La democrazia degli antichi e dei moderni di Moses I. Finley

La democrazia ateniese è davvero un modello superato che non ha più niente da insegnarci? L’apatia di massa è una minaccia o una garanzia per il sistema democratico? Il grande storico dell’antichità Moses I. Finley in La democrazia degli antichi e dei moderni ha messo a confronto le diverse forme democratiche sviluppatesi nella storia, a confronto con la teoria classica della democrazia e quella elitista.

Una delle carattersitiche principali delle democrazie contemporanee è l’apatia. L’astensionismo elettorale è un fenomeno globale, in crescita perfino in paesi ad alto livello di politicizzazione come l’Italia. Non tutti, e non sempre, hanno però dato una connotazione negativa a questo fenomeno. Già nei primi anni Settana, il grande storico dell’antichità Moses I. Finley si rese conto dell’inattualità della teoria classica della democrazia, cogliendo l’occasione per una mirabile riflessione con la democrazia ateniese come punto di riferimento: La democrazia degli antichi e dei moderni (1972).

La teoria classica

Democrazia
Pericle

Secondo John Stuart Mill e Alexis de Tocqueville, il successo della neonata democrazia americana stava nel fatto che ogni cittadino fosse – al tempo stesso – un patriota e una persona istruita. La democrazia, quindi, si reggeva sull’educazione di massa. Cosa poteva salvarsi, della teoria classica, rispetto ai radicali mutamenti dell’epoca contemporanea?

L’economia delle multinazionali, la trasformazione della politica in professione, la burocrazia, la tecnologia e i mass media che generano passività intellettuale e rendono impossibile ogni progetto di educazione di massa: tutto sembra rendere inapllicabile la teoria classica della democrazia.

La teoria elitista

Cominciò ad imporsi negli ambienti accademici a partire dagli anni Venti, con Mosca, Roberto Michels e Vilfredo Pareto. Quest’ultimo in particolare sosteneva che anche nelle democrazie liberali il potere è nella mani di una classe dirigente composta dalla classe politica, da quella economica e da quella burocratica. Finley riconosce questo dato di fatto, quello che contesta è la valorizzazione dell’apatia da parte di molti intellettuali:

Quindi l’apatia viene trasformata in un bene politico, in una virtù che misteriosamente supera se stessa (e la sottintesa ignoranza politica) in quegli occasionali momenti in cui il popolo viene invitato a scegliere tra gruppi di esperti in competizione.

La democrazia degli antichi: l’assemblea ateniese

Secondo Finley, è a causa del successo della teoria elitista che l’esempio ateniese venga spesso disprezzato; oppure lodato ma con la premessa che non possa insegnarci nulla perchè troppo diverso dalle noste istituzione democratiche. In effetti, per lo storico questo si dimostra vero solo da un punto di vista costituzionale.

Quella ateniese infatti non era una democrazia rappresentativa ma una democrazia diretta, face-to-face, che faceva perno sull’Assemblea cittadina. Le istituzioni democratiche erano strettamente conesse all’impero ateneise, e senza le entrate di quest’ultimo non avrebbe potuto reggersi e permettersi la retribuzione di quasi tutte le cariche pubbliche.

Per gli Ateniesi la libertà non era universale, era ristretta alla comunità cittadina senza per questo comprendervi tutti i residenti e tantomeno gli abitanti delle altre città. Impero e schiavitù erano i pilastri del sistema ateniese. Quindi, quale insegnamento se ne può trarre?

La partecipazione del cittadino ateniese

Per Finley, quello che spaventa gli elitisti è il fatto che ad Atene tutti i cittadini – ricchi e poveri – si interessassero della cosa pubblica. Le decisioni dell’Assemblea erano accompagnate da vivaci discussioni che interessavano tutta la comunità politica. Anche se solo i più eloquenti avevano diritto di parola nell’Assemblea, tutti ne prendevano parte e votavano.

Non c’erano nè capi nè politici di professione, il popolo ateneise era coadivutato da tecnici e da leaders che erano in grado di fornire indicazioni ed alternative. Neanche Pericle ebbe mai il potere di decidere da solo, e non sempre l’Assemblea seguì le sue indicazioni. Inoltre il fatto che le cariche fossero rmunerate le rendeva accessibili a tutti.

La democrazia degli antichi: una democrazia che funziona

Democrazia
Alcibiade

La democrazia ateniese, nonostante la partecipazione popolare e anzi proprio grazie ad essa, resse per diversi secoli. Finley fa notare che Atene non fu mai vittima della demagogia, nè dell’irrazionalità di un’assemblea popolare. Furono commessi degli errori, ma mai errori fatali. Esattamente il contrario di quanto temuto dagli elitisti, secondo i quali l’apatia previene il rischio di fanatismi e quindi garantisce la tenuta del sistema democratico.

Anche se non mancarono gli errori come la condanna di Socrate, ad Atene, perfino nei momenti più difficili, non fu mai messa in discussione la libertà di parola perchè il cittadino aveva fiducia in se stesso e nel sistema di cui era parte integrante.

La democrazia degli antichi e dei moderni: Per una nuova democrazia

Se è impensabile il ritorno ad una democrazia diretta, non per questo bisogna accontentarsi di una che si basi sull’apatia di massa. Secondo Finley, si trattava letteralmente di inventarne una nuova forma. Infatti l’esaltazione del politico come eroe da parte degli elitisti è solo un modo di castrare la libertà. Poichè

…la speranza migliore sta nel ritorno al concetto classico di azione di governo intesa come sforzo continuo per l’educazione delle masse. Ci saranno ugualmente errori, tragedie, processi per empietà, ma ci potrà anche essere un ritorno dall’alienazione diffusa a un sincero senso comunitario. La condanna di Socrate non esaurisce in sè l’intere storia della libertà di Atene.

Ettore Barra