Il capitalismo secondo Karl Marx: sfruttamento e plusvalore

La definizione marxiana di capitalismo prende le mosse da una parola chiave: sfruttamento. I caratteri fondamentali di questo sistema economico, infatti, erano già stati studiati dagli economisti politici. Questi, però, secondo Karl Marx, si erano limitati a una descrizione superficiale. Si erano fermati, infatti, all’analisi dei rapporti di scambio, cioè del mercato.

Per svelare l’iniquità del capitalismo bisogna, invece, indagare il modo in cui esso produce le merci. Così facendo, appare evidente che tale sistema economico si fonda su un’appropriazione indebita. Si tratta, per l’appunto, dello sfruttamento sfruttamento dei capitalisti ai danni dei loro operai salariati. Vediamo come avviene.

Karl Marx: dal capitale al profitto

Che cosa differenzia il capitalismo dagli altri sistemi economici? La risposta sembra banale: il capitale. Riprendendo gli economisti che lo hanno preceduto, Karl Marx lo descrive così:

Il capitale consta di materie prime, di strumenti di lavoro e di mezzi di sussistenza di ogni genere, che vengono impiegati per la produzione di nuove materie prime, di nuovi strumenti di lavoro, di nuovi mezzi di sussistenza. […] Il capitale è lavoro accumulato che serve come mezzo per una nuova produzione

Da questo processo il capitalista ottiene un profitto: guadagna più di quanto posseduto in precedenza. Karl Marx lo spiega con la sequenza D-M-D’: con un certo ammontare di denaro (D) il capitalista acquista le merci (M) necessarie per produrre i beni che, venduti, gli fruttano una somma superiore a quella iniziale (D’). Ciò costituisce quel profitto che è, in ultimo, la caratteristica fondamentale del capitalismo.

Come possono, però, i beni prodotti dal capitalista fruttare più del loro costo di produzione? Per rispondere a questa domanda bisogna considerare un altro fattore determinante: la forza-lavoro degli operai. Essa è essenziale per trasformare il denaro in capitale, poiché è l’unica “merce” in grado di produrre un plusvalore.

L’appropriazione del plusvalore

Karl Marx capitalismoLa forza-lavoro dell’operaio è, al pari degli strumenti di produzione e delle materie prime, una merce che il capitalista deve pagare. Il suo prezzo, facile da intuire, è il salario corrisposto al lavoratore, che il filosofo chiama capitale variabile. Assieme al capitale costante, ovvero la somma spesa per gli altri fattori produttivi, esso rappresenta i costi sostenuti dal capitalista per la produzione. La forza-lavoro ha, però, un’importanza fondamentale. Senza gli operai, infatti, strumenti e materie produttive non potrebbero essere impiegati.

Le merci prodotte dai lavoratori presentano un valore che supera quello del loro salario. Se, ad esempio, un operaio è pagato £20,00 per 10 ore di lavoro, i beni da lui prodotti nello stesso tempo varranno un po’ di più, ad esempio £25,00. Questo significa che, quando il capitalista li venderà, £20 corrisponderanno al salario che deve pagare, e quindi non gli frutteranno nulla, ma le restanti 5 costituiranno un ulteriore profitto. La retribuzione degli operai è dunque inferiore rispetto a quanto dovrebbe essere. La differenza tra questo e il loro salario costituisce, appunto, il plusvalore. Per dirla con le parole del filosofo, il plusvalore è “l’eccedenza del prodotto sulla somma dei valori degli elementi della sua produzione”.

Le varie forme di sfruttamento nel capitalismo secondo Marx

Possiamo capire, allora, in cosa consiste lo sfruttamento del capitalismo. Esso si basa sul fatto che, per Karl Marx, l’appropriazione del plusvalore da parte del capitalista è illecita. L’operaio, infatti, con il suo lavoro arricchisce qualcun altro.

Più precisamente, lo sfruttamento può avvenire in due modi: aumentando il plusvalore assoluto o diminuendo il plusvalore relativo. Il primo consiste nello sfruttare al massimo la forza-lavoro dell’operaio, allungandone la giornata lavorativa. Ciò, però, si scontra sia con la prevedibile reazione dello sfruttato, sia con i suoi limiti fisici.

La seconda strada consiste nel diminuire il plusvalore relativo. Questo corrisponde al tempo di lavoro necessario a reintegrare il salario. Se l’operaio, infatti, costa £20,00 per dieci ore e produce in un’ora singola £2,00 di beni, è evidente che impiegherà tutta la giornata per risarcire il capo del suo costo. Se, però, quest’ultimo gli fornisce strumenti con i quali raddoppiare la sua produttività, allora egli impiegherà la metà del tempo (cinque ore per £4,00) per reintegrare il suo salario e la restante parte della produzione giornaliera (qui, altre £20,00) sarà esattamente il plus-valore destinato al capitalista.

Secondo Karl Marx, questo è stato il modo più comune di perpetuare lo sfruttamento da una certa epoca del capitalismo (primi decenni dell’Ottocento circa) in poi.

Francesco Robustelli

Bibliografia

Jedlowski, Il mondo in questione,  editore Carocci, 2009.

K. Marx, Lavoro salariato e capitale, 1849, it.1970

Lentini, Saperi sociali ricerca sociale 1500-2000, editore Angeli, 2003.

Abbagnano, Fornero, Ricerca del pensiero vol.3A, editore Paravia, 2010.

Fonte Media:

L’immagine di copertina è ripresa da www.hamptoninstitution.org