Ibico: un originale poeta lirico greco itinerante

Ibico fu un poeta lirico greco, vissuto nel VI secolo a.C. Nato a Reggio, colonia calcidese della Magna Grecia, fu uno dei primi poeti itineranti. Fu autore soprattutto di carmi simposiali, ma anche di epica lirica e lirica corale. Analizziamo la sua produzione e alcune curiose notizie biografiche che lo riguardano.

«Più stupido di Ibico»

ibico ritratto
Ritratto di Ibico

Secondo una tradizione, a Ibico fu offerta la tirannide della sua città, ma egli rifiutò di ricoprire l’incarico e lasciò Reggio. Da ciò deriva l’espressione divenuta proverbiale per definire gli sciocchi: «Più stupido di Ibico».

Probabilmente questa notizia è puramente aneddotica; infatti il rifiuto di svolgere il ruolo di tiranno è un motivo topico ricorrente nelle Vite di vari autori greci antichi, tra cui Empedocle. Tuttavia dal fatto che la notizia dell’offerta della tirannide a Ibico sembrasse plausibile deduciamo un dato significativo: egli era certamente di nobili natali.

Le gru di Ibico

Un altro aneddoto che ha per protagonista Ibico è quello riguardante la sua morte. Ibico sarebbe stato ucciso a Corinto da due briganti che volevano derubarlo. Nei momenti precedenti alla morte, Ibico avrebbe visto nel cielo delle gru, considerate dai Greci vendicatrici dei crimini, e si sarebbe appellato a loro. Secondo la tradizione, i briganti si erano poi recati a teatro e vedendo uno stormo di gru avevano esclamato: «I vendicatori di Ibico!». In seguito a ciò sarebbero stati individuati e giustiziati.

La tradizione è nata probabilmente dall’assonanza tra il nome dell’uccello, ibyx, e quello del poeta.

Le notizie di aggressioni da parte dei briganti a poeti arcaici sono un motivo aneddotico piuttosto frequente, forse nato in seguito all’invidia per i poeti di corte, che iniziavano a guadagnare molto dalla loro arte.

I viaggi di Ibico

Con Ibico, Senofane e Anacreonte nasce la figura del poeta professionista, abituato a viaggiare in diverse regioni della Grecia in cerca di committenti. I possibili mecenati sono soprattutto tiranni in cerca di intrattenimento ai propri simposi oppure intere comunità cittadine, in occasione di feste religiose.

Da alcuni riferimenti nelle sue poesie, sappiamo che Ibico viaggiò in diverse città siciliane. In un componimento celebra la costruzione di un molo che collegava l’isola di Ortigia alla terraferma. In un altro parla di un viaggio da Catana a Imera.

Intorno alla metà del VI secolo, Ibico si trasferì a Samo, presso la corte di Policrate (probabilmente qualche anno prima che vi giungesse Anacreonte).

I carmi simposiali

Ibico acquisì fama soprattutto per i suoi componimenti amorosi, destinati ad essere recitati nel corso dei simposi.

In un componimento citato da Ateneo, il poeta loda la bellezza di un giovinetto, Eurialo, forse seduto a banchetto alla corte di Policrate.

«Eurialo, germoglio delle glauche Grazie, gemma delle Ore chiome belle: ti crebbero tra fiori di rosa Cipride e Peithò dalle morbide ciglia»

(trad. Guidorizzi).

La Cipride Afrodite, che rappresenta l’amore, e Peithò, la persuasione, rimandano al contesto erotico. Si ritiene che il carme continuasse paragonando Eurialo ad un eroe del mito.

Un altro interessante carme è tramandato da Platone nel Parmenide.

«Nuovamente Eros di sotto alle palpebre nere mi guarda struggente e con variegate malie mi spinge tra le inestricabili reti di Cipride. Io tremo quando lo vedo venire, come un corsiero già vecchio allenato a molte vittorie contro sua voglia s’avvia alla gara dei carri veloci»

(trad. Guidorizzi).

L’oggetto di questo componimento è l’amore che colpisce anche in vecchiaia, un tema topico della lirica greca (si pensi ad esempio a Mimnermo). La metafora dell’anziano atleta che si prepara a partecipare all’agone nonostante la stanchezza è molto adatta al contesto. Infatti per i Greci l’amore è una forza divina a cui è impossibile sottrarsi, ma la vecchiaia non permette di goderne pienamente. Per questo il tono del carme è malinconico.

Tra epica lirica e simposiale: l’Encomio di Policrate

Il frammento più lungo di Ibico a noi pervenuto, tramandato da un papiro di Ossirinco, è noto come Encomio di Policrate. Fu composto in onore del tiranno di Samo o forse di suo figlio e aveva probabilmente destinazione simposiale.

Il componimento si articola in tre parti. In primo luogo, il poeta afferma di non voler cantare i tragici eventi della guerra di Troia, ma poi in effetti ne fa un elenco (secondo la tecnica della preterizione). Successivamente fa una recusatio dei temi alti ed epici e afferma che la materia del suo canto dovrà essere la bellezza di Policrate. Egli mira a rendere eterna la sua fama equiparandolo ai grandi eroi del mito:

«Insieme a loro anche tu, Policrate, avrai fama perenne di bellezza come io potrò col canto mio darti gloria»

(trad. Guidorizzi).

La particolarità di questo componimento è dovuta alla commistione di generi di cui è frutto. Ibico passa da un poemetto epico – lirico (simile a quelli di Stesicoro) alla poesia erotico – simposiale. Tale commistione è evidenziata anche dalle scelte linguistiche: gli stilemi epici sono frequenti, ma sono presenti anche dorismi, tipici della lirica corale.

Lirica corale: il ditirambo su Elena e Menelao

Una testimonianza antica ci informa che in un carme Ibico narrò il momento dell’incontro tra Elena e Menelao dopo la guerra di Troia. Il carme in questione era un ditirambo, non riconducibile all’epica ma alla lirica corale. Probabilmente, dunque, era stato composto in occasione di una festa religiosa.

ibico elena menelao
Menelao fa cadere la spada vedendo Elena

Il poeta racconta che Menelao rivedendo la moglie fu di nuovo vinto dall’amore per lei e per l’emozione lasciò cadere la sua spada. Ibico quindi ha sfruttato una versione meno nota di un celebre mito, e perlopiù lo ha fatto adoperando una struttura metrica inusuale per la materia mitica.

Serena E. Di Salvatore

Bibliografia:

  • Neri C., Lirici Greci, Età arcaica e classica, Roma 2014 (1ed. 2011).
  • Rossi L. E. – Nicolai R., Storia e testi della letteratura greca, vol. 1, Milano 2013 (1ed. 2002).