Sul monologo di Bojack in Free churro

In Free churro, il monologo di Bojack Horsemanper l’elogio funebre alla madre è il modo per verbalizzare l’eredità-macigno che i suoi cari gli lasciano.

«You can’t rely on other people, Bojack»

Carissimo padre,
di recente mi hai domandato perché mai sostengo di avere paura di te. Come al solito, non ho saputo risponderti niente, in parte proprio per la paura che ho di te, in parte perché questa paura si fonda su una quantità tale di dettagli che parlando non saprei coordinarli neppure passabilmente. E se anche tento di risponderti per iscritto, il mio tentativo sarà necessariamente assai incompleto, sia perché anche nello scrivere mi sono d’ostacolo la paura che ho di te e le sue conseguenze, sia perché la vastità del materiale supera di gran lunga la mia memoria e il mio intelletto.[1]

(F. Kafka, Lettera al padre)

Prima o poi, ognuno di noi deve scendere a patti col passato, con i ricordi incatenati nell’abisso. Qualcuno riesce come minimo a far risalire a galla i suoi mostri, quelli di molti altri rimarranno a nuotare nei fondali più bui.

In Free churro, quando a Bojack muore la madre, dopo un periodo di demenza senile in cui lei stessa era stata travolta dai suoi angosciosi ricordi, al figlio non rimane che constatare la caducità del tempo e rimuginare su quel che è stato.

Non a caso, il viaggio di parole e immagini – che accompagna l’ultimo saluto alla madre – comincia con un flashback che ci mostra un Bojack ancora bambino, sul ciglio di una strada. Sta aspettando il padre dopo l’allenamento di calcio.

«Tua madre sta avendo un altro dei suoi “momenti”»[2] – tra le sue prime parole – e «non solo non mi ha preparato il pranzo», «ma, per di più, si è chiusa in camera da letto a strillare. Ora, una cosa è una donna che piange, ma quando lo fa a un volume tale che la senti attraverso la porta, allora sappi che lo fa solo per avere attenzione».

Free churro

Il padre di Bojack – morto da tempo – è stato uno scrittore fallito. Il suo unico romanzo ha ricevuto un’unica recensione, a causa della quale egli ha sfidato a duello il critico, ma poi è morto durante la sfida inciampando e battendo la testa su un sasso. Egli, spesso, non è riuscito a concentrarsi nel suo lavoro a causa del «figlio idiota» che sparava la TV ad alto volume. La domenica è il giorno dedicato alla scrittura, ma, secondo lui, suo figlio e quel «buco nero» che lo ha partorito cospirano per rovinargliela.

Ma «non è colpa sua», d’altronde la madre sta solo cercando di impartire al figlio una lezione di vita: «Non puoi contare sugli altri, Bojack». Questo ha imparato il padre quando ha dovuto farsi da solo il suo sandwich e questa è l’eredità-macigno che i genitori lasciano in dono a Bojack.

Durante la disquisizione del padre, mentre i due stanno tornando a casa in macchina, tra una violenta suonata di clacson e un’altra, Bojack è rimasto crucciato al finestrino, non ha saputo rispondere nulla al padre. Anche da questo episodio parte la kafkiana relazione di Bojack con i suoi cari.

«No one ever tells you when your mom dies you get a free churro»

Quando il flusso temporale della narrazione si riallaccia col presente, Bojack ci appare già incravattato sull’altare, pronto per l’elogio funebre alla madre. Da buon intrattenitore qual è, inizia il suo discorso raccontando un aneddoto che gli è capitato al Jack in the box[3]. «Ehilà! Sta passando una bella giornata?», è il gentile intercalare della commessa, seguito dal ragionamento di Bojack, in cui l’attore decide come rispondere alla sua semplice domanda:

Di solito, quando la gente mi chiede come sto, la vera risposta è «sto di merda», ma non posso dire «sto di merda» perché non ho una buona ragione per stare di merda. Quindi, se dico «sto di merda», poi loro dicono «Perché, cosa c’è che non va?», e io devo dire «Non saprei, tipo… tutto?». Quindi invece, quando la gente mi chiede come sto di solito dico «Alla grande». Ma quando la ragazza al Jack in the box mi ha chiesto se stavo passando una bella giornata, ho pensato, beh, oggi posso davvero permettermi di sentirmi di merda, oggi ho una buona ragione, così le ho detto «Beh, mia madre è morta».

Il tragico monologo esprime al meglio la condizione nella quale il cinico cavallo senziente vive: egli non riesce ad avere un rapporto quanto meno limpido con l’altro. Il suo interloquire è perennemente filtrato da contorte riflessioni che lo inducono a trattenere dentro di sé o a distorcere qualunque cosa provi.

Tranne quando – in alcuni casi – si trova di fronte alle persone con cui sa di poter instaurare qualcosa come un transfert. Questo accade, per chi conoscesse la serie, a volte con Princess Carolyn, altre con Hollyhock e altre ancora, in modo più profondo, con Diane.

In questo senso, il rapporto di Bojack con le donne ricorda vagamente quello di un Zeno che si dipana tra i ragionamenti più contorti e nevrotici per sbrogliare la matassa dei suoi rapporti personali, sempre con il cinico ma non cattivo obiettivo di ottenere quello che egli sembra volere.

Lo stesso Bojack, in questo caso, trova cinicamente un risvolto positivo alla faccenda del dire se stava “di merda” o meno: la commessa, dopo aver saputo della morte della madre, scoppia a piangere e alla fine gli offre un free churro! Tanto che Bojack chiude l’ouverture del suo elogio funebre asserendo che «mai nessuno ti dice che quando muore tua madre ti danno un free churro».

«Knock once if you’re proud of me»

Dopo aver intrattenuto il pubblico non pagante con l’aneddoto del free churro, Bojack sembra iniziare davvero – anche se con incertezza – a parlare della madre. Lo fa sin da subito col suo black humourironizzando sul fatto stesso che proprio lui stia tenendo un elogio funebre e azzardando uno scambio di scene comiche con l’organista fuori campo.

Bojack sa che, inevitabilmente, nell’elogio funebre alla madre, finirà per parlare di se stesso e di quanto i suoi cari siano stati “delle merde” con lui; così, mette le mani davanti e lo fa con una battuta che rende solo in inglese: «I don’t want to embarrass you, by making this eulogy into a me-logy»[4].

Ma «non ha senso frustare una cavalla morta, giusto?», è la domanda retorica che Bojack pone al suo pubblico e un’altra la pone direttamente alla bara della donna che lo ha partorito: «Batti un colpo se sei fiera di me». Ma i morti non parlano e con questa domanda Bojack vuole forgiare e rifare lo stucco alla sua certezza che la madre lo ha odiato. Lui, frutto di una gravidanza indesiderata e specchio per rigettare la frustrazione del suo fallimento esistenziale.

«Knock once if you love me»

Come in Kafka: «Di fronte a te avevo perduto ogni fiducia in me stesso e conseguito in cambio uno sconfinato senso di colpa»[5]. Ma addirittura in Bojack la fiducia si perde di fronte a entrambi, sia il padre che la madre, e il senso di colpa tramuta in cinismo nei confronti del mondo.

Ecco una storia. Quand’ero ragazzo, recitai un brano comico per il talent show della scuola. C’era questa giacca figa che volevo mettere perché mi avrebbe fatto sembrare Albert Brooks. Per mesi risparmiai per questa giacca, ma quando finalmente racimolai abbastanza, andai al negozio ed era andata. L’avevano venduta a qualcun altro. Così, andai a casa e lo dissi a mia madre. Lei disse: «Ti sia da lezione. Questo succede se si desiderano cose». […] Ma poi, il giorno del talent show, mia madre aveva una sorpresa per me. Mi aveva comprato la giacca. Anche se non sapeva come dirlo, io sapevo significasse che mi amava. Ora, questa è una buona storia su mia madre. Non è vera, ma è una buona storia, giusto? L’ho rubata da un episodio di Maude che vidi quando ero bambino, quando lei parla del padre.

Bojack non ha buone storie sulla madre, quello che sa sull’essere buono l’ha imparato dalle maschere che ha interpretato nella sua carriera attoriale. «In televisione, personaggi imperfetti stanno costantemente a mostrare agli altri che a loro “importa”, con questi gesti sorprendenti. E penso che quella parte di me ancora creda che quello è l’amore». In questo che è uno dei tanti passi metateatrali della serie, la recitazione assume per il protagonista un valore “salvifico”: è l’appiglio per continuare a credere, per andare avanti. «Continuo ad aspettare la prova che, anche essendo una donna difficile, mia madre, nel profondo, mi amasse». «Hey, mamma, batti un colpo se mi ami».

«I see you»

Vivere di speranze alimentate dalla finzione, però, non risolve un bel nulla. Spesso si rimane impigliati nel limbo dell’attesa e nel tentativo di dare un senso alle cose.

Free churro

Quell’ultima notte in ospedale Bojack era accanto alla madre: l’ha vista dannarsi dal dolore, l’ha vista graffiarsi la faccia dalla disperazione derivata dalla semi-consapevolezza della fine. Ha pietà di lei. È chiaro. Eppure un ultimo e interminabile dubbio lo assale: nell’unico attimo di stasi, di calma, prima del decesso, Beatrice Horseman, dalla sua bocca raggrinzita, ha articolato tre suoni che sembrano dire «I see you». Nella sua ultima asserzione prima di morire, la donna è sembrata, sì, persa nel suo delirio, ma comunque più quieta degli attimi precedenti. Allora Bojack si chiede: parlava con me? Se sì, cosa intendeva? Intendeva per caso «io ti vedo», nel profondo senso avatariano[6] del termine? Oppure solo «sei entrato nel mio campo visivo»? Oppure non parlava neanche con Bojack. Ma forse è stupido provare ad attribuire sempre un senso alle cose:

Negli anni ’90, ero in una famosa serie TV chiamata Horsin’ Around – trattenete gli applausi – e ricordo che una volta un fan mi chiese:

«Hey, uhm, sai quell’episodio dove il cavallo deve fare il discorso di incoraggiamento a Ethan, dopo che Ethan scopre che la sua cotta gli ha chiesto di andare al ballo solo perché le sue amiche stavano facendo una stupida gara di appuntamenti?

In tutte le inquadrature del cavallo, puoi vedere una tazza di caffè sul bancone della cucina, ma nelle inquadrature di Ethan, la tazza di caffè manca.

Era perché la serie voleva far passare un messaggio sulla fluttuante soggettività della memoria e su come due persone possono fare esperienza dello stesso momento in modi completamente diversi?»

E io non avevo il coraggio di dire «no, fratello, qualche tipo della troupe ha solo lasciato la tazza di caffè nell’inquadratura». Quindi invece dissi «si». E forse questa storia è come quella tazza di caffè. Forse, siamo stupidi a provare ad affibbiare un significato a tutte le piccole cose.

Nella nostra disperata smania di essere amati, spesso, quando procediamo all’affannosa lettura dei gesti che ci mandano gli altri e rigiriamo il senso di quei gesti come vogliamo, può capitare che quei gesti non significhino nulla, che siano entità semiotiche dettate dalla contingenza e dal caso.

Infatti, sul finale, Bojack, preso dal suo flusso di coscienza, sembra raggiungere almeno una verità: quella notte la madre era in terapia intensiva, intensive care unitI-S-U. Nelle sue ultime parole, Beatrice Horseman non si rivolgeva al figlio, stava solo leggendo una scritta su un muro o su una porta.

Come Zeno della morte del padre ricorderà lo schiaffo ricevuto da quest’ultimo «con uno sforzo supremo»[7], così Bojack, assieme all’immagine del volto raggrinzito della madre, ricorderà di come egli stesso avesse immaginato e sperato che le sue ultime parole fossero rivolte a lui.

«Mia mamma è morta e tutto quello che ho avuto è stato questo free churro». «Quando quella sconosciuta dietro al bancone mi ha dato quel free churro, quel piccolo atto di gentilezza mostrava più compassione di quanta me ne abbia data mia madre in una dannata vita intera».

All’improvviso, capisci che non avrai mai il buon rapporto che volevi, e fino a che erano vivi, anche se non lo ammetteresti mai, una parte di te, la più stupida, dannata parte di te, stava ancora aggrappandosi a quella possibilità. E non lo hai capito fino a che quella possibilità è svanita. Mia madre è morta e tutto è peggio ora. Perché ora so che non avrò mai una madre che mi guarda attraverso la stanza e dice: «Bojack Horseman, io ti vedo».

«Beatrice Horseman era nata nel 1938, ed è morta nel 2018, e io non ho idea di cosa volesse. A meno che non volesse ciò che vogliamo tutti: essere vista». Così termina l’elogio funebre di Bojack, figlio ereditiere delle nevrosi dei suoi cari – che le avevano ereditate a loro volta – eppure una persona leggermente migliore, che, senza spendere lacrime, a tentoni prova, con sprazzi di compassione, a capire se stesso e il mondo che gli gira intorno.

Quando non ha null’altro da dire, Bojack si allontana dall’ambone e si avvicina alla bara. La apre. Nella bara non c’è la madre. Bojack ha sbagliato funerale come aveva fatto Zeno.

Nicola De Rosa

Note

La clip iniziale di Free churro https://www.youtube.com/watch?v=YMYL8vJ30FA

[1] Franz Kafka, Lettera al padre, traduzione di Francesca Ricci, Newton Compton, Roma, 1993, p. 27.

[2] Questa e le successive da Free churro, st. 5 ep. 6 di Bojack Horseman, scritto da Raphael Bob-Waksberg, animato da ShadowMachine Films, doppiato da Will Arnett.

[3] Jack in the box è una catena di fast food americana.

[4] «Non voglio metterti in imbarazzo, facendo di quest’elogio un “ego-logio”».

[5] Franz Kafka, Lettera al padre, traduzione di Francesca Ricci, Newton Compton, Roma, 1993, p. 57.

[6] In Avatar di James Cameron, il valore attribuito alla frase «I see you», che ricorre nei dialoghi tra Jake e Neytiri, è la chiave del film.

[7] Italo Svevo, La coscienza di Zeno e «continuazioni», Einaudi, Torino, 1990, p. 60.