Foucault – la risposta alla domanda: è morto l’uomo?

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Foucault è stato un impostore, come sostiene un recente saggio di Jean-Marc Mandosio? Si può dimenticarlo, come asserisce Dimenticare Foucault di Jean Baudrillard, osservando l’annientamento dei nuclei di potere? Di che natura, l’impostura, ammesso ve ne sia stata una in perfetta malafede? Chiaro che un’osservazione assennata sul travaglio foucaultiano sia non soltanto tollerabile, ma pure auspicabile. È certo dalla critica che si può comprendere meglio l’opera di un autore, osservarne risvolti altrimenti silenti, inscenarvi un dialogo: i testi necessitano d’un anelito di vita. Con essi ci si comporta da impavidi, si discute accalorandosi e a volte lasciandosi andare alle minacce: se non parli, ci accendo il camino, con le tue pagine! A volte, terrorizzati dal fuoco che tanto ricorda loro alcuni frammenti di Eraclito, i testi parlano.

Perché alcune figure e non altrimenti altre?

È tuttavia necessario proporre un interrogativo: cosa osserva lo sguardo di Michel Foucault? Se v’è un’impostura è allora di molti tra i foucaultiani, i quali hanno preferito credere che il suo non fosse che lo sguardo del pietismo verso l’emarginazione di alcuni raggruppamenti sociali. Alcuni sono internati nell’Hôpital General; altri, folli, liberati dall’alienista Philippe Pinelaltri ancora, reclusi e senza sosta scrutati nel Panopticon prospettato da Jeremy Bentham.

Insomma, Foucault non sarebbe che l’ennesimo umanista preoccupato di sbarazzarsi della trama del potere. Un sociologo, dunque, con un bizzarro strabismo per la storia? Insomma: perché alcune figure e non, altrimenti, altre? Certo è che tali figure rimandano al loro rovescio, alla totalità dell’agglomerato sociale dove ricomporre la sintesi delle parti. Un genealogista, forse, con un trasporto senza precedenti per la sociologia?

Una monadologia foucaultiana?

Per chi abbia conosciuto Foucault anche solo per caso, è noto che la sua opera più celebre è certo Storia della follia nell’età classica, il cui esordio è il progetto di tracciare una storia di «quell’altra forma di follia che rinchiude il prossimo in manicomio». Così l’intero lavoro foucaultianoSorvegliare e Punire è la storia della nascita della prigione; La storia della sessualità, quella di un dispositivo di confessione il quale tenga insieme l’oscenità del corpo e la messinscena del linguaggio.

Un fine lettore di Foucault, il filosofo Gilles Deleuze, ne legge l’opera attraverso l’avvento di un tipo di ragione non più costituita dalla sintesi di due istanze alla maniera hegeliana – Tesi e Antitesi -, bensì come l’assemblaggio di tipi del ragionevole, i quali operano completamente dentro i confini della particolarità. È ancora un collega di Foucault, lo storico di culture antiche Paul Veyne, difatti, ad avvicinarne l’opera a quella di Gottfried Leibniz, teorizzatore della Monadologia, osservata nell’opera di Foucault dentro il reticolo dello spazio sociale. Insomma, se proprio bisogna ritrovare unità nell’opera foucaultiana si può farlo a patto di conformare l’unità hegeliana in un reticolo di esistenze singolari. Eppure, chiunque abbia mai incontrato l’opera di Foucault ne avrà certo considerato il bizzarro metodo: folli, criminali, onanisti; quale sguardo è concesso loro?

Il bizzarro metodo di Michel Foucault

“Las Meninas” di Diego Velasquez (1656) è l’opera attraverso la quale Michel Foucault propone una nuova teoria della rappresentazione in “Le parole e le cose”.

Quello degli esistenzialisti, forse, il quale scrutava un individuo capace con la propria intera forza, quasi mistica, di agire sul mondo? Tra la Nascita della clinica, appendice alla Storia della follia Sorvegliare e punire, Foucault prepara due opere metodologiche, vale a dire Le parole e le cose L’archeologia del sapere, per cui bisogna «sostituire l’analisi della rarità alla ricerca della totalità, la descrizioni dei rapporti di esteriorità al tema del mondo trascendentale, l’analisi dei cumuli alla ricerca dell’origine».

Le parti a dispetto del tutto, dunque; ma quali, le parti di cui Foucault tenta di fare l’archeologia? Di quale forma? Ancora una citazione dell’Archeologia sopravviene in aiuto: «il documento è un monumento». Nella trama d’un documento, la dispiegazione dell’esistenza umana, la quale è annientata dall’avvento delle scienze umane. Il soggetto, smarrito nella complessa selva della propria esistenza, si ritrova invischiato in una polifonia di narrazioni, le quali, di fatto, lo producono.

Una sintesi fra le tesi

Ancora, tale lavorìo si risolve dentro un meccanismo le cui architetture sono conformate non soltanto da proposizioni effettive, formule pronunciate, espressioni di buona educazione, ma pure – e forse soprattutto – dal profilo dell’assenza. La pura asserzione sostituisce ognuna delle parti del discorso, le riscopre atomizzate in un discorso che sembra giammai avvenuto e che invece avviene incessantemente.

«La tastiera di una macchina per scrivere non è un enunciato; ma proprio questa stessa serie di lettere A, Z, E, R; T, enumerata in un manuale di dattilografia, costituisce l’enunciato dell’ordine alfabetico adottato dalle macchine francesi», scrive Gilles Deleuze. È l’enumerazione del puro enunciato a conformarlo come degno d’interesse discorsivo. È nel corso del proclama L’ordine del discorso, esordio di Foucault al Collège de France pronunciato nel 1970, che l’autore avvicina pericolosamente la tesi linguistica a quella umanistica, sostenendo la prossimità del discorso e dell’istituzione. «Basta pensare», aggiunge, «a tutta la rete di istituzioni che consente a qualcuno – medico, psicanalista – di ascoltare questa parola e che consente al paziente, di venir a portare, o a trattenere disperatamente, le sue povere parole».

Dentro la parola si conforma allora l’esistenza autentica del soggetto, una parola che può tuttavia essere pronunciata perché confinata nel perimetro di una pagina.

Antonio Iannone

Bibliografia
G. Deleuze, Foucault, tr. it. P. A. Rovatti – F. Sossi, Cronopio.
H. L. Dreyfus – P. Rabinow, La ricerca di Michel Foucault. Analitica della verità e storia del presente, tr. it. D. Benati et al., Ponte alle Grazie.
M. Foucault, Storia della follia nell’età classica, a c. di M. Galzigna, Rizzoli Editore.
ID, L’archeologia del sapere. Una metodologia per la storia della cultura, tr. it. G. Bagliolo, Rizzoli Editori.
P. Veyne, Foucaut. Il pensiero e l’uomo, tr. it. L. Xella, Garzanti.

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