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Robofilosofia: una nuova prospettiva del pensiero

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“Robofilosofia” potrebbe suonare come una parola uscita fuori da un racconto di Isaac Asimov o un libro di Philip K. Dick e invece sboccia in ambito accademico. Per essere precisi nasce in Danimarca, per merito di un gruppo di studiosi che hanno ritenuto indispensabile analizzare ontologicamente ed eticamente le interazioni sociali con i robot.

Johanna Seibt

Il termine è stato inaugurato nel 2014, con la prima delle Robophilosophy Conference Series. Tra le personalità di maggior rilievo in questo progetto, spicca Johanna Seibt, autrice di numerosi articoli scientifici sulla robofilosofia e teorica dei suoi punti cruciali.

Che cos’è la robofilosofia?

Iniziamo delineando cosa sia la robofilosofia e quali lacune cerca di colmare. La sua origine, in realtà, è in linea con il canone filosofico. Incertezze diffuse, confusione concettuale, problematiche attuali sono i semi da cui è germogliata. Si tratta, quindi, di un’istanza di ordine: ordine per un mercato in crescita rampante, la robotica, e per le conseguenze che genererà inevitabilmente.

Interagire socialmente con i robot è una realtà che si avvicina sempre più. Dalla sanità ai servizi pubblici al turismo, potremmo trovarci ben presto a dialogare con individui sintetici, collocati in un contesto sociale. Non si tratta dunque di apparecchiature di uso industriale, ma di veri e propri agenti umanoidi. Il robot Pepper è tra le novità più suggestive di questo settore.

Il robot Pepper

Se la comunità umana ospiterà e farà uso di una nuova classe di attori sociali, è necessario un impegno a tutto tondo per analizzare il fenomeno. La robofilosofia nasce proprio dall’intenzione di non lasciare la configurazione dei robot interamente in mano a ingegneri e programmatori. La cultura umanistica deve dare il suo contributo per plasmare e limitare la progettazione dei robot entro confini sostenibili.

Affrontando una problematica complessa come l’interazione sociale con i robot, la robofilosofia non si basa su un statuto rigido. Sono cruciali i contributi di stampo psicologico, antropologico, sociologico e altri ancora. Anzi, proprio l’interdisciplinarietà e la fluidità sono delle sue colonne portanti. L’obiettivo è modellare una forma ottimale per un tipo di rapporto che sembra inevitabile.

Una filosofia della, per e attraverso la robotica sociale

Delineiamo dunque tre punti focali di questa disciplina, seguendo le indicazioni di Seibt.

Filosofia della robotica sociale:

Il punto di partenza è un ripensamento dello statuto del soggetto. In un’interazione umano-robot cadono due assunti cruciali: che l’essere umano sia l’unico capace di interazioni sociali complesse (intendiamo, superiori a quelle animali); che l’interazione sociale sia mutuale e tra pari. Da una parte abbiamo una crescente evidenza sperimentale di individui che mostrano un coinvolgimento socio-emotivo genuino, nell’interagire con i robot. Dall’altra sarebbe ingenuo ritenere questi agenti sintetici dotati delle nostre stesse capacità. La robotica sociale necessita di un contributo filosofico proprio per delineare nuove soggettività e descrivere adeguatamente il tipo di interazione in esame.

–  Filosofia per la robotica sociale:

La necessità descrittiva ci porta al secondo punto. La robofilosofia dovrebbe fornire degli strumenti teorici e concettuali che facciano ordine nel complesso multidisciplinare in cui la robotica sociale si muove. Spesso è proprio un’incuria terminologica a creare fraintendimenti o portare a vicoli ciechi. Si fa largo uso del “come se”, sottovalutando le implicazioni ontologiche del termine “persona”. Non si possono considerare i robot “come se” fossero persone. L’interazione umano-robot, almeno per ora, è asimmetrica e va studiata come tale. Superato lo scoglio descrittivo, c’è anche da chiedersi come e in quale misura è possibile dotare i robot di determinate capacità. Si tratta di decisioni dalla portata etica significativa.

– Filosofia attraverso la robotica sociale:

Come suggerito prima, la robofilosofia dovrebbe favorire un passaggio ad una proficua interdisciplinarità, superando un taglio semplicemente multidisciplinare del settore. Nel fare questo, la filosofia deve rinunciare alla sua essenziale autonomia, che da sempre la contraddistingue. L’idea di Seibt è integrare la filosofia nel campo degli studi sulle interazioni umani-robot. Date le implicazioni della robotica, l’ingerenza della filosofia potrebbe essere un modo di perseguire uno sviluppo “sostenibile” di tali tecnologie.

Promesse e minacce della robofilosofia

La robofilosofia sembra dunque un terreno gravido di possibilità: sia per la filosofia in sé che per la comunità umana in generale. Per quanto riguarda l’aspetto filosofico, la necessità di rivisitare alcune categorie cruciali come quelle di soggetto e relazione apre nuovi orizzonti. Gli studi sugli approcci da suggerire in base al contesto o su come strutturare la mente di un attore sociale potrebbero far luce anche su meccanismi e interazioni esclusivamente umane. La robotica, sotto la lente filosofica, potrebbe essere una cartina al tornasole di alcuni fenomeni umani.

Da una prospettiva più ampia, la robofilosofia è anche un tentativo di andare oltre le diffuse “post-discipline”. Uno studio ontologico-descrittivo delle relazioni umano-robot potrebbe offrire delle linee guida fondamentali, atte a scrivere le prime pagine di un’epoca capace di lasciarsi definitivamente alle spalle la modernità.

Tuttavia, costante è il rischio di mortificazione dell’umano. L’umanità si distingue per la sua indeterminatezza e non ha uno statuto costante, perciò è sempre aperta al nuovo, ma la possibilità che l’umanità venga plasmata dalla tecnica è quantomai attuale. Non bisogna sottovalutare il binomio di novità e svalutazione dell’umano, sempre più incalzante. Già l’informatica digitale, nei suoi risvolti più radicali ed eccentrici, ha generato una (pseudo?) religione come il datismo.

L’auspicio è che la robofilosofia non ceda a prospettive post e trans-umaniste e possa tenere salda l’attenzione sull’umanità, nel nostro progredire e progettare agenti sociali artificiali.

Giovanni Di Rienzo

Bibliografia

http://conferences.au.dk/fileadmin/user_upload/Robophilosophy_entry_in_PostHuman_proofs.pdf 

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Giovanni Di Rienzo

Redattore per "La COOLtura" dal 2017, scrive di filosofia, antropologia e cultura pop. Ha conseguito la laurea magistrale in Filosofia nel 2019 presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II. Come membro dello staff, più volte ha collaborato con la fiera del libro di Napoli (Ricomincio dai libri) e con Comicon Napoli. Nel 2021 consegue il diploma in Sceneggiatura presso la Scuola Holden di Torino.

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