Federigo Tozzi e gli “occhi chiusi” dell’uomo moderno

“Con gli occhi chiusi” di Federigo Tozzi è, nel suo forte biografismo, un romanzo che anticipa il tema cardine di tutto il 900 letterario: l’inettitudine”.

Voglio lasciare inalterati, così come sono e si presentano in una qualunque porzione di realtà guardata, tutti gli elementi della vita.

Pietro Rosi è un giovane che vive a Poggio a’ Meli, un paesino in provincia di Siena. La vita del ragazzo è tormentata dalla violenza di Domenico, padre autoritario e gestore di una trattoria. Nonostante il carattere chiuso e aggressivo, Pietro si innamora di una contadina di nome Ghìsola. Farebbe qualsiasi cosa per possederla: Pietro così trascura gli studi e si ribella all’autorità paterna decidendo, ormai divenuto maggiorenne, di sposare Ghìsola. Ma presto la realtà gli presenterà un amaro conto.

Con gli occhi chiusi. Il romanzo di una giovinezza sofferta.

Tozzi
Federigo Tozzi (1883 – 1920)

Pubblicato nel 1919, Con gli occhi chiusi di Federigo Tozzi si inserisce a malapena nel clima letterario dell’Italia dell’epoca (nonostante un gigante come Luigi Pirandello ne scriva una sincera recensione su Il messagero della Domenica), dominato dai chiassosi inni alla modernità decantati dal futurismo. Tozzi infatti è uno di quei autori che non si schiera con alcuna avanguardia e che preferisce coltivare una propria poetica confinata ai margini di Siena. Inevitabile allora, chiuso nei propri confini, che Tozzi non possa trascrivere su carta nulla che non riguardi la sua giovinezza vissuta a Castegneto e Con gli occhi chiusi è il risultato di ciò.

Infatti la figura di Domenico è ispirata a quella del padre Federico, anch’egli proprietario di una nota trattoria senese (Il Sasso all’arco dei Rossi, ancora oggi attiva) e anch’egli di carattere autoritario e violento. La sua mania di arricchirsi e il continuo lavoro lo portarono a considerare il giovane figlio una nullità, a disprezzarlo così tanto che neanche si preoccupa dei suoi scarsi risultati scolastici:

“Stai attento a quel che ti dico io. Non hai più bisogno di studiare. (…) . Dovrebbero essere abolite tutte le scuole, e mandati gli insegnati a vangare. La terra è la migliore cosa che Dio ci ha data.

Tozzi
Antonio Ligabue – “Aratura con i buoi” (1953)

Un rapporto con un uomo rude ed insensibile non può che colpire nel prodondo il giovane Tozzi che arriverà a stento a prendere la licenza tecnica, prima di abbandonare gli studi nel 1902. Stesso identico destino viene vissuto dall’alter ego dell’autore, Pietro, il quale inizia a dedicarsi saltuariamente agli studi per concentrare le proprie attenzioni su Ghìsola, una contadina ispirata anch’essa alla vicenda biografica di Tozzi (ebbe una relazione con una certa Isola, anche lei contadina).

Tozzi e lo spettro dell’inettitudine

Tuttavia non possiamo ridurre la vicenda narrata da Tozzi ai soli confini dell’autobiografismo. Nel romanzo possiamo riscontrare un tema che sarà caro ad autori del calibro di Kafka e Svevo: il tema dell’inettitudine.

Pietro/Tozzi infatti si presenta come un ragazzo (poi uomo) incapace di compiere il proprio dovere e che non riesce ad eguagliare la figura del padre. È un personaggio che si approccia con fatica alla realtà che lo circonda e anche con le persone che incontra, a causa della rigido clima familiare in cui vive. L’emblema di tutto ciò è il suo rapporto con Ghìsola. Pietro conosce la ragazza da due anni, e un giorno si trova nella casa dei nonni di lei per sbrigare delle faccende. La sua apparizione ha un gusto quasi stilnovista e Pietro si sente attratto dalla fanciulla, ma in modo quasi inconscio ed involontario:

Era divenuta una giovinetta. I suoi occhi neri sembravano due olive che si riconoscono subito nella rama, perchè sono le più belle; (…) ella camminava adagio smuovendo un poco la testa, i cui capelli nerissimi, lisciati con l’olio, erano pettinati in modo diverso da tutte le altre volte. (…)

“Vada via, c’è suo padre. Non mi s’avvicini”. Egli, invece, continuò ad andarle incontro; ma ella fece una giravolta, rasentandolo senza farsi toccare. Pietro non le disse più niente, (…) Perchè si comportava così?

L’incomunicabilità sembra dividere i due ragazzi, nonostante Pietro faccia di tutto per arginarla:

(Ghìsola) Alzò gli occhi verso Pietro, seria e muta; ed entrò in capanna dimenandosi tutta. (…) poi smise, per levarsi una sverza da un dito. Egli si senti uguale a quella mano. E il silenzio di lei, inspiegabile, lo imbarazzò; e non sarebbe stato capace di parlarle per primo. Perciò le dette una spinta, ma lieve; ed ella, fingendo d’esser stata per cadere, lo guardò accigliata.

Tozzi
Edvard Munch – “Dolore” (1908)

L’inettitudine porta Pietro ad avere problemi a relazionarsi con la persona amata, a cercare sempre altre vie per tentare di comunicare con lei e ad emozionarsi anche al solo contatto fisico. Basti leggere come Tozzi descriva questo particolare in questo passo, in cui Pietro aiuta Ghìsola ad alzare un cesto.

Allora Pietro l’aiutò prima che il padre potesse vedere (…) Ma Pietro arrossì e tremò perché ella, innanzi di muovere il passo, gli prese una mano. Rimase sbalordito, con una tale dolcezza, che divenne quasi incosciente; pensando: “Così deve essere!”

Alle candide mani della fanciulla si contrappongono quelle ruvide e sporche di Domenico, che compie una certa allusione sessuale. Pietro non può fare altro che estraniarsi dalla situazione, perdendosi nei suoi peniseri .

Domenico, guidando, non parlava mai; (…) Sorrideva invece a qualche ragazza che conosceva; e, facendo prima rallentare il cavallo, la toccava con la punta della frusta nel mezzo del grembiule. E Pietro, con gli occhi socchiusi, si voltava dalla parte opposta, arrossendo (…)

Tra verismo, frammentismo e antinaturalismo

Tozzi
Una scena tratta dal lungometraggio “Con gli occhi chiusi”, diretto da Francesca Archibugi (1994)

La lettura di Con gli occhi chiusi non risulta delle più facili. La narrazione non è mai lineare e viene spezzata continuamente da riflessioni che richiamano al frammentismo e al romanzo psicologico, a cui si alternano descrizioni paesaggistiche della campagna senese secondo lo stile verista.

Ma il romanzo si presenta anche come, per usare le parole del critico Luigi Baldacci, un “autobiografismo antinaturalista“. Tozzi rinuncia ad una narrazione che si riallacci al vero per esprimersi con un oscuro ed arcano simbolismo, attraverso monologhi interiori e allucinazioni che deformano il dato reale. Il tutto è accompagnato da un’aria triste, dove il lettore non viene mai stuzzicato attraverso espedienti di alcun genere. D’altronde Tozzi non fa altro che rappresentare la realtà da lui vissuta: una realtà dura, che cerca di negare con cieche illusioni ad “occhi chiusi“. Un’innettitudine lontana dall’ironia di Zeno Cosini, ed espressa attraverso un travagliato percorso interiore che non porterà alla maturità, ma al decadimento. Sentimento espresso da Pietro quando, a conclusione del romanzo, scopre che Ghìsola si è data alla prostituzione ed è rimansta incinta di uno dei suoi tanti amanti.

Quando si riebbe dalla vertigine violenta che l’aveva abbattuto ai piedi di Ghìsola, egli non l’amava più.

 

Ciro Gianluigi Barbato

Bibliografia

F. Tozzi – Con gli occhi chiusi (Introduzione e glossarietto di Marcello Ciccuto) – BUR Mondadori