Elsa Morante: la trama e l’analisi del racconto “Il compagno”

Elsa Morante (1912-1985) pubblica la raccolta “Lo scialle andaluso” nel 1963 anche se molti di questi testi risalgono alla gioventù dellautrice romana. Già in questi racconti prendono forma i temi dominanti che caratterizzano la scrittura di Elsa Morante: il fragile confine tra sonno e veglia, reale e fantastico, inganno e disillusione. I racconti di Elsa Morante appaiono quasi come fiabe nere con un finale quasi incerto, suggerito e dove molto spesso il mondo è rappresentato dal punto di vista di bambini e ragazzini. Apparso per la prima volta nel 1940, il racconto “Il compagno” fa parte della raccolta “Lo scialle andaluso” che Elsa Morante pubblicherà nel 1963.

“Il compagno” di Elsa Morante

Il breve racconto tratta di inganno e disillusione, dell’adorazione e del disprezzo, del tradimento e della devozione: sentimenti forti e profondi che animano i protagonisti della storia.

La vicenda è narrata dal protagonista Augusto, un ragazzo di tredici anni, il quale vive un’esperienza che riguarda un suo compagno di scuola, Arcangelo, ragazzino di bell’aspetto e che appariva di famiglia benestante. Tutti i giorni veniva a prenderlo a scuola una donna che il ragazzino presentava come la sua serva.

“Il compagno era così viziato dalla natura, che nessuno di noi dubitava lo fosse anche dalla fortuna. Certo egli era il più ricco di noi tutti. Aveva i capelli ben pettinati, graziose cravattine, e i libri di scuola rilegati con un bel cartone rosso lucido. Nessuno di noi si riteneva degno di essere ammesso alla sua casa; che, senza averla vista, ci immaginavamo regale. Tutti i giorni veniva a prenderlo una donna che, a quanto egli diceva, era la sua serva.”

Augusto comincia a provare una profonda ammirazione per Arcangelo, il quale, però, un giorno viene interrogato. Mentre si  avvicina alla cattedra tutti notano il suo aspetto spaventato, infatti scoppia in un pianto “strano”.

“Strano perché non era liberatore e spontaneo, come quello degli altri ragazzi dell’età sua, ma faticoso, amaro come quello degli adulti il cui dolore è impietrito e senza scampo”

La farsa

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Solo il giorno successivo Augusto e gli altri compagni scoprono la verità: la madre di Arcangelo, che si scoprì essere la serva che lo veniva a prendere, era morta. Il ragazzo ne aveva nascosto l’identità perché si vergognava della sua povertà. Così, la farsa eccita il disprezzo di tutta la classe nei confronti del compagno menzognero, ma non possono vendicarsi in alcun modo perché Arcangelo non va più a scuola e perché ormai orfano lavora nella bottega di suo zio.

Un giorno Augusto entra per caso in quella bottega e Arcangelo si accorgendosi dello sdegno nello sguardo del suo vecchio compagno lo insulta “sgobbone”, ma la risposta istintiva di Augusto non si fa attendere che gli dà del “figlio di serva”. L’episodio si rivela una ingenua ed istintiva reazione di un ragazzino comunque sensibile, infatti Augusto si pente seduta stante di aver detto quelle parole e la sua rabbia e la sua voglia di vendetta si assopiscono.

“Da allora non l’ho più visto né ho più sentito parlare di lui; ma ancora oggi, malgrado il mio disprezzo, il mio sentimento per quel compagno è tale che, se lo sapessi in prigione (non so perché la mia mente si ferma su questa ipotesi come sulla più verosimile), sarei pronto a prendere il suo posto purché lui venisse liberato.”

Due personaggi

La narrazione di questo racconto di Elsa Morante segue lo schema del racconto tradizionale: viene presentata una situazione iniziale, messa in crisi da un evento che la modifica del tutto o in parte e che costituisce il momento di massima tensione, l’apice della narrazione stessa. Il tempo della storia non è definito: non ci sono date, né riferimenti temporali precisi, unico indizio è l’età del narratore all’epoca dei fatti. Il narratore tiene accuratamente distinti un prima e un dopo rispetto all’evento cruciale

Elsa Morante

Il punto di vista è quello del narratore interno, testimone dei fatti, coinvolto nella vicenda narrata: la figura del compagno rivive infatti attraverso il ricordo che fornisce lo stesso Augusto. Nel racconto Elsa Morante fa evolvere i due personaggi principali in maniera del tutto imprevista. Il narratore interno, Augusto, si presenta in relazione ed in funzione del compagno al quale si rapporta continuamente, prima in positivo e poi in negativo.

Il prima e il dopo della storia coincidono con un prima e un dopo dei personaggi. Nella prima parte il compagno è una figura dai tratti angelici, ben vestito e curato nell’aspetto, dai modi altezzosi tipici di ricchi; la sua persona è circondata da un’aura di sacralità. Nella seconda parte il compagno si rivela un ingannatore, che si è fatto credere per ciò che non era arrivando persino a rinnegare la propria madre.

La verità

Quando la menzogna viene scoperta e ogni velo cade i due personaggi rimangono a nudo, uno di fronte all’altro: nella bottega, in cui la vicenda si conclude, la vendetta si compie amara e implacabile. Poche parole affilate come spade, colpiscono e feriscono senza pietà, in un rapido e definitivo duello. Tuttavia, se la viltà del compagno rimane punita, gli antichi sentimenti si rivelano più forti del disprezzo: Augusto si allontana per non cedere alla pietà che lo porterebbe se ne fosse necessario a un sacrificio.

Maurizio Marchese

Fonti:

Elsa Morante, Lo scialle andaluso, Einaudi, Torino, 2007

Elsa Morante, Lo scialle andaluso, Mondadori, Milano, 1988