La chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli: l’acropoli di Neapolis

Pochi edifici come la chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli testimoniano tutte le epoche di vita della città di Napoli. La collina, impiegata come acropoli della città greco-romana, presenta tombe medievali, fortificazioni angioine e, infine, la struttura cinquecentesca che tutt’oggi la chiesa conserva.

L’acropoli di Neapolis

L’origine del sito è antichissimo. Dopo la crisi del sito di Parthenope, avvenuta nel VI sec. a.C., la città fu rifondata dai cumani col nome di Neapolis, e il centro fu spostato verso l’interno. La collina di Pizzofalcone, dunque, lasciò il posto al pianoro circondato dalle moderne Via Costantinopoli, Via Foria, Corso Umberto e Forcella. L’acropoli, che a scopi difensivi e religiosi doveva essere collocata su un’altura, fu posta sulla collina dove oggi sorge la chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli.

Le fortificazioni greco-romane

chiesa di Sant'Aniello a Caponapoli
Con un unico sguardo, conci greci e opus reticulatum romano

Al di sotto dell’unica navata della chiesa, infatti, sono tutt’oggi visibili, grazie ad una pavimentazione vitrea ma aperta al centro – un vero e proprio unicum -, i resti delle mura greche e delle fortificazioni di epoca romana.

Per distinguere le due epoche, basta osservare il tipo e la posizione dei “mattoni” all’interno della murazione. Le mura greche, di IV sec. a.C., sono costruite a partire dall’accumulo di conci rettangolari, cavati direttamente dalle pareti tufacee e sovrapposti in alternanza senza uso di malta. Le strutture di epoca romana, di II sec. d.C., sono invece riconoscibili dal disegno dell’opus reticulatum, la cui tecnica si basava sull’immersione nella malta di piccole “piramidi” dal lato della punta.

La fitta presenza di fortificazioni, ampliate durante le varie epoche, ci fa dunque intuire la funzione prettamente difensiva dell’acropoli di Neapolis, che essa non perse nemmeno molti secoli dopo. Nella zona di Largo Sant’Aniello, infatti, sorgono strutture difensive anche di epoca angioina.

Nella zona dell’acropoli sorgevano i templi delle divinità protettrici della città: probabilmente, dunque, sulla collina si svolgevano i culti di Apollo, Cerere e Diana. Durante lo scavo all’interno della chiesa sono state trovate infatti statuette votive. Viva doveva essere anche la venerazione nei confronti della sirena Partenope, il cui culto fu sentito per tutta l’antichità: dalla zona di Sant’Aniello proviene infatti anche la cosiddetta Marianna Capa ‘e Napule, cioè una testa antica della sirena, custodita oggi a Palazzo San Giacomo.

Tracce di epoca medievale, invece, si riconoscono nelle sepolture e nelle tombe scoperte in mezzo alla murazione antica.

La chiesetta medievale di Santa Maria Intercede

La storia religiosa del sito inizia nel VI sec. d.C. Si dice che nella zona dell’antica acropoli fosse collocata un’immagine votiva della Vergine, dove molti si recavano per chiedere delle grazie.

Tra i cittadini che pregavano l’immagine, denominata poi Santa Maria Intercede, vi era anche una coppia che non riusciva ad avere figli. Poco dopo la donna scoprì di aspettare un bambino: nacque così Aniello, divenuto santo, compatrono di Napoli e sepolto, secondo una tradizione, proprio all’interno della chiesa poi a lui dedicata.

La cinquecentesca chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli

chiesa di Sant'Aniello a Caponapoli
L’affresco raffigurante Sant’Aniello nel transetto destro

A partire dalla cappella costruita dai genitori di Sant’Aniello, sul nucleo originale di epoca medievale, fu in seguito progettata la struttura che la chiesa tuttora conserva. Siamo nel 1500, e il culto di Sant’Aniello godeva a Napoli di una grande popolarità: Leone X, papa Medici, ordinò di ampliare la chiesetta di Santa Maria Intercede e di dedicarla al santo.

La chiesa di epoca medievale si trasformò così nel transetto dell’ampliata chiesa rinascimentale, a navata unica circondata da cappelle. Il progetto era magnifico: fu impiegato per la decorazione bianchissimo marmo di Carrara, con l’intenzione di rievocare l’atmosfera classicheggiante che ancora si respirava sull’acropoli della città, e garantire così anche alla chiesa e al suo culto l’eternità del tempo.

Le opere d’arte conservate nella chiesa

Committente ed esecutore del progetto fu Giovanni Maria Poderico, arcivescovo di Taranto, ritratto con la Madonna, Sant’Aniello e San Cataldo nella tavola a mezzo rilievo posta sull’altare, opera di Girolamo Santacroce.

Altro capolavoro tutt’oggi conservato nel transetto sinistro della chiesa è la statua di Santa Dorotea, opera di Giovanni da Nola.

Spostato altrove ma poi ricollocato nella navata centrale è un Cristo ligneo del XII sec., uno dei sette Cristi creduti parlanti della Campania.

Il recupero e la valorizzazione della chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli

Come si può evincere dalla storia delle opere d’arte ivi presenti, la chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli ha subito ingentissimi danni e spoliazioni durante la seconda guerra mondiale e in occasione del terremoto del 1980: molte strutture sono crollate, e molte altre sono state depredate a causa dell’abbandono e della mancata custodia. Tanto, però, è stato recuperato da allora: sul finire degli anni ‘80 l’intervento della Soprintendenza di Napoli ha fatto sì che l’intera struttura – compresi gli scavi – potesse subire un importante restauro, che ha portato dopo decine di anni alla riapertura del sito, oggi affidato dallo Stato alla collaborazione tra Curia Arcivescovile di Napoli e Legambiente.

L’opera di restauro, però, non è ancora conclusa: si può contribuire visitando la chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli ogni domenica mattina, sostenendo la causa di Legambiente o favorendo progetti che contribuiscano alla valorizzazione di un sito che abbraccia e testimonia la diverse fasi della lunghissima storia della nostra città.

Alessia Amante

Sitografia:

  • http://www.chiesadinapoli.it/pls/napoli/v3_s2ew_consultazione.mostra_pagina?id_pagina=29042
  • https://legambiente.campania.it/campagne/caponapoli/

Note:

Le immagini sono state scattate dall’autrice durante una visita guidata organizzata dalla Pro Loco Capodimonte e da Legambiente.