Quasimodo: solitudine e incomunicabilità in Ed è subito Sera

QuasimodoCol titolo Ed è subito sera Salvatore Quasimodo pubblicava nel 1942 l’insieme delle poesie già comprese nelle precedenti raccolte “Acqua e terre”, “Oboe sommerso” e “Erato e Apollion”. I celebri tre versi, nell’edizione del 1930 di “Acque e terre”, costituiscono l’ultima strofa della poesia ben più lunga “Solitudini”.

“Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di Sole:
ed è subito sera.”

La solitudine caratterizza l’esistenza dell’uomo, che per Quasimodo trascorre in un baleno, con la stessa rapidità con cui tramonta la luce del giorno; quando giunge la sera, che simboleggia il tramonto della vita, si avverte di non aver saputo cogliere il senso dell’esistenza.

Ed è subito sera: soli in mezzo agli uomini

LQuasimodo Ed è subito Sera’uomo, solo in una dimensione di attesa e speranza, è trafitto dal raggio di sole che sembra per un attimo riportarlo a capire se stesso e il mondo, ma l’illusione crolla col giungere della sera e la presa di coscienza della sua fragilità.

Con linguaggio essenziale e scarno Quasimodo vuole restituire alla parola poetica la sua primitiva carica espressiva, logorata dalla lunga tradizione letteraria. La poesia, libera dalla retorica tradizionale, si propone, nella sua intensità e purezza, senza fine estraneo alla poesia stessa, che è ora tesa ad evocare, a suggerire più che comunicare, con largo uso di metafore, analogie, sinestesie, secondo la lezione del simbolismo francese.

Inoltre l’incisività del testo è resa più efficace dal gioco delle allitterazioni e delle assonanze. In questi tre versi Quasimodo esprime una profonda concezione pessimistica: la condizione di solitudine e di incomunicabilità dell’uomo, la brevità della gioia e la caducità della vita.

Ognuno, solo e trafitto..

La poesia si divide in tre momenti scanditi dai tre versi; l’ “Ognuno” allude alla condizione universale, e l’aggettivo “Solo” indica una solitudine senza scampo, accentuata dalla presenza di parole monosillabiche o tronche. La solitudine è un destino comune a tutti, una condizione esistenziale in quanto l’uomo non riesce mai pienamente a comunicare con gli altri.

Il secondo verso allude all’impossibilità per l’uomo di essere felice e la breve gioia è appena un raggio di sole nella desolata esistenza. Con “trafitto”, Quasimodo indica i benefici e il dolore che la luce causa contemporaneamente: un raggio di sole gli rivela la consonanza con la creazione, ma sempre in modo doloroso e immediatamente spegnendosi.

Il terzo, ed ultimo verso, accentua con la sua rapidità la drammatica conclusione: la constatazione della precarietà dell’esistenza e il fulmineo sopraggiungere della sera; tutto passa velocemente ed arriva la fine, la sera e dunque la morte.

Il testo tagliato da Quasimodo

Nella raccolta “Acqua e terre” del 1930, precedente alla pubblicazione di “Ed è subito sera”, Quasimodo inserì una composizione dal titolo Solitudini, la breve lirica di cui si è già parlato non è altro che l’ultima strofa della ben più lunga prima versione.

“Una sera: nebbia, vento,
mi pensai solo: io e il buio.

Né donne; e quella
che sola poteva donarmi
senza prendere che altro silenzio,
era già senza viso
come ogni cosa ch’è morta
e non si può ricomporre.

Lontana la casa, ogni casa
che ha lumi di veglia
e spole che picchiano all’alba
quadrelli di rozzi tinelli.

Da allora
ascolto canzoni di ultima volta.

Qualcuno è tornato, è
partito distratto
lasciandomi occhi di bimbi stranieri,
alberi morti su prode di strade
che non m’è dato d’amare.

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.”

Sulla via dell’ermetismo

Tagliando quattro delle cinque strofe alla poesia originaria per motivi di ordine estetico e culturale, Quasimodo si avvicina ai canoni dell’Ermetismo e quindi alla ricerca di nuovi moduli espressivi.

Il primo elemento di differenziazione è rappresentato dal tono narrativo del testo originario, organizzato in una fabula, ossia in un nucleo narrativo, che si circostanzia in una determinata situazione temporale della prima strofa (una sera…la notte e il buio) e nella esplicazione dei motivi di solitudine del poeta: la morte della madre, il distacco e la perdita dei luoghi cari come la casa natia, estraneità, rispetto a persone e cose presenti.

Una solitudine che non ha, pertanto, un valore assoluto, estensibile a tutto il genere umano in quanto connaturata alla sua condizione. La versione originaria i tre versi concludevano il discorso solitudine individuale, così isolati assumono invece un significato diverso, allargando a una dimensione cosmica il dolore e la solitudine.

Maurizio Marchese

 

Fonti:

Salvatore Quasimodo, Poesie e discorsi sulla poesia, Mondadori, Milano, 1997

Salvatore Quasimodo, Tutte le poesie, Mondadori, Oscar Grandi Classici, 1994