I Soliti Sospetti, analisi del film di Bryan Singer

Il prolifico Bryan Singer, sempre proiettato nel futuro, è l’autore de I Soliti Sospetti, uscito al cinema nel 1995. A lui si devono la maggior parte dei film della saga degli X-Men, nonché la produzione di serial televisivi ormai diventati di culto come Doctor House e The Gifted (spin-off della saga dei mutanti Marvel).

I Soliti Sospetti: la trama

A seguito di un attentato su di una nave attraccata nel porto di San Pedro, a Los Angeles, lo “storpio” George “Verbal” Kint, interpretato da Kevin Spacey, viene sottoposto ad un interrogatorio nel dipartimento di polizia doganale.

Dalle sue dichiarazioni emerge la responsabilità di Keyser Söze, spietato boss di cui nessuno ha mai visto il volto.

Del caso si occupano l’agente David Kujan (Chazz Palminteri) e l’agente speciale Jack Baer interpretato da Giancarlo Esposito, meglio conosciuto per il ruolo di Gustavo “Gus” Fring in Breaking Bad.

Un giallo contemporaneo

I Soliti Sospetti è da considerarsi forse uno dei migliori thriller/gialli del cinema statunitense contemporaneo, e il più grande capolavoro di Singer ad oggi.

Il film ruota attorno all’imprevedibilità, al dover tenere conto anche del dettaglio più insignificante per riuscire a scoprire chi sia il colpevole, come nei migliori romanzi di Agatha Christie o di Sir Arthur Conan Doyle.

I Soliti Sospetti

Regia e montaggio ne I Soliti Sospetti

Soprattutto nel finale, il film lascia lo spettatore completamente spiazzato per via della genialità delle sue trovate narrative. 

Ciò è merito della sceneggiatura di Christopher McQuarrie (regista degli ultimi capitoli della saga di Mission: Impossible: Rogue Nation e Fallout).

Le musiche di John Ottman (anche montatore della pellicola) svolgono un ruolo fondamentale nel mantenere alta la tensione fino all’epilogo insieme ad una fotografia calda e vivida.

Dulcis in fundo, la regia riesce a valorizzare le interpretazioni senza sbavature di attori capaci e mai fuori dai propri personaggi.

La straordinaria regia di Singer si concentra, infatti, molto su primi e primissimi piani, per quanto riguarda i protagonisti, sui particolari e sui dettagli. Ma I Soliti Sospetti si regge maggiormente su un’altra componente fondamentale: il montaggio.

Attraverso di esso infatti, con dei rapidi flashback e la ripetizione di sequenze già viste nella parte centrale della pellicola, verrà svelato nel finale chi sia in realtà Keyser Söze, e in che modo l’agente Kujan riesca a capirlo.

I Soliti Sospetti

I Soliti Sospetti, dunque, è un film che può essere compreso appieno soltanto dopo una seconda o una terza visione che consenta di coglierne i dettagli che potrebbero sfuggire alla prima.

D’altronde si sa, il Diavolo si nasconde nei dettagli. Peraltro, “la beffa più grande che il Diavolo abbia fatto è stata convincere il mondo che non esiste. E come niente, sparisce”.

Antonio Destino