Affrontando la discussione sulla tesaurizzazione del sapere nella letteratura greca e latina, partiamo dall’origine: la nascita e la storia della Biblioteca di Alessandria.
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La morte di Alessandro Magno nel 324 a.C. aveva aperto ormai un’epoca nuova, l’Ellenismo: l’enorme impero conquistato dal giovane sovrano macedone, dalla Grecia fino ai confini dell’India, occupati i territori dell’Impero Persiano, a poco a poco smantellato, finì per essere al centro delle lotte tra i generali e compagni (heteroi) di Alessandro – i diadochi, ovvero ‘successori’ – per decidere le sorti del vasto impero macedone.
Tra alleanze e scontri, nell’ultimo decennio del secolo, i diadochi si spartirono i diversi territori dell’impero e vi proclamarono la propria sovranità: nascevano i regni ellenistici, grandi macchine burocratiche a capo delle quali vi era una classe dirigente greca, ma con una sudditanza costituita per lo più dalle varie popolazioni autoctone, dall’Egitto del generale Tolemeo alla Siria di Seleuco, dalla Macedonia di Antigono Monoftalmo al regno di Pergamo degli Attalidi.
Gradualmente, la cultura e la lingua greche valicarono i confini della piccola realtà della polis, per arrivare a diffondersi, tra omologazioni e sincretismo, fino ai confini orientali più estremi del mondo allora noto: è questo il significato di Ellenismo, la definizione dello storico Droysen – nell’Ottocento – di questa epoca storica, che prosegue fino alla conquista dell’Egitto da parte di Augusto (31 a.C.), l’ultimo regno ellenistico ancora in piedi.
I grandi canoni della letteratura arcaica e classica in Grecia (da Omero al teatro attico), legati all’orizzonte delle aristocrazie e delle città-stato, divennero i classici delle letterature greche nei nuovi regni ellenistici: il risultato fu una svolta nell’ambito della cultura, la nascita di nuove esigenze e nuove figure di intellettuali, alla luce delle mutate coordinate storico-politiche. Con il tramonto della polis come punto di riferimento del cittadino greco, infatti, veniva meno anche la funzione di una letteratura aurorale (scritta ma destinata all’ascolto) che si facesse carico dell’affermazione dei valori della civiltà della polis greca.
I nuovi intellettuali ellenistici, gravitanti intorno ai sovrani e alle corti più importanti, erano sapienti a tutto tondo: essi avvertirono la grande responsabilità di una salvaguardia e una trasmissione corretta e studiata della letteratura greca del passato, sentita come propria. Di qui, la nascita di grandi centri di studio e di conservazione del sapere letterario, in primis il Museo e la Biblioteca di Alessandria, sotto l’egida della dinastia dei Tolemei in Egitto (ma si ricordino anche Pergamo e Antiochia, altri due importanti centri culturali del Mediterraneo ellenistico fino a Roma stessa).
Alessandria, fondata dal giovane sovrano macedone poco dopo la conquista dell’Egitto, fu certamente il centro di produzione letteraria e di studi sulla letteratura passata più proficuo: erede culturale dell’Atene classica, proiettata sul Mediterraneo, fu crocevia di intellettuali che contribuirono al nuovo processo di riorganizzazione e tesaurizzazione del sapere, specie quello letterario. Qui, infatti, sul finire del III sec. a.C., era arrivato Demetrio Falereo.
Allievo di Aristotele insieme a Teofrasto e personaggio politico, chiamato da Tolemeo I per l’organizzazione dei volumi nella Biblioteca di Alessandria, grazie a Demetrio Falereo ad Alessandria arrivava l’esperienza della filosofia aristotelica e l’approccio del filosofo di Stagira (tra l’altro maestro di Alessandro, ma anche degli altri rampolli macedoni, tra cui lo stesso Tolemeo) verso il sapere, esplicato in opere di sistemazione della conoscenza come la Storia degli animali (tendenza ad una letteratura enciclopedica ereditata anche da Teofrasto, autore di una Storia delle piante e dei Caratteri, una raccolta di bozzetti umani tipizzati dai loro vizi).
Insomma, nella genesi della Biblioteca di Alessandria (in tal senso non sono da sottovalutare le esperienze degli archivi orientali) e della nuova cultura ellenistica, si intravvedono anche i germi dell’approccio aristotelico, che pure aveva segnato una profonda spaccatura tra una letteratura ancora legata all’ascolto ed una letteratura ormai scritta e da leggere, ma soprattutto ‘catalogica’.
Il nuovo impulso alla letteratura enciclopedica è da rintracciare proprio a questo livello: il passaggio dalla cultura aurorale della polis a quella scritta delle monarchie ellenistiche, organismi statali enormi in cui l’intellettuale non ha più spazio per mediare tra i valori di un orizzonte politico in cui si riconosceva e si muoveva e i cittadini, ma fa letteratura ‘collezionando’ nelle sue opere gli autori della letteratura passata, che egli stesso studia e cataloga nelle grandi biblioteche del Mediterraneo, rivisitandoli in chiave nuova e in una nuova concezione della letteratura stessa.
Dall’altro lato, l’ansia di chi, ormai in una dimensione intima e riservata (dettata soprattutto dalle condizioni storico-politiche), sente la necessità di risistemare e riorganizzare le tappe della conoscenza passata, nei vari ambiti, da quello letterario a quello antiquario, fino a quello scientifico: erudizione letteraria ed enciclopedismo saranno due costanti nella letteratura ellenistica ed imperiale, fino alla tarda antichità.
Francesco Longobardi
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