Il mais: gli utilizzi del granturco per l’umanità

Il mais (nome scientifico Zea mays) è una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Graminacee. È originaria del Messico centrale, e le popolazioni di quei luoghi la domesticarono fin dalla Preistoria. Attualmente il mais si coltiva in principalmente America, ma è diffuso anche in molte altre parti del mondo, in zone tropicali e temperate.

Il mais ha un fusto robusto, pieno (il midollo), foglie ampie e fiori monoici. Infatti, presenta un’infiorescenza maschile, il pennacchio, che termina a pannocchia; e molteplici infiorescenze femminili, le spighe a spadice, spesso definite impropriamente “pannocchie”. Ognuna di queste è avvolta da brattee, foglie protettive che si inseriscono in ciascun nodo della metà superiore, dal nome “cartoccio”, da cui fuoriescono gli stili (barbe).

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Didascalia immagine: Foto di pannocchie di mais dai chicchi multicolori. Fonte pixabay.com.

Ogni pannocchia presenta una parte superiore ingrossata dal nome di “tutolo”, sul quale ci sono, in numero variabile, delle file doppie di fiori femminili, dai quali si svilupperanno i frutti. Il frutto del mais è il granello (o cariossidi), comunemente chiamato “chicco di mais”, e rappresenta la parte edibile.

Tante sono le classificazioni delle specie agrarie di granturco e le sue varietà. Ognuna di queste può presentare granelli di diversi colori, e alle volte addirittura un mix di tonalità cromatiche. I chicchi possono essere gialli, bianchi, rossastri, rosso vinoso, viola, marroni, quasi neri, blu e multicolori.

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Didascalia immagine: Foto di un campo di piante di mais. Fonte pixabay.com.

L’argomento di questo articolo verterà principalmente su una breve presentazione biologica del granturco.

Il mais

Mais è una parola che deriva dallo spagnolo “maíz”, che a sua volta viene dalla lingua indigena caraibica taino “mahis”. Il mais in America centro-meridionale è da sempre per i popoli nativi uno degli alimenti base della loro dieta.

Nella lingua italiana esistono moltissimi sinonimi per indicare questo cereale. Uno dei più diffusi è “granturco” (o “granoturco”), – dove l’aggettivo “turco” era inteso nel senso di  di “grano esotico”, in contrapposizione al grano duro (Triticum aestivum). Questo perché giungeva sul continente europeo dal Nuovo Mondo, che si riteneva soprattutto all’epoca coloniale un luogo esotico. Altri sinonimi italiani di mais sono frumentone, melica, meliga, grano siciliano, grano d’India, formentone, granone, formentazzo e pollanca. Alcuni di essi sono ad uso dialettale.

Gli utilizzi e le funzioni del mais

Gli impieghi che si fanno del mais sono diversi. Principalmente questo cereale è utilizzato come alimento umano o animale, per la produzione di olio, di amido, di bevande, di gas combustibile e di materiali biodegradabili.

Anche se è possibile consumarlo al naturale, talune varietà vengono trasformate, mediante lavorazione, in fiocchi (corn flakes) o in prodotti soffiati (popcorn). Attraverso la macinazione dei chicchi si può ottenere della farina con cui fare ad esempio del pane, degli stufati o dei dolciumi. Dalla fermentazione si possono ricavare delle bevande, sia alcoliche che non.

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Didascalia immagine: Foto di fiocchi di mais o corn flakes. Fonte pixabay.com.

Tramite dei procedimenti chimici si estraggono olio ed amido, alcuni prodotti cosmetici e farmaceutici, bevande energizzanti e gas combustibili. Negli ultimi anni con il mais si producono anche materiali biodegradabili, in alternativa alla plastica.

Integrare il granturco nella propria dieta può portare ad alcuni benefici per la salute. Infatti il mais contiene una buona quantità di carboidrati ma non è consigliabile nutrirsi esclusivamente di questo alimento in quanto contiene poche sostanze nutrienti. Il mais è ricco di fibre, sali minerali e di vitamine. È ottimo per le persone affette da disturbi gastrointestinali e cardiovascolari. Ha proprietà diuretiche, antiossidanti, energetiche e cicatrizzanti. Si dimostra una valida fonte di carboidrati per le donne in gravidanza e le persone anemiche. Secondo alcuni studi, sembrerebbe un buon e stimolante per la memoria.

Aiuta a prevenire l’insorgenza di malattie degenerative, cancerogene, diabetiche e a ridurre il colesterolo. Ha anche delle proprietà benefiche per la pelle. Inoltre, la scarsa presenza di allergeni fa del mais una buona scelta alimentare per le persone che soffrono di malattie o di intolleranze alimentari. Non contiene glutine, perciò è adatto a persone che ne sono intolleranti come i celiaci.

Breve digressione sul mais in Europa

Cristoforo Colombo scoprì il mais a Cuba nel 1492 e lo portò in Europa. Esso si diffuse dall’inizio del XVI secolo, prima in Spagna, Portogallo, Francia, Italia e poi gradualmente in tutto il continente. A lungo però il suo ruolo nell’agricoltura e nell’alimentazione europea restò secondario. Inizialmente la sua funzione principale era quella di foraggio per gli animali e soltanto in seguito divenne anche un nutrimento umano.

Questo fu dovuto principalmente alle carestie che colpirono l’Europa soprattutto nel XVIII secolo e che resero necessaria l’adozione di coltivazioni più produttive tra cui quella del mais. Così questa finì per sostituire in larga parte cereali che si consideravano inferiori, cioè adatti ai poveri come l’orzo ed il miglio. Alcuni contadini non furono contenti di questo perché temevano un peggioramento delle condizioni di vita che poi purtroppo ci furono.

In alcune zone il mais divenne la coltura principale ed alimento quasi unico delle popolazioni delle campagne, ad esempio sotto forma di polenta. Queste diete però soltanto a base di granturco presentavano una carenza di alcune vitamine assimilabili che provocarono a queste persone alcune malattie tra cui la pellagra. Tale condizione diventò in Europa soprattutto tra l’Ottocento e l’inizio del Novecento emblema di povertà.

Questo era dovuto al fatto che i coloni europei che diffusero nel continente il granturco ignorarono un importante processo di lavorazione che evitava le conseguenze di tali malattie.

Tale procedimento del mais in America centro-meridionale era la “nixtamalizzazione”. Questo consisteva nella cottura del granturco in tre parti di acqua ed una di calce (ossido di calcio) e di una notte di riposo del composto. Ciò serviva a far decorticare ed a fermentare i chicchi. Dopo questa operazione il mais, prima del consumo, si lavava abbondantemente con l’acqua per essere pronto all’uso in cucina.

Il mais in America centro-meridionale, per gli antichi nativi

In particolare le popolazioni dell’Antica America centro-meridionale adoperavano un procedimento di nixtamalizzazione più semplice. Nello specifico, quando i chicchi di mais erano ancora maturi si mettevano a bagno nell’acqua. In seguito si cuocevano con lime o cenere di legno in maniera che il guscio esterno si rimuovesse e gli amminoacidi ed il valore energetico dell’alimento aumentassero.

Ad esempio nell’odierna costa meridionale del Guatemala esistono tra le più antiche testimonianze archeologiche della nixtamalizzazione del mais in America centro-meridionale. Esse sono attrezzature che si usavano per questo procedimento, databili all’incirca al II millennio a. C..

Il mais in origine

Il mais in America centro-meridionale per gli antichissimi nativi era diverso da quello che ci appare oggi. Questo in parte grazie all’evoluzione e alla selezione naturale, in parte invece per delle operazioni umane come gli incroci.

Infatti già i primi agricoltori nel mondo – come per tutte le piante che hanno subito la domesticazione da parte dell’umanità – hanno fatto una selezione mirata con procedimenti o tentativi d’ibridazione delle specie. L’inizio di tale operazione è oggi difficilmente databile ed aveva il fine ultimo di raggiungere una maggiore e migliore produzione dell’alimento.

Si pensa che le piante originarie di mais in America centro-meridionale, da tempo immemorabile ormai perdute, fossero più piccole e sulle pannocchie ci fosse soltanto un’unica fila di chicchi poco compatti. La trasformazione che diede luogo alle grosse pannocchie con più file di chicchi ci fu già con le grandi antiche civiltà dei nativi americani e fu uno dei trionfi dell’antica agronomia.

In particolare la maggior parte degli scienziati concorda sul fatto che l’antenato più prossimo al granturco delle origini sia l’attuale teosinte di mais (con pannocchie molto piccole ed una sola fila di chicchi). Quest’ultimo è una pianta selvatica che cresce in alcune zone dell’attuale America centrale.

L’Uomo, dopo vari tentativi e generazioni di incroci, mutò i genomi originari in maniera casuale creando le attuali piante di mais. Quest’ultime in pratica sono degli ibridi in quanto provengono da incroci di due linee pure (di piante) con alleli (varianti di uno stesso gene) stabili e corrispondenti a certe caratteristiche favorevoli.

La maggior parte degli storici concorda sul fatto che inizialmente il mais in America centro-meridionale si domesticò prima in Messico, nella valle di Tehucán ed in seguito in tutta la Mesoamerica. Infine le colture si diffusero in gran parte delle Americhe.

Mais: ibridi, mutanti e OGM

Nel caso del mais gli ibridi sono particolarmente importanti dal punto di vista commerciale, su di essi si basano in pratica tutte le grandi coltivazioni attuali di granturco. Per questa ragione ogni anno gli agricoltori devono ricomprare i semi di mais per ricoltivarli.

Questo è dovuto al fatto che se si permettesse agli ibridi di riprodursi sessualmente, gli alleli si rimescolerebbero in maniera incontrollata. Dunque buona parte delle piante-figlie perderebbe le caratteristiche del mais originale incrociato dall’Uomo, come già osservò Mendel.

Il riacquisto dei semi ogni anno da parte degli agricoltori è una pratica molto diffusa nell’agricoltura moderna, anche nei Paesi in via di sviluppo. Questo perché nel corso dei millenni l’Uomo ha, in modo empirico, tramite incroci tradizionali e selezioni indirizzato le piante, tra cui quella di mais.

Oggigiorno tra le varie varietà esistono alcune coltivazioni mutanti (cioè con tecniche di mutagenesi indotta, che per la legge non sono OGM) o transgeniche (OGM).

Queste colture subiscono delle operazioni di manipolazione genetica per renderle ad esempio più resistenti e di conseguenza indirettamente più produttive. Tali modifiche talvolta servono per le colture mondiali su larga scala, altre volte devono far fronte a problemi solo dei territori locali. In particolare le mutazioni genetiche sia quelle naturali che quelle che si creano in laboratorio sono casuali ed imprevedibili, contrariamente a quelle degli OGM.

Gli OGM

Per Organismi Geneticamente Modificati (OGM) si intendono quegli organismi in cui gli scienziati hanno inserito dei tratti, cioè delle precise caratteristiche genetiche, dei geni, per migliorarne le prestazioni. Ad esempio per essere più resistenti ai parassiti, alle erbe infestanti, ad alcuni virus delle piante, contenere maggiori sostanze nutritive o resistere contro la siccità.

Ogni anno sono moltissime le piante OGM che i laboratori producono, la maggior parte hanno solo scopo di ricerca e soltanto poche di esse hanno fini commerciali. Di queste ultime inoltre solo un numero esiguo dopo diversi anni supera i test degli enti regolatori che ne consentono l’autorizzazione alla coltivazione legale nelle varie nazioni. Il costo delle sementi di OGM varia molto soprattutto in virtù del numero dei geni che si inseriscono al suo interno.

Il maggiore produttore ed utilizzatore di OGM sono probabilmente gli USA ma in tutto il mondo ed anche nei Paesi in via di sviluppo si stanno sperimentando. In generale, i risultati scientifici sugli OGM spesso non sono eterogenei.

Una maggiori delle culture vegetali OGM in uso al mondo è quella del granturco. Infatti sono varie le tipologie di mais OGM già in commercio in diverse nazioni del mondo o in fase di sperimentazione nei laboratori.

Talvolta l’uso di OGM può fare la differenza come nei Paesi del Terzo Mondo. In questi casi l’avvento di una delle pesti agricole (come erbe molto infestanti, insetti, virus, ecc…) contro cui gli agricoltori hanno poche risorse economiche per comprare gli agrofarmaci (cioè erbicidi, insetticidi, ecc…) può significare perdere tutto il raccolto e far morire di fame intere popolazioni.

Inoltre nei Paesi del Terzo Mondo chi si occupa dei campi è povera gente che non ha alcuna protezione quando spruzza agrofarmaci. Questi prodotti sono tossici, sia per le persone incaricate d’utilizzarle sia per l’ambiente circostante.

Gli OGM Bt

Esistono tantissime varietà di granturco OGM commerciabili nel mondo. L’unica, probabilmente, coltivazione OGM che si coltiva anche in Europa è quella del mais (in particolare solo quella del mais Bt). Alcuni Paesi della Comunità Europea hanno smesso per via delle polemiche che l’opinione pubblica ha sollevato. Attualmente solo in Spagna si coltiva in maniera significativa mais OGM.

C’è però da tener conto che in alcuni stati (europei ed extra-europei) – tra questi ad esempio l’Italia ch’è da sempre contraria – si vietano le coltivazioni di OGM ma è però legale importarle.

Nello specifico in tutti i Paesi della Comunità Europea si ammettono alla vendita prodotti contenenti OGM autorizzati per il consumo, a patto che ne se ne dichiari la presenza nell’etichetta se la loro percentuale sul peso del prodotto supera lo 0,9%. Il sistema agroalimentare italiano non può fare a meno delle importazioni di mais OGM (ch’è più intensivo e poco costoso) che provengono dall’estero. Questo serve in particolare per l’alimentazione umana e per i mangimi degli allevamenti animali.

Il termine OGM Bt – che si usa non soltanto per il mais ma anche per altre colture – identifica prodotti con i geni Bt che servono a codificare le specifiche proteine fatali per gli insetti parassiti di quelle piante. La sigla Bt sta per Bacillus thuringiensis ch’è un batterio che produce delta-endotossine. Queste sono proteine che risultano mortali per molte specie di insetti mentre sono completamente innocue per l’Uomo e gli altri mammiferi, anche se ingerite. Questo perché l’apparato digerente degli insetti è alcalino per cui risulta per loro fatale. Mentre gli umani presentano un apparato digerente con ambiente acido dove le tossine Bt si disattivano completamente.

A riprova di ciò le spore di Bt o il batterio stesso sono uno dei pesticidi più impiegati nell’agricoltura biologica.

Il mais OGM Bt

Il granturco OGM più popolare è il mais Bt, che è capace di difendersi da solo contro gli insetti dannosi, riducendo così la necessità di ricorrere ad insetticidi. È in uso di solito seminare, accanto ai campi OGM, anche piccoli campi non-OGM Bt, dal nome di “rifugi”. In questi ultimi gli insetti famelici possono sfogare la propria fame distruttiva evitando che si selezioni in loro una mutazione genetica che li renda immuni ai geni Bt.

Il mais Bt è resistente a vari insetti. In particolare negli Stati Uniti dove l’utilizzo di granturco OGM Bt è molto elevato, ad esempio si rileva un fatto interessante. Le popolazioni di piralide – un insetto contro cui il mais produce la tossina Bt – sono molto diminuite, fino quasi a scomparire. Dal che ne consegue un aumento generale delle rese del mais OGM Bt.

Gli agricoltori che piantano granturco convenzionale e che dovrebbero proteggere con degli insetticidi, non hanno quindi avuto più bisogno di difendersi dalla piralide. Di conseguenza hanno indirettamente usufruito dei benefici del mais Bt.

Tutto ciò oltre ad aver determinato un minor utilizzo di pesticidi con i conseguenti vantaggi per l’ambiente e la salute umana, ha fatto guadagnare di più gli agricoltori non-OGM di mais. Infatti questi hanno potuto ridurre i loro costi di produzione, per il non acquisto né di insetticidi né dei semi di mais Bt. Anche in Europa gli studi sul granturco Bt hanno confermato questi risultati.

Certo è, che un uso troppo massiccio di queste piante a lungo andare potrebbe selezionare quegli insetti resistenti che, per mutazione genetica casuale, nascono nei campi Bt. Ciò renderebbe alla lunga inefficace questa tecnologia e di conseguenza la necessità da parte degli scienziati di studiare una nuova strategia.

Giulia Cesarini Argiroffo

Bibliografia

Attali, Jacques (2020), Cibo. Una storia globale dalle origini al futuro, Milano, Ponte delle Grazie editore.

Bressanini, Dario (2009), OGM tra leggende e realtà. Alla scoperta delle modifiche genetiche del cibo che mangiamo, Bologna, Zanichelli.

Fernández-Armesto, Felipe (2012), Storia del cibo, Milano-Torino, Bruno Mondadori editore.

Sitografia

  • www.treccani.it
  • www.wikipedia.org
  • www.sapere.it
  • www.melarossa.it