Il mare nella letteratura: dall’Odissea a Elsa Morante

«Quando si varca l’arco d’ingresso al tempio dei sogni, lì, proprio lì, c’è il mare».

(Luis Sepulveda, Incontro d’amore in un paese di guerra)

Nell’immaginario collettivo consideriamo il mare un simbolo di libertà, forse l’unico luogo dell’universo non ancora completamente conosciuto. Questa vasta distesa di acqua salata possiede la rara capacità di emozionare a prima vista: l’arancio-porpora di un tramonto che si dispiega sui flutti marini fino a suggellare un romantico bacio, o il risveglio di un’alba d’inverno, quando il sole emerge dalle onde, come una timida sirena. Che poesia la marea! Un’opera d’arte costantemente alla portata del suo poco attento spettatore. Eppure, esso giace nelle pagine di letteratura come un amante esperto e silenzioso, e fa eco a molte leggende, trasportate dalle onde fino ai nostri giorni.

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Il mare e i suoi volti: i ritratti della letteratura

La sensazione di sconfinatezza, l’affascinante mistero dell’ignoto, ha reso il mare uno dei topoi più ricorrenti della letteratura di tutti i tempi. Un luogo dell’anima, all’interno del quale lo scrittore ha riposto sogni, speranze, paure, nostalgie. E’ nella letteratura un protagonista senza voce, che agisce pur restando ai margini della storia. È ciò che sgorga dalle pagine e, allo stesso tempo, ci riporta in quelle stesse, cullando la nostra immaginazione con il movimento delle onde.

Nella notte dei tempi, era considerato espressione della potenza divina: tempeste e maremoti rappresentavano l’ira funesta degli dèi, abbattutasi sui mortali come punizione per i propri peccati. L’esempio più lampante proviene dalla Bibbia con il mito del diluvio universale, come leggiamo dal libro della Genesi 7, 1-4:

1 Il Signore disse a Noè: «Entra nell’arca tu con tutta la tua famiglia, perché ti ho visto giusto dinanzi a me in questa generazione. […] 4 Perché tra sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; sterminerò dalla terra ogni essere che ho fatto».

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Anonimo Fiorentino, Naufragio della nave di Ulisse, 1390 circa

Nella letteratura classica, esso è considerato l’ostacolo che l’eroe deve superare: così Ulisse è destinato a naufragare a causa dell’ira di Poseidone, prolungando il sentimento di nostalgia per la famiglia e per la patria. Il capovolgimento degli eventi narrativi è affidato al mare, personificazione dell’insidia e dell’ignoto. Attraverso la letteratura esso racconta e si racconta, offrendo al lettore le mille sfaccettature dell’universo.

Nel Canto XXVI dell’Inferno, Dante utilizza la metafora del naufragio come castigo per tutti coloro che sogliono superare i confini consentiti: lo scibile umano è delimitato dalle famigerate Colonne d’Ercole, al di là delle quali l’essere mortale subisce l’ira divina, rappresentando, in chiave cristiana, il destino dei peccatori di presunzione.

Il monito dantesco viene superato nel Medioevo, quando al mare è attribuito il significato delle possibilità: l’esplorazione di nuove terre consente all’uomo di aggiornare le sue conoscenze, affrontando le onde con la determinazione di superare l’ostacolo. Il Milione di Marco Polo è il resoconto di questi viaggi alla scoperta di mondi lontani, volendo sfidare l’ignoto, con tutte le sue insidie e i suoi misteri.

Il mare si connatura di quei sentimenti di libertà soprattutto con gli ideali romantici, stabilendo che allo spirito umano non esistono barriere: “e il naufragar m’è dolce in questo mare”, scrive Leopardi, lasciandosi ispirare dal senso di smarrimento di fronte all’infinita distesa di acqua e dolcezza.

Il lato oscuro dell’uomo, la tempesta interiore e la sfida della natura si percepiscono nell’opera di Melville: la caccia alla balena bianca in un mare di timori e volontà di affermare se stesso conduce all’inevitabile destino di morte, in un mondo che l’uomo subisce impotente.

L’amore per l’oceano, per la vita avventurosa ed entusiasmante che spinge l’uomo a solcarlo e ad affrontarlo, si avverte nelle opere di Verne. In Ventimila leghe sotto i mari, l’autore fa navigare i suoi personaggi fra incontri con mostri marini e descrizioni affascinanti, trovando ispirazione tra le onde.

Alla fine dell’Ottocento, lo scenario marino fa da sfondo al verismo delle pagine di Verga: se da un lato le sue creature trovano sostentamento nel mare, dall’altro esso rappresenta l’altro lato dell’esistenza.

Il naufragio della “Provvidenza” ne I Malavoglia, con a bordo beni e uomini, è il simbolo di questa ambivalenza, del dualismo vita – morte, in un mondo nel quale non c’è posto per l’idealismo romantico, ma l’uomo è soggetto alle leggi della natura.  Il parallelismo tra l’uomo e l’infinità del mare in un rapporto contrastivo di odi et amo, si esplicita con Baudelaire nei versi L’uomo e il mare:

Sempre il mare, uomo libero, amerai!
perché il mare è il tuo specchio; tu contempli
nell’infinito svolgersi dell’onda
l’anima tua, e un abisso è il tuo spirito
non meno amaro.

Godi nel tuffarti in seno alla tua immagine;                                                                                                                   l’abbracci con gli occhi e con le braccia, e a volte il cuore
si distrae dal tuo suono al suon di questo
selvaggio ed indomabile lamento.

Discreti e tenebrosi ambedue siete:
uomo, nessuno ha mai sondato il fondo dei tuoi abissi;                                                                                             nessuno ha conosciuto, mare, le tue più intime ricchezze,                                                                                         tanto gelosi siete d’ogni vostro segreto.

Ma da secoli infiniti senza rimorso né pietà lottate
fra voi, talmente grande è il vostro amore
per la strage e la morte,                                                                                                                                                     o lottatori eterni, o implacabili fratelli!

Il rapporto di somiglianza uomo – mare espresso nelle prime tre strofe sfocia in una condizione di antagonismo, pur mantenendo quel legame “intimo”, ora connotato dagli effetti negativi evocati dalla morte. Al mare molti poeti hanno affidato i sentimenti della propria anima; da Saba, che in Ulisse lega la sua esistenza al mare già dall’infanzia, a Quasimodo, il quale soffre per un amore ormai lontano, rievocato dall’eco del mare associato alla voce della memoria in S’ode ancora il mare, fino alla dimensione mitica e genuina dell’isola di Procida, offerta dalla Morante nel suo romanzo di formazione L’isola di Arturo.

Mare è tutto ciò che percepiamo dell’esistenza: vita, morte, solitudine, nostalgia, amore, sofferenza. E’ l’amico al quale confidiamo parole che non diremmo mai.

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Giovannina Molaro

Bibliografia:

M. Caruso, Il mare in letteratura, in Lega Navale, Marzo – Aprile 2014

Sitografia:

http://www.animamediatica.it/animamediatica/index.php?option=com_content&view=article&id=94:il-mere-nella-letteratura-italiana&catid=13&Itemid=119&lang=en