La Germania di Goethe

Il classicismo di Weimar: la rivoluzione culturale tedesca

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Con il viaggio in Italia di Goethe nel 1786 ha inizio uno dei momenti più importanti per la letteratura tedesca: il classicismo di Weimar. Questo particolare movimento tedesco si riferisce tradizionalmente al periodo in cui Goethe volta le spalle all’avanguardia letteraria dello Sturm und Drang e, al suo ritorno dall’Italia, trasforma la città di Weimar in un centro dall’intensa vita culturale.

Termine del classicismo tedesco è la morte di Schiller nel 1805. Con questo evento si conclude quel rapporto di stretta collaborazione tra i due sommi due poeti, senza il quale un classicismo tedesco sarebbe stato impensabile.

Perché “classicismo”?

Il termine “classicismo” va oltre l’ispirazione al modello antico greco-romano. Quando ci si riferisce ad un’imitazione formale di quest’epoca antica, senza discutere sui contenuti e senza cercare di adeguarli al proprio patrimonio culturale, si parla piuttosto di “neoclassicismo”. Il concetto di “classicismo” sta a indicare lo sviluppo di un sistema di norme proprie, che va oltre uno stile artistico antichizzante e che ha l’obiettivo di contribuire alla fondazione di un’identità culturale tedesca.

Il classicismo di Weimar come surrogato di patria

E’ importante sottolineare che in tutte le nazioni europee questo periodo classico coincide con una marcata fioritura politica ed economica. Al contrario il classicismo tedesco si diffuse in una Germania in forte ritardo, politicamente sottosviluppata ed economicamente arretrata, e finì per offrire un surrogato di patria.

Di conseguenza, la definizione di classicismo in quanto periodo letterario appare solo intorno alla metà del XIX secolo, quando con la sconfitta dei movimenti rivoluzionari del 1848 era definitivamente fallito ogni tentativo di unificare la Germania, sempre divisa in tante piccole entità politiche. Poiché la situazione politica non lasciava speranze, non restava altra scelta al sentimento nazionale tedesco che richiamarsi all’unità culturale.

Perché “di Weimar”?

Il poeta Wieland

Intorno alla metà del XVIII secolo il ducato di Weimar non era che uno degli oltre 300 stati di cui era composta allora la Germania. Nel 1772 la duchessa madre Anna Amalia aveva chiamato a Weimar il poeta Wieland, allora ai vertici della sua fama, come educatore del figlio. Tre anni più tardi il duca Carlo August, divenuto nel frattempo maggiorenne e principe regnante, invitò il giovane Goethe alla sua corte come collaboratore personale.

A quest’ultimo si aggiunsero un po’alla volta numerosi altri intellettuali come Klinger e Lenz, mentre nella vicina Jena trovarono posto filosofi come Fichte, Schelling e Hegel.

L’“esperimento Weimar” avrebbe potuto fallire fin dall’inizio. Infatti il giovane Goethe, nel suo periodo “stürmeriano” aveva violentemente attaccato Wieland e al suo arrivo a Weimar questo incidente non era stato dimenticato. Accadde tuttavia un fatto inaspettato: i due poeti cominciarono ad apprezzarsi e attirarono una brillante cerchia di intellettuali.

Goethe e Schiller: le menti del classicismo di Weimar

Intorno al 1800, le teste più fini dell’intellighenzia tedesca risiedevano in questa città o almeno vi soggiornarono. La presenza di Goethe come ministro per il teatro di corte garantì la possibilità di disporre di un palcoscenico per una radicale riforma della cultura teatrale. Goethe provvide a innalzare il livello musicale, a formare degli eccellenti attori (recitò egli stesso) e a mettere in scena le proprie opere e i capolavori di Schiller.

Eccellente fu il rapporto di collaborazione tra Goethe e Schiller, i veri e propri pilastri del classicismo di Weimar. Entrambi possedevano analoghe convinzioni filosofiche, artistiche e politiche e a Weimar trovarono le condizioni favorevoli per la realizzazione del loro programma di riforma culturale.

La riforma culturale…

Il programma di riforma su cui si erano accordati i due pilastri del classicismo weimariano si proponeva un ambizioso obiettivo. Il loro intento era trasformare l’uomo attraverso l’educazione culturale e preparare così il terreno alle necessarie riforme della società.

Questo programma educativo illuminista richiedeva però un confronto con la rivoluzione francese. Il classicismo di Weimar ebbe un rapporto ambiguo con questo momento di svolta epocale. Dal punto di vista politico-culturale, sia Goethe che Schiller presero chiaramente le distanze dagli avvenimenti che sconvolsero la Francia.

… e la rivoluzione francese

Goethe si considerava assolutamente un buon patriota tedesco, ma solo in senso linguistico e culturale; per tutta la vita guardò con sospetto al modo di pensare nazionalista. Data la sua mentalità conservatrice, egli si concentrò, anche in momenti di grande fermento politico, sullo studio dell’arte e della natura.

Di più difficile comprensione è l’atteggiamento di Schiller. A differenza di Goethe, il poeta nel suo periodo di Sturm und Drang aveva delle opinioni politiche ben precise e doveva senz’altro avere le idee chiare sul significato della rivoluzione francese. Quando si scatenò la tempesta del 1789, Schiller non prese nessuna posizione. Secondo Schiller non è attraverso l’agire rivoluzionario che si possono eliminare le crisi e i mali della società, bensì attraverso il paradigma culturale dell’educazione estetica alla libertà.

Pia C. Lombardi

Note

Immagine di copertina: JaKob Philip Hackert, Veduta di Villa Albani a Roma, 1779, olio su tela.

 

 

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Pia Lombardi

Laureata in germanistica, dalle scuole medie nutre una grande passione per tutto ciò che è tedesco, dalla lingua alla letteratura (un po' di meno per la cucina). A chiunque conosca, consiglia di leggere gli autori da Goethe in poi (in particolare Heinrich von Kleist). I suoi articoli per "laCooltura" vogliono sensibilizzare i lettori alla causa tedesca e avvicinarli ad autori spesso sconosciuti.

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