettamente separate: una letteraria (wényán 文言) e una parlata (báihuà 白话).

La lingua letteraria era esclusivamente scritta, monosillabica e comprensibile alla lettura (ma non all’ascolto). Questa lingua artificiale, utilizzata esclusivamente dalle classi colte, è stata adoperata fino agli anni Venti del Novecento come lingua della letteratura, in quanto considerata l’unica degna di un letterato (è infatti in wenyan che sono scritti i classici della letteratura cinese).

Anche la lingua parlata è stata usata occasionalmente nello scritto, ma solo per la stesura di novelle e romanzi (generi considerati indegni dei letterati), diventando lingua letteraria vera e propria soltanto a partire dal 1919.

Com’è nata la scrittura cinese

Ipotesi di origine

La storia dei caratteri cinesi è antichissima (c’è infatti un gran numero di leggende della mitologia cinese a riguardo), e la nascita di questo sistema di scrittura è tuttora oggetto di discussione tra gli storici, cinesi e occidentali: alcuni storici cinesi la fanno risalire addirittura al 5000 a.C., individuandola in alcuni segni rinvenuti sul vasellame proveniente da scavi di diverse culture neolitiche.

Gli storici occidentali e gran parte degli storici cinesi restano tuttavia scettici a riguardo, poiché al momento non è possibile provare alcuna relazione tra questi segni e un linguaggio parlato. Di conseguenza, pur trattandosi di un’ipotesi molto affascinante, l’assenza di questo legame non permette di considerare questi segni antichissimi come prime tracce di una lingua scritta.

È bene notare che, se questa relazione dovesse essere mai riconosciuta, la scrittura cinese diventerebbe il sistema di scrittura più antico al mondo, sottraendo il primato alla scrittura cuneiforme dei sumeri. Ma si tratta, come già spiegato, di un’ipotesi molto remota.

Le prime testimonianze di scrittura cinese

Per quanto riguarda la lingua cinese, un sistema di scrittura pienamente sviluppato appare per la prima volta durante la dinastia Shāng (1675 a.C. – ca. 1046 a.C.), e si tratta di responsi a pratiche divinatorie, incisi su ossa o gusci di tartaruga, detti jiágǔwén 甲骨文.

Le ossa e i gusci venivano gettati nel fuoco, che creava delle spaccature sulla loro superficie. Da queste spaccature venivano tratti degli auspici, i cui responsi venivano poi registrati sull’oggetto stesso usato per la divinazione.

Queste cerimonie erano eseguite dal sovrano Shāng, all’epoca anche sacerdote, che era considerato divino. Prima di ogni impresa importante e dall’esito incerto (come una battuta di caccia o una guerra) il monarca praticava questi rituali invocando gli spiriti dei propri antenati.

scrittura cinese - osso oracolare
Esempio di scrittura su osso oracolare

Col tempo la lingua scritta utilizzata a scopi religiosi si arricchì di nuovi caratteri con nuovi significati, giungendo a comprenderne decine di migliaia.

Usando questi simboli, agli occhi di noi occidentali spesso incomprensibili e identici gli uni agli altri, i cinesi hanno dato vita a un patrimonio letterario di straordinaria ricchezza che, al pari delle letterature e delle culture greca e romana nel mondo occidentale, si è diffuso nei paesi limitrofi, influenzandoli profondamente dal punto di vista letterario e culturale.

La scrittura cinese dopo la nascita dell’impero

Durante la dinastia Zhōu 周 (1100-256 a.C.) nei ducati regionali si diffusero diversi stili di scrittura, finché nel 221 a.C. il primo imperatore, Qín Shǐ Huángdì 秦始皇帝 (260-210 a.C.), unificò il paese. Egli fece distruggere le scritture degli avversari, e impose la propria, nota come “scrittura del piccolo sigillo”.

Essa viene usata ancora oggi, soprattutto per l’incisione di sigilli: in Cina questi timbri hanno una funzione molto importante, in quanto, su lettere e documenti, hanno la stessa funzione della firma in Occidente.

Durante la dinastia Hàn 汉 (206 a.C.-220 d.C.) sorsero altre quattro scritture di base che sono in uso ancora oggi. Sempre in questo periodo, complice l’invenzione della carta all’inizio del II secolo d.C., la calligrafia (fino ad allora vista come semplice mezzo per registrare dati) cominciò a essere considerata una forma d’arte.

L’importanza della calligrafia in Cina

In Estremo Oriente la calligrafia è stata per molto tempo un’abilità che ogni persona di cultura doveva coltivare, in quanto considerata la più nobile delle arti che un pittore-letterato (il gentiluomo erudito della cultura cinese) poteva praticare.

Nell’arte della calligrafia cinese, a differenza della bella grafia occidentale, non si compongono solamente delle linee per formare caratteri fini a se stessi, ma si esprimono anche dei significati astratti.

La calligrafia, infatti, veniva spesso associata alla pittura, e così come nel dipingere, anche l’esecuzione degli ideogrammi può essere influenzata dalla velocità del gesto, dalla mano dell’artista, dal suo stato d’animo e della tecnica utilizzata (inchiostro più secco o più liquido).

Nella calligrafia cinese, inoltre, è possibile cogliere l’intenzione di chi li ha tracciati, analizzando attentamente tratti come un’esitazione dell’autore o un particolare movimento del pennello, allo stesso modo di un quadro.

L’utilizzo del pennello (insolito nella calligrafia occidentale) permette infatti di infondere al tratto molteplici sfumature espressive. Questa potenzialità del pennello ha portato spesso gli artisti a preferire la bellezza e l’espressività dei caratteri rispetto alla loro leggibilità.

scrittura cinese- esempio di calligrafia
Esempio di calligrafia cinese

La calligrafia non è quindi solo uno strumento utile per annotare e scrivere in maniera leggibile, ma anche e soprattutto un prodotto artistico che può essere apprezzato e diventare a sua volta fonte d’ispirazione per i futuri artisti. Anche oggi, infatti, nell’epoca del digitale, la calligrafia è molto praticata in Cina, e gli antichi sono tuttora presi a modello.

Beatrice Bellesi

Bibliografia

  • Bertuccioli, Giuliano La letteratura cinese, L’Asino d’oro edizioni, Roma, 2013, p.17;
  • Corradini, Piero La Città Proibita: Storia e collezioni, Giunti, Firenze, 1992, p. 44 e 112 (immagini);
  • Corradini, Piero Storia della Letteratura Cinese, Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1970, pp. 7-12;
  • Fahr-Becker, Gabriele; Hesemann, Sabine; Kuhnt-Saptodewo, Sri; Appel, Michaela; Dunn, Michael Arte dell’Estremo Oriente, Könemann, Köln, 2000, pp. 256-262 e 257-259  (immagini).

Sitografia