Schelling ed Hegel: dalla gioventù alla rottura

Domandando a qualche studente liceale, ma anche a diversi studenti universitari, chi sia il massimo esponente dell’Idealismo tedesco per quanto concerne la filosofia, in molto risponderanno citando il nome di Georg W. F. Hegel. Non che sia una risposta sbagliata; senz’altro l’influenza del pensiero hegeliano è stata enorme nei tempi successivi e il suo eccezionale sistema non è qui in discussione ma non si deve dimenticare che, parlando di Idealismo tedesco, ci si deve rivolgere ad altre due personalità di spicco: Johann G. Fichte e Friedrich W. J. Schelling.

Schelling fichtiano ed Hegel critico di Schelling

Schelling
G. Hegel

Non è questa la sede per una ampia descrizione del sistema fichtiano, cui sono stati dedicati e andrebbero ancora dedicati fiumi di inchiostro. Nonostante l’affermazione di prima circa il sistema di Hegel è possibile dire che senza Fichte – e,  in parte, senza Schelling – il pensiero del suddetto non si sarebbe sviluppato come lo conosciamo in tempi odierni.

Fichte, il padre, per dire così, dell’Idealismo tedesco nonché continuatore, per certi versi, di Immanuel Kant, fu di grandissima ispirazione per i giovani Schelling ed Hegel i quali, nell’ultimo decennio del secolo XVIII, condivisero la stanza – insieme a Johann C. F. Hölderlin – nel prestigioso Stift di Tubinga (che ancora oggi esiste).

I rapporti tra i due giovani e brillanti studenti sono ottimi: mentre Schelling si rende conto, specie dopo la visita di Fichte, che la propria strada è quella della filosofia, Hegel non apprezza particolarmente la disciplina e la qualità d’insegnamento dello Stift. Schelling scrive, in questo anni, il Dell’Io come principio della filosofia, le Lettere filosofiche su dommatismo e criticismo e anche la Nuova deduzione del diritto naturale. 

Sotto l’egida di Fichte, Schelling ritiene l’Io principio della filosofia, Io in cui è presente anche il Non-Io (Spirito e Natura, per usare altri termini) che però è posto dall’Io. Se si considera, inoltre, il porsi come paladino della libertà da parte di Schelling, specie dopo la pubblicazione de Rivendicazione della libertà di pensiero di Fichte (così scrive Schelling ad Hegel: «[…] hai tu letta la Zurückforderung der Denkfreiheit von den Fürsten Europas? Se non l’hai letta, fattela venire da Jena1».) allora i legami intellettuali tra i due non possono esser messi in discussione.

Hegel, nel 1795, finisce di scrivere La vita di Gesù e Frammenti su religione popolare e Cristianesimo. Numeroso è il carteggio tra i due amici tra il 1792 fino agli inizi del secolo XIX; scambi di opinioni e di scritti erano frequenti tra i due. Citiamo lo scritto di Hegel Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling per mostrare quanta stima provi l’autore per il collega più giovane; i critici che hanno, nei secoli successivi, posto l’accento solo sull’astio tra i due non considerano necessariamente gli anni precedenti al 1807.

Nella sua operetta Hegel analizza prima le diverse correnti filosofiche del suo tempo, poi il sistema di Fichte per poi spiegare la differenza tra i due sistemi sottolineando come il pensiero di Schelling sia un ampliamento e un completamento di quelli fichtiano. Per Hegel la differenza tra i due sistemi non è stata colta dai contemporanei, soprattutto non da Karl L. Reinhold, che li equipara.

Dal 1801 al 1807, l’anno della rottura tra Schelling ed Hegel

Io
Friedrich Schelling, autore del Dell’Io come principio della filosofia

Ciò che è razionale è reale, e ciò che è reale è razionale2.

Considerando che è proprio Schelling a spianare la strada ad Hegel per quanto riguarda l’insegnamento a Jena, le accuse contenute nella Prefazione della Fenomenologia dello Spirito di Hegel ai danni dell’Assoluto schellinghiano sembrano velate da una patina di ingratitudine. Pensando questo si farebbe la figura degli sciocchi.

Senza dubbio entrambi si muovono all’interno dell’Idealismo tedesco; ma, per il modo di intendere la realtà da parte di Hegel, lo scontro tra il suo sistema e quello di Schelling è inevitabile. Quest’ultimo predica l’identità differenziata di Io e Non-Io (Spirito e Natura, Uno e molteplice) nell’Assoluto; la staticità, secondo Hegel, è il difetto di questa rappresentazione.

Per l’autore della Fenomenologia, infatti, il movimento continuo a e dall’Assoluto, nonché la notissima dialettica negativa, sono fondamentali nel quadro del sistema; il divenire e la negazione, però, sono del tutto estranei a Schelling, che si serve dell’intuizione artistica per colmare lo scarto tra l’unità e la moltiplicità nell’Assoluto.

Ora, per contrapporre alla conoscenza differenziante e compiuta, o alla conoscenza che cerca ed esige compiutezza, quest’unico sapere per cui nell’Assoluto tutto è uguale, oppure spacciare il proprio Assoluto per una notte nella quale, come si suol dire, tutte le vacche sono nere: ebbene, tutti ciò non è altro che l’ingenuità di una conoscenza vacua3.

Tutto è uguale, statico, per Hegel, nell’Assoluto schellinghiano; manca il movimento, mancano le tappe della coscienza; una critica che copre di ridicolo le convinzioni di Schelling sull’intuizione artistica e sul fondamento del suo sistema. Non c’è da stupirsi se le parole di Hegel tormenteranno Schelling per molti anni, anche dopo la morte del primo (1831). I due non si scriveranno più in privato ma si daranno battaglia pubblicamente.

Un rapporto decennale di amicizia interrotto in modo brusco, ma inevitabile, se si considera che i due sistemi, sotto certi punti di vista sono del tutto inconciliabili; nonostante questo, e nonostante né Schelling né Hegel vorrebbero ammetterlo, le influenze reciproche sono state di grande importanza per lo sviluppo dei singoli sistemi oltre per l’Idealismo tedesco in generale.

Luigi Santoro

Nota bibliografica

1 G. Semerari, Introduzione in F. W. J. Schelling, Lettere filosofiche su dommatismo e criticismo, p. IX, Laterza, Bari, 1995.

2 G. W. F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, Bompiani, Milano, 2006, p. 59.

3 G. W. F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito, a cura di V. Cicero, Bompiani, Milano, 2014, p. 67.

Fonti

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