Gaio Sallustio Crispo: storiografia tra otium e negotium

Sallustio, storico romano, dopo la carriera politica si dedicò all’otium letterario. Egli ebbe il merito di imporre a Roma il genere della monografia.

Vita di Sallustio

Amiternum, 1 ottobre 86 a.C. – Roma, 34 a.C. ca

 Gaio Sallustio Crispo, storico romano, nacque ad Amiternum, nella Sabina, nell’86 a.C. La sua famiglia non era patrizia ma era di condizioni sufficientemente agiate e questo gli consentì di trasferirsi a Roma per i suoi studi, dove ci sembra di poter ricostruire che abbia frequentato il circolo di Nigidio Figulo, filosofo neopitagorico, conosciuto anche per la particolarità dei suoi interessi e per la nomea di stregone che lo accompagnò.

Sallustio, come ammette egli stesso, fu ben presto attratto dalla vita politica

Sed ego adulescentulus initio sicuti plerique studio ad rem publicam latus sum, ibique mihi multa aduorsa fuere. Nam pro pudore, pro abstinentia, pro uirtute audacia, largitio, auaritia uigebant. Quae tametsi animus aspernabatur insolens malarum artium, tamen inter tanta uitia inbecilla aetas ambitione conrupta tenebatur; ac me, cum ab reliquorum malis moribus dissentirem, nihilo minus honoris cupido eadem qua ceteros fama atque inuidia uexabat. 

(De con. Catilinae, III,3)

 “Ma io all’inizio, da giovane, come la maggior parte dei miei coetanei, fui portato dalla passione ad interessarmi alla vita politica, e lì mi capitarono molte sventure. Infatti al posto dell’onestà, del disinteresse e dell’onore erano in vigore la sfrontatezza, lo spreco e l’avidità. E, sebbene il mio animo disprezzasse tali cose, non avvezzo a comportamenti disonesti, tuttavia l’età debole fra tanti vizi era tenuta prigioniera corrotta dall’ambizione. Ma, sebbene dissentissi dai malvagi modi di fare degli altri, nondimeno mi tormentava lo stesso desiderio di successo che tormentava gli altri, esponendomi a maldicenza ed odio.”

La carriera politica di Sallustio

Tuttavia, non abbiamo notizie certe anteriori all’anno 52 a.C. quando, tribuno della plebe, si schierò contro Milone, l’uccisore di Clodio.

L’inimicizia di Sallustio verso Milone, che fu difeso da Cicerone, testimonia un’avversione sul piano politico, ma esistevano anche dei “precedenti” sul piano strettamente personale. Sallustio, infatti, aveva avuto una relazione con la moglie di Milone.

 Nel 50 a.C., mentre come legatus pro praetore si trovava in Siria, Sallustio venne espulso dal senato per indegnità (probri causa): un provvedimento originato pare da inimicizie politiche.  

Svetonio ci parla di un libricino fatto circolare contro di lui da un liberto di Silla che lo definiva “ghiottone, ciarlatano, depravato, ignorante plagiario dello stile degli arcaici e di Catone”.

Gli Horti Sallustiani

Sallustio fu poi questore nel 49, pretore nel 47; fu anche al fianco di Cesare, che lo reintegrò nell’ordine senatorio, fino alla sua tragica morte.

Nel 46 ottenne il proconsolato di Numidia, che non dovette amministrare del tutto onestamente, se è vero che vi fece ritorno con ricchezze tali che gli permisero di acquistare una dimora fastosa, circondata da splendidi giardini, gli Horti Sallustiani, che in seguito divennero dimora degli imperatori.

Come molti altri dei suoi “colleghi”, tornò a Roma ricchissimo, tanto da essere accusato de repetundis, e d’essersi fatto costruire poi i famosi Horti Sallustiani. Oggi tuttavia si crede che appartenessero non a lui, ma ai suoi discendenti in epoca augustea.

Sallustio
Horti Sallustiani

Sembra si sia salvato dall’accusa proprio per mezzo di Cesare, che gli consigliò però d’allontanarsi dalla politica.

L’otium letterario

Ritiratosi dalla scena politica attiva, durante il suo otium compose le due famosissime monografie storiografiche: il De coniuratione Catilinae e il Bellum Iugurthinum. Sembra che dopo l’esperienza di tale opere abbracciasse anche l’idea di un’opera di più largo respiro, le Historiae, ma la morte lo colse all’improvviso lasciandole interrotte al V libro.

Se dovessimo anche dare per certa la data di morte, 34 a.C., potremmo dire che la vita di Sallustio si situi completamente all’interno delle guerre civili.

La morte di Cesare

La morte di Cesare segna l’inizio di un nuovo capitolo per Sallustio che si ritira a vita privata. Egli, infatti, decide di dedicarsi interamente all’otium letterario e compone due monografie e le Historiae. Lascia i suoi negotia  corrotti per un otium virtuoso e si dedica a scrivere storia.

Una storia moralista, una storia della quale soprattutto la nobilitas romana dovrebbe vergognarsi.

L’abbandono della vita politica

L’abbandono della carriera e della vita politica segnò, come scrive lo stesso Sallustio, un ritorno alle antiche abitudini.

Igitur ubi animus ex multis miseriis atque periculis requieuit et mihi reliquam aetatem a re publica procul habendam decreui, non fuit consilium socordia atque desidia bonum otium conterere, neque uero agrum colundo aut uenando, seruilibus officiis, intentum aetatem agere; sed a quo incepto studioque me ambitio mala detinuerat, eodem regressus statui res gestas populi Romani carptim, ut quaeque memoria digna uidebantur, perscribere, eo magis quod mihi a spe, metu, partibus rei publicae animus liber erat. Igitur de Catilinae coniuratione, quam uerissume potero, paucis absoluam; nam id facinus in primis ego memorabile existumo sceleris atque pericoli nouitate. De cuius hominis moribus pauca prius explananda sunt, quam initium narrandi faciam.  

De con. Catilinae, IV, 1-5

“Dunque, quando, dopo tante miserie e pericoli, il mio animo trovò pace e decisi di vivere gli anni che mi rimanevano lontano dalla politica, non mi proposi di sprecare il tempo libero nel torpore e nell’inerzia, né di passare la vita intento a coltivare un campo o a cacciare, attività degne di uno schiavo, ma, tornato a quel medesimo proposito ed intenzione dai quale un’ambizione che portava alla rovina mi aveva distolto, decisi di scrivere la storia del popolo romano per monografie, a seconda che ciascuna mi sembrasse degna di essere ricordata; tanto più che il mio animo era libero da speranza, timore e da lotte fra le parti.

Dunque tratterò in breve, avvicinandomi quanto più possibile al vero, la congiura di Catilina ; infatti io penso che quest’ultima impresa sia veramente degna di essere ricordata, per la novità dell’azione criminosa e del pericolo. Prima di iniziare la narrazione, devo fare alcune spiegazioni a proposito del carattere di quest’uomo.”

I modelli storiografici

Le parole dello storico sono davvero interessanti dal punto di vista storiografico per diverse ragioni.

In primo luogo, Sallustio chiarisce dei motivi che lo hanno indotto ad abbandonare la politica per dedicarsi alla letteratura, alla storia del popolo romano. In secondo luogo lo storico dichiara chiaramente la sua scelta storiografica del tipo di ricostruzione storica, quella monografica (carptim), ben diversa dal metodo annalistico.

Inoltre, il fatto di aver sottolineato che la scelta dell’argomento sarebbe intrinsecamente dipesa dal suo livello di importanza, palesa l’adesione al modello di Tucidide, lo storico greco al quale Sallustio decise di ispirarsi come storico non solo per motivi ideologici ma anche di stile.

Sallustio decise, dunque, di dedicarsi alla storiografia come forma sostitutiva di impegno politico a vantaggio della civitas. 

Sallustio: politica e storiografia

Lo storico si inserisce in modo attivo nel dibattito sul valore della cultura che si alimentava a Roma alla fine della repubblica.

Il proemio del De Catilinae coniuratione

Il problematico ruolo della storiografia tra otium e negotium é affrontato esplicitamente da Sallustio nei proemi delle due monografie. Nel proemio del De Catilinae coniuratione, dopo aver discusso della virtus e delle attività ad essa connesse, Sallustio formula l’elogio della vita politica e dell’ingenium dispiegato per la gloria. All’utilità della politica Sallustio accosta l’arte di narrare le imprese con le parole, la storiografia, attività non meno virtuosa e non meno difficile.

Il proemio del Bellum Iugurthinum

E nel proemio (1 -4) del Bellum Iugurthinum:

” Falso queritur de natura sua genus humanum, quod imbecilla atque aevi brevis forte potius quam virtute regatur. Nam contra reputando neque maius aliud neque praestabilius invenias magisque naturae industriam hominum quam vim aut tempus deesse. Sed dux atque imperator vitae mortalium animus est. Qui ubi ad gloriam virtutis via grassatur, abunde pollens potensque et clarus est neque fortuna eget, quippe quae probitatem, industriam aliasque artis bonas neque dare neque eripere cuiquam potest.”

«A torto il genere umano si lamenta perché la sua natura, debole e di breve durata, è retta dal caso più che dalla virtù. A ben vedere infatti, si scoprirà al contrario che non c’è nulla di più grande e nobile, e che alla natura umana manca la volontà di agire più che la forza o il tempo. Ma è lo spirito a guidare e dominare la vita degli uomini. Quando esso tende alla gloria attraverso la via della virtù, possiede vigore, forza e fama in abbondanza e non ha bisogno della fortuna, poiché non può ella infondere onestà, tenacia e altre qualità morali ad alcuno, né strapparle a chi le possiede.»

Anche questo proemio chiarisce il punto di vista dell’autore riguardo alla natura umana: l’essere umano dovrebbe coltivare uno spirito che guidi le proprie azioni attraverso la virtù verso una gloria immortale che non necessita della fortuna. La fortuna conduce alla gloria in modo casuale, senza onori e senza qualità morali che non può infondere né strappare a chi invece percorre la sua strada con onestà e tenacia.

La crisi della res publica

Il messaggio sallustiano, universalmente valido, diveniva maggiormente rilevante durante quegli anni di crisi della res publica, quando proprio la virtus sembrava essere l’unica via in grado di riportare alla pace e alla stabilità costituzionale.

Sallustio continua in Bellum Iugurthinum 3, 1 :

” Verum ex iis magistratus et imperia, postremo omnis cura rerum publicarum minime mihi hac tempestate cupienda videntur, quoniam neque virtuti honor datur neque illi, quibus per fraudem iis fuit uti, tuti aut eo magis honesti sunt. “

” Tra queste, tuttavia, le magistrature e i comandi militari, insomma ogni carica pubblica, non sembrano affatto desiderabili in questo periodo, perché l’onore non viene dato al merito e anche quelli che l’hanno ottenuto con gli intrighi non sono per questo più sicuri o onorati. “

La sua polemica é diretta. Lo storico chiarisce una volta per tutte la sua decisione di lasciare la politica perché da lui ritenuta un negotium non più onesto e onorato. I meriti e l’onore, a Roma, erano stati scalzati da intrighi e corruzione. Inoltre, la politica é divenuta una attività poco sicura. A Roma, un uomo politico poteva essere accoltellato dai tuoi stessi concittadini in uno spazio pubblico, Sallustio lo sapeva bene.

Le monografie di Sallustio

Sallustio
Sallustio

Sallustio doveva scegliere se impegnarsi nel genere monografico o in quello annalistico. Scelse il genere monografico.

Che cos’é la monografia?

La monografia era un nuovo genere letterario a Roma, entrato in scena nell’ultimo secolo della Repubblica con il Bellum Punicum di Lucio Celio Antipatro. Raggiunge, tuttavia, la sua forma più alta nelle opere di Sallustio.

La monografia é una scelta storiografica che obbliga l’autore a circoscrivere l’argomento della sua narrazione ad un periodo limitato di tempo, per lo più vicino, facendo ruotare la narrazione intorno ad un personaggio, a un fatto giudicato importante o a una guerra epocale.

La monografia lascia spazio, all’interno della narrazione, ad una certa autonomia di approfondimento. L’autore può dedicarsi a sezioni di archeologia nelle quali tracciare un profilo della città e del tempo in cui vive, oppure può introdurre brevi digressioni per arricchire la materia e introdurre variazioni letterarie, o addirittura la monografia stessa può essere una digressione e un approfondimento di un’opera che copre un numero di anni più esteso.

Le due monografie sallustiane De Catilinae coniuratione e Bellum Iugurthinum non mancano di queste caratteristiche: abbracciano un range temporale piuttosto breve; ruotano intorno alle imprese di un personaggio; presentano sezioni archeologiche di storia romana; excursus e descrizioni etnografiche.

Le opere

 Le opere storiche di Sallustio sono: le due monografie De coniuratione Catilinae, sulla congiura dell’anno 63 a.C., e il Bellum Iugurthinum, sulla guerra combattuta contro Giugurta (112-105 a.C.), e le Historiae, comprendenti il periodo dal 78 al 67 a.C.

Queste opere mostrano una tendenza democratica, tuttavia notevolmente ammorbidita da una sostanziale adesione agli ideali politici della classe dirigente, come quello della concordia ordinum e dell’avversione alla demagogia e al radicalismo.

Molti ritengono che la completa maturazione di Sallustio come storico sia da ravvisare nelle Historiae, di cui sono giunte a noi le orazioni e le lettere, oltre ai frammenti trasmessici dagli antichi o recuperati.

Anche i principî etico-politici di Sallustio si vanno evolvendo e chiarendo, dalle due monografie, di cui notevoli sono i proemî per il tono moralistico e la sincera ammirazione per il passato di Roma, fino alle Historiae, ove domina un pessimismo più acuto e si viene maturando un pensiero più originale nell’analisi dei fatti storici, opera della volontà degli uomini.

Vi è anche maggiore personalità nelle orazioni attribuite ai personaggi, maggiore euritmia e drammaticità. Con Sallustio sorge un tipo di storiografia romana dominata dall’introspezione psicologica dei personaggi.

Il dibattito sullo stile

Gaio Sallustio Crispo si dedica alla storiografia e fa i suoi manifesti politici. Egli riflette attraverso le sue opere le contraddizioni e i cambiamenti del suo tempo che sono presagio di un futuro che preoccupa i Romani. Esprime l’esigenza di riforme radicali, esplicitando in tutte le sue opere una assoluta condanna della nobilitas conservatrice, degenerata nei costumi, e un forte timore delle masse popolari sobillate.

Sallustio scrive storia in un periodo in cui a Roma a aveva luogo un dibattito molto accesosi sulla funzione della storia sia sullo stile. La letteratura latina doveva competere con la letteratura greca con livelli espressivi di qualità elevata.

Se Cicerone optava per uno stile fluido, che taceva ispirazione dalla lezione isocratea e ricercava la concinnitas e il periodare ampio con digressioni intese a dilettare il lettore, Sallustio dal canto suo decise invece di ispirarsi allo stile di Tucidide dando dunque vita a soluzioni diverse.

La prosa di Sallustio risente, dunque, soprattutto del modello dello storico greco Tucidide, la cui impronta, unita a quella di Catone il Censore e della poesia epica arcaica, si manifesta nei tracciati asimmetrici e disarticolati: non segno di trascuratezza ma scelta consapevole e rifiuto dei ritmi riempitivi.

Le scelte sallustiane influenzeranno largamente la storiografia successiva, specialmente quella di Tacito: sono gli antipodi della simmetria e della concinnitas ciceroniane.

Nelle amputatae sententiae, attribuitegli da Quintiliano, non sono formulazioni dissociate ma espressioni concentrate, dalle quali non si riscontra nessun elemento superfluo.

Le caratteristiche dello stile di Sallustio

Caratteristiche dello stile sallustiano sono infatti la brevitas: la concentrazione espressiva, raggiunta grazie a ellissi (omissione del superfluo); asindeti (coordinazione senza congiunzione); termini astratti; concordanze a senso; alle brachilogie (costruzioni abbreviate); zeugmi (la dipendenza di più termini da un unico verbo). L’incalzare del ritmo e la concentrazione dei concetti sono accentuati dal discorso indiretto e dagli infiniti storici. 

Anche la varietas é un tratto distintivo delle opere sallustiane. Consiste nel rompere la simmetria del periodo per stimolare nel lettore l’attenzione e la collaborazione. A tale procedimento corrispondono la varietà lessicale (con costrutti non comuni) e delle congiunzioni, la paratassi e la disarticolazione sintattica, ma non le anafore e le antitesi. Con questo stile Sallustio esprime inquietudine e drammaticità dei caratteri e delle situazioni (segnato dall’uso di sed).

La fortuna

Lo stile di Sallustio è efficacissimo: breve, potente, solenne ma audace. La sua fama tentò a decollare: nel periodo giulio-claudio egli fu messo alla pari di Tucidide, ammirato e imitato, per esempio, da Tacito.

Nei secoli successivi la sua fortuna continuò e prese maggior vigore nel Rinascimento. Basti citare la traduzione delle monografie di Bartolomeo da San Concordio e l’ammirazione di Vittorio Alfieri, che lo chiamò “divino” e delle sue opere fece una stringata ed energica versione.

Maria Francesca Cadeddu