La modernità secondo Weber e Giddens

La modernità è uno dei temi più dibattuti dai ricercatori sociali. Quali siano, infatti, le sue caratteristiche è qualcosa su cui si interrogano molti autori. Tra questi vi è Maximillian Max Weber, il celebre sociologo considerato addirittura il padre di questa disciplina. Anthony Giddens, invece, è un ricercatore inglese che propone l’idea di “modernità radicale”. Egli, settant’anni dopo, riprende e “aggiorna”, per così dire, le intuizioni del pensatore tedesco.

Weber: la modernità come razionalizzazione

Ne La scienza come professione, conferenza tenuta nel 1918, Weber individua la razionalizzazione come l’elemento chiave della modernità. Tale processo può avere molti risvolti. In primis, indica il superamento delle visioni del mondo proposte dalle religioni monoteiste. In secundis, esso coincide con lo sviluppo di forme di potere sempre più vicine a quello legal-razionale. Ciò significa che l’autorità viene legittimata non con argomentazioni trascendenti o tradizionali, ma in base alle leggi razionalmente stabilite da tutti. Infine, razionalizzazione vuol dire anche, e soprattutto, progresso della tecnica e dominio, attraverso questa, della natura da parte dell’uomo.

Giddens
Max Weber (1864-1920)

Tutto ciò, però, è bene precisarlo, secondo Weber non è necessariamente positivo. Questo processo, infatti, porta l’uomo ad allontanarsi progressivamente dalla natura, e a considerare quest’ultima soltanto per fini strumentali. È come, cioè, se egli sviluppasse la convinzione di poter dominare ogni cosa attraverso la ragione. Per Weber, ciò è sbagliato per almeno due motivi. Il primo è che tale fiducia illimitata nella scienza, proprio come quella nella religioni o in altre credenze trascendenti, non è razionalmente giustificata. Il secondo, invece, è che la scienza è per definizione scollegata dal mondo dei valori. La modernità sembra, dunque, scindere questi ultimi dalla ragione, con conseguenze potenzialmente terribili.

Giddens: la modernità radicale

Il discorso di Weber è ripreso da Giddens nel suo “Le conseguenze della modernità (1990), nel quale egli parla di radicalizzazione di quest’ultima. L’autore, infatti, argomenta che certamente il progresso ha avuto effetti positivi sulla società. Ciò è avvenuto su un piano sia estensionale, con lo sviluppo di forme di connessione sociale su scala globale, sia intensionale, avendo trasformato anche gli aspetti più intimi dell’esistenza. La modernità, tuttavia, ha anche effetti problematici sulla società umana. Oltre, infatti, allo sviluppo di un’ingiustificata fiducia illimitata nella ragione, di weberiana memoria, Giddens ne individua un secondo. Esso, del tutto comprensibile per un autore che ha vissuto le tragedie del novecento, è il rischio che la modernità porta con sé.

Giddens
Anthony Giddens

Lo sviluppo della tecnica, infatti, sembra gettare l’umanità in una condizione di perenne incertezza. Questo non significa soltanto che l’essere umano corre continuamente il rischio di distruggersi con le sue stesse mani. La modernità, infatti, mette potenzialmente in discussione non solo l’esistenza, ma qualunque aspetto della società. Pensiamo solo a come, negli ultimi decenni, si siano modificati, ad esempio, i rapporti fra i sessi, le forme famigliari, le attività considerate “normali”. È come, quindi, se l’essere umano vivesse continuamente in una condizione di eccedenza delle possibilità.

Contraddizioni e risposte

Come risolvere questa contraddizione?

Le risposte dei due autori, in questo caso, sono un po’ diverse. Weber, infatti, vissuto agli albori del moderno progresso tecnologico, non può vedere ancora con precisione dove esso vada a parare. Ciò fa sì che egli si limiti a porre questo problema del senso della modernità senza, però, poter indicare una soluzione su come superarlo. L’unica cosa che si limita ad auspicare è che il succitato allontanamento dal mondo dei valori non significhi una totale deresponsabilizzazione dell’essere umano.

Giddens, al contrario, decenni dopo, si permette di essere moderatamente ottimista. Per lui, la modernità resta comunque un processo positivo, anche se genera rischio e incertezza. Da un lato, infatti, egli ritiene che proprio questi ultimi due elementi siano l’altra faccia della libertà. Dall’altro, invece, egli argomenta che lo sviluppo delle scienze, in particolare di quelle sociali, possa aiutare la collettività a diventare sempre più consapevole.

In questo modo, anche se il futuro non è interamente nelle mani dei singoli, essi sono portati comunque a responsabilizzarsi. Ciò è fondamentale per scegliere, in un’epoca di grande incertezza, le opzioni capaci di migliorare e perpetuare la società umana.

Francesco Robustelli

Bibliografia

Jedlowski, Il mondo in questione, ed. Carocci, 2009

Giddens, Le conseguenze della modernità, 1990, in Jedlowski, op.cit.

Weber, La scienza come professione, 1919

Fonte:

L’immagine di copertina è ripresa dal sito: www.lifegate.it