La grotta di Seiano: traforo verso il mare e la ricchezza

La città romana di Neapolis e tutta la costa campana subirono nel corso dell’epoca tardo-repubblicana e primo imperiale un profondo rinnovamento edilizio, che contribuì all’ampliamento e all’arricchimento dei loro edifici. In particolar modo, tutti i ricchi uomini politici del tempo disseminarono ville tra Baia, Pozzuoli, Ercolano, Posillipo; spazi abitativi immensi che, in qualche modo, dovevano essere collegati con la città e col porto. È in relazione a questa esigenza che nacque, a Posillipo, la grotta di Seiano.

Seiano, il prefetto del pretorio assetato di potere

La grotta, pur assumendo questo nome, non risale tuttavia in prima istanza al periodo di Seiano. Ma chi era questo Seiano? La storiografia imperiale lo dipinge attivo protagonista dell’epoca di Tiberio, il successore di Augusto. Tiberio, infatti, descritto da Svetonio e Tacito come un imperatore ombroso, chiuso, non molto attivo nell’esercizio della cosa pubblica, si ritirò più volte a vita privata durante il suo impero.

Soprattutto dopo la morte del figlio Druso Minore, in preda al più totale sconforto per il problema della successione, Tiberio nel 26 fuggì prima in Campania e poi a Capri, per non fare mai più ritorno a Roma. Il prefetto del pretorio Seiano, così, assunse di fatto pieni poteri nell’Urbe, minacciando seriamente il ruolo di Tiberio quale princeps.

La vedova di Druso, Antonia Minore, pensò così di avvisare l’imperatore degli intrighi che si svolgevano, a sua insaputa, nel palazzo, e della volontà di Seiano di diventare presto suo successore. Il princeps, dunque, mandò da Capri per Seiano una lettera che soltanto nella parte finale svelava i suoi veri intenti: Seiano era accusato di tradimento, condannato a morte e alla damnatio memoriae.

L’ampliamento della grotta di Aucto

Nonostante la violenta fine, Seiano fu appunto responsabile di molti degli eventi che riguardarono la politica interna dell’impero tra il 26 e il 31. Fu infatti Seiano ad interessarsi anche dell’organizzazione edilizia della zona di Posillipo, con la volontà di renderla più accessibile.

L’ampia distesa della Gaiola, come detto, era stata già interessata dalle costruzioni di ville e di trafori. Vi svettava, infatti, l’immensa villa di Pollione, collegata al resto della città da un piccolo traforo, voluto da Agrippa in persona e commissionato all’architetto Lucio Cocceio Aucto.

Seiano
La villa di Pollione

Dopo la morte di Pollione, avvenuta nel 15 a.C., la villa divenne, per la sua meravigliosa posizione sul mare, residenza imperiale di Augusto e di tutti i suoi successori, quindi chiaramente anche di Tiberio. Seiano, prefetto del pretorio di quest’ultimo, decise così di ampliare la grotta di Aucto, trasformandola a tal punto da farla passare alla storia col suo nome.

Il lunghissimo traforo, opera di schiavi

Il risultato fu una grotta lunga ben 770 m e alta fino a 9 m, larga abbastanza da far passare uno o due carri. Il traforo è scavato nella collina tufacea di Posillipo, e collegava quest’ultima a Pozzuoli, Napoli e Cuma, mettendo così a contatto le ville isolate ai principali porti della costa.

A quanto dicono le testimonianze archeologiche, la grotta fu ampliata in pochissimo tempo. L’aspetto più interessante, infatti, è legato alle tracce che gli schiavi lasciarono durante i lavori.

Sono ancora evidenti i fori in cui erano inserite capriate di legno per sostenere la collina prima del rafforzamento delle volte a botte, e in questo modo, foro dopo foro, si può calcolare quanto gli schiavi scavavano ogni giorno. Il risultato è sorprendente e allo stesso tempo terrificante: gli schiavi riuscivano a cavare più metri di pietra in un solo giorno, con un lavoro estenuante e velocissimo.

La grotta di Seiano da Tiberio in poi

Seiano
La grotta di Seiano

La grotta, come si è detto, servì anche i successori di Tiberio verso l’entrata della villa che era di Pollione. L’ultimo ad abitarla fu Adriano, ma pare che il traforo fu nuovamente ristrutturato da Onorio, per poi essere abbandonato.

Il primo a ritrovarlo fu nel 1841 Ferdinando II di Borbone, che stava lavorando ad una nuova strada pubblica e si imbatté in chiare vestigia romane. La grotta di Seiano divenne così un’attrazione turistica già all’epoca, fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

Durante il grande conflitto, infatti, essa fu impiegata come rifugio antiaereo per i cittadini di Bagnoli, per poi essere di nuovo abbandonata e in parte dimenticata dagli anni ’50 in poi.

Soltanto dopo lavori di restauro e di messa in sicurezza, nel 2009 la grotta è tornata alla vita ed è attualmente visitabile, ancora oggi traforo verso il blu del mare di Napoli, quel mare che affascinò e attrasse a sé i più grandi uomini politici della Roma antica.

Alessia Amante

Bibliografia

  • Guida d’Italia, Napoli e dintorni – Touring Club Italiano