Callimaco e gli Aitia: un poeta per i poeti

Poeta,tu dovrai sempre offrirmi a vittima più grassa, ma il canto più esile…” sono le famose parole del prologo degli Aitia di Callimaco, poeta alessandrino che, secondo la tradizione avrebbe redatto circa ottocento libri tra poesia e prosa.

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Callimaco : modello di Catullo

Gli Aitia (in greco antico, “origini” o “cause”) sono un insieme di quattro di libri di elegie nei quali l’autore indaga sull’origine di certi miti e cerimonie. Il suo stile, inconfondibilmente colto e raffinato, ironico, mai volgare, ci descrive l’immagine di un poeta dotto, un filologo dal labor limae commovente.

Le sue opere sono le miniere d’oro dei neologismi e delle etimologie. La vitalità della lingua di questo poeta s’intreccia poi ai dibattiti letterari del proprio tempo, rendendo così gli Aitia un’opera non solo letteraria, ma anche a carattere storico.

E non abbiamo dubbio che Callimaco sia stato una personalità validamente attiva e vivace a livello socio-letterario se troviamo che a distanza di secoli, Catullo, uno dei poeti più versatili del mondo romano, abbia preso vera e pura ispirazione proprio dal poeta alessandrino. Non solo! Ma se oggi conosciamo le elegie di Callimaco è proprio perché egli fu citato innumerevoli volte e molti trassero ispirazione dalla struttura, dalla musicalità e dai significati dei suoi versi.

I quattro libri degli Aitia

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Un manoscritto degli Aitia

Gli Aitia sono suddivisi in quattro libri: il primo è fondamentale per capire quanto e come il poeta prenda le distanze da coloro che credono che solo la poesia epica, trai vari stili e generi poetici, sia l’unico degno di essere.

Come nel primo, anche nel secondo libro troviamo il dialogo del poeta con le Muse, che non appaiono come divinità fortemente distanti dalla dimensione umana, anzi, sembrano esse stesse delle “comuni” partecipanti ad una conversazione quasi informale.

Tuttavia, del secondo libro altri particolari importantissimi ci rimangono oscuri per averne perso le tracce. In una sequenza non nota, infatti, dovevano essere narrate le origini e le fondazioni di alcune città della Sicilia e la storia di Falaride, il tiranno di Agrigento.

Il terzo libro rappresenta un vero è proprio romanzo, con l’epinicio per Berenice e l’elegia di Aconzio e Cidippe. Proprio questo libro ispirerà tutti i primi romanzieri greci, che al tempo di Callimaco erano di là da venire.

L’ultimo libro, il quarto, si apre un’invocazione alle Muse, subito seguita da una serie di sedici Aitia. E proprio al termine di questo libro troviamo l’elegia sulla chioma di Berenice che certamente è conosciutissima anche tra i piccoli classicisti e letterati per l’incantevole trattazione che ne fece Foscolo, nonché la traduzione di Catullo. L’opera si chiude con il fr. 112, 9 in cui il poeta fa comprendere che da quel momento prenderà a scrivere versi satirici.

Gli Aitia: un manifesto poetico

Oggi rileggere Callimaco e soprattutto gli Aitia significa comprendere cosa significa, non molto programmaticamente, tuttavia con estrema chiarezza e raffinatezza, scrivere un manifesto poetico. Forse siamo abituati a sentirci estremamente lasciati a noi stessi quando pensiamo che nella vita vogliamo scrivere poesie. E in parte è vero: non si vedono in giro grandi maestri della poesia, pronti a lasciarsi circondare da gente che vuole imparare la poesia anche solo nei suoi aspetti più formali. Forse è anche per questo che molti oggi scrivono versi ma spesso tralasciando ciò che evidentemente caratterizza la scrittura lirica.

Gli Aitia possono essere senza considerati una “piccola” scuola di poesia che, con l’aiuto di un buon professore di lingua e letteratura greca e un po’ di lezioni di filologia, potrebbe supportarci e arricchirci nei nostri viaggi di versi.

Lisa Davide