Cinema italiano anni 2000: l’analisi dei migliori film

Gli anni Duemila sono stati protagonisti di una nuova rinascita per l’industria cinematografica italiana. Nuovi e talentuosi autori si affacciano con successo nella realtà cinematografica del nostro paese, portando una ventata fresca di contenuti e innovazione. Registi più esperti e famosi, invece, si confermano come lo zoccolo duro dell’industria filmica italiana. Adeguandosi alle nuove tecnologie, realizzano film che poi hanno fatto la storia del cinema italiano contemporaneo. Ecco quindi un approfondimento sul cinema italiani anni 2000.

La nuova commedia all’italiana

Il titolo più sorprendente della nuova era cinematografica italiana è Pane e tulipani di Silvio Soldini (2000). La commedia del regista milanese ha dato nuova linfa a un genere che stava attraversando il suo periodo più buio. Soldini mette in scena una storia dai toni e dall’atmosfera favolistica e disegna dei personaggi realistici e credibili, calati in un contesto fuori dal tempo. Il quarto film di Soldini ha riscosso un successo inaspettato di critica e pubblico e viene osannato come il film che segna “la rinascita del cinema italiano”. 

Mentre Pane e tulipani riscuoteva consensi positivi in giro per il mondo – in America rimase in programmazione addirittura per circa sei mesi – in Italia il regista turco Ferzan Özpetek realizza uno dei film più importanti del 2001. Le fate ignoranti è una commedia agrodolce che ha osato parecchio e ha regalato uno spaccato di una Roma moderna e multietnica, che rifletteva sulle differenze culturali e sui valori della famiglia tradizionale, ormai in profonda crisi di fronte alle trasformazioni storiche e sociali e sulla ormai dilagante globalizzazione delle razze umane.

Il cinema italiano anni 2000: Nanni Moretti trionfa a Cannes

Se nel 2001 il regista turco si stava inserendo nel panorama cinematografico italiano a suon di incassi al botteghino, un ben più noto autore italiano si aggiudicava la Palma d’oro alla 54esima edizione del Festival di Cannes. Accantonato per un attimo il suo “classico” cinema, con La stanza del figlio Nanni Moretti si dedica a un racconto più intimo e delicato che ha come unico obbiettivo il raccontare l’elaborazione dcinema italiano anni 2000el lutto. Moretti sviscera il tema della perdita con estrema empatia senza cadere mai nel melodramma. La sceneggiatura, molto efficace, libera la trama da qualsiasi lacrimevole retorica, affrontando in modo originale, più vero e niente affatto scontato, un tema molto abusato. 

È proprio nelle sceneggiature, nei contenuti, nelle storie che si scelgono di raccontare che il nuovo cinema italiano trova la sua maggior rifioritura. 

Il cinema italiano anni 2000: i nuovi registi…

Nella Napoli del 2001, fa il suo esordio dietro la macchina da presa Paolo Sorrentino. L’uomo in più è l’opera prima del giovane cineasta napoletano e probabilmente uno dei migliori film esordienti di sempre nel cinema italiano. Un dramma esistenziale che affonda le sue radici nella ferocia di una società amorale, materialista e priva di ogni meritocrazia. Una storia, quella de L’uomo in più, semplice e autentica, confezionata da una sceneggiatura pressoché perfetta che avrebbe tracciato le coordinate dello stile autoriale sorrentiniano.

Nonostante il discreto successo alla Mostra del cinema di Venezia, nella sezione Cinema del Presente – ottenendo una buona visibilità per un’opera prima – la vita in sala de L’uomo in più è stata alquanto travagliata. Il film incassò poco (180 milioni di Lire) e il tanto aspirato successo non arrivò. “Questo film non incasserà una lira, ma abbiamo trovato un autore”, disse Kermit Smith (fondatore della Key Films, casa di distribuzione de L’uomo in più) a un giovane Nicola Giuliano, storico produttore dei film di Sorrentino. La storia, qualche anno dopo, gli darà ragione. 

Oltre a Sorrentino, un altro giovane talento si affacciava al nuovo cinema italiano degli anni 2000. Matteo Garrone firma L’imbalsamatore, uno dei film più belli della filmografia del regista romano. È il 2002 e questo film segna una svolta nella carriera e nella poetica di Garrone. All’attenzione per lo scorrere della realtà si unisce una rigorosa ricerca stilistico-formale, influenzata dagli studi artistici di Garrone. Al pari di Sorrentino, con questa pellicola si delinea lo stile registico-narrativo di Garrone che si sarebbe perfezionato con gli anni a venire. 

…e i grandi maestri del passato

Mentre i nuovi autori si fanno strada nel cinema italiano degli anni 2000, i grandi maestri del passato confermano la loro presenza in un mercato sempre più in rapida evoluzione. Nel 2003, infatti, Bernardo Bertolucci e Marco Bellocchio firmano rispettivamente The Dreamers e Buongiorno, Notte. Il film del maestro parmigiano è un’opera che ha osato parecchio, portando sullo schermo delle scene erotiche molto esplicite. Ma, oltre alla forte carica erotica delle scene, a colpire è stato soprattutto l’aspetto visivo della pellicola. Numerosi sono i richiami e le citazioni ad altri film o a opere d’arte. The Dreamers ha riscosso un gran successo sia in Italia che all’estero (soprattutto in Francia e in USA) e ha dato la notorietà alla bellissima Eva Green, all’epoca poco più che ventenne, alla sua prima esperienza cinematografica. 

Il film di Bellocchio invece è un’opera “tutta italiana”, che racconta uno dei periodi storici italiani più bui. Attraverso un resoconto che mescola la narrazione del romanzo con documenti televisivi originali dell’epoca, in Buongiorno, notte, il regista rievoca il dramma umano di Aldo Moro e il dubbio che si era fatto strada in una delle brigatiste. Tuttavia, l’opera di Bellocchio non riscuote il successo (soprattutto di critica) sperato. Nonostante la pellicola fosse data come favorita per la vittoria del Leone d’oro, ricevette un solo contributo individuale per la sceneggiatura. 

Il cinema italiano anni 2000: la consacrazione di Sorrentino e Garrone

Il 2004 è l’anno che consacra il talento di Paolo Sorrentino e il suo Le conseguenze dell’amore fa incetta di premi e sbanca i botteghini di tutta Europa. Il Sorrentino che traspare dalla sua opera seconda è un narratore freddo, meccanico e implacabile che esce arricchito dall’esperienza del precedente L’uomo in più e si perfeziona dal punto di vista dello stile e della regia. Ne Le conseguenze dell’amore, infatti, Sorrentino inizia a mostrare il suo amore per le sequenze metaforiche e oniriche, inizia a giocare abilmente col diegetico che diventa extra-diegetico in una prova dalla grande raffinatezza stilistica, essenziale e minimale.

Anche Garrone si conferma uno dei più apprezzati nuovi cineasti del cinema italiano degli anni 2000. Primo amore è stata l’opera più minimale del regista romano e anche quella che ha portato per la prima volta sugli schermi italiani le tematiche dell’anoressia e della violenza psicologica sulle donne. L’opera che confermava la cifra stilistico-narrativa di Garrone non ha avuto grande successo di pubblico. Ha dato però la possibilità al giovane cineasta di perfezionare ancora di più la sua tecnica e fare il salto di qualità. 

Cinema e politica: Il Caimano di Nanni Moretti e Il Divo di Paolo Sorrentino

Nel 2006, a ridosso delle elezioni per il Presidente del Consiglio, nei cinema italiani esce il nuovo film di Nanni Moretti, Il Caimano. L’opera morettiana ha come pretesto narrativo quello di voler raccontare la figura di Silvio Berlusconi attraverso il film d’esordio di una giovane regista (Jasmine Trinca). Già prima dell’uscita nelle sale si era scatenato un gran caos intorno al film. Molti politici italiani arrivarono a chiederne la posticipazione rispetto alle elezioni politiche dell’aprile 2006 poiché il film avrebbe “influenzato” l’elettorato.
Il regista aveva sempre evidenziato come questo non fosse un film politico. Bensì è la storia di una coppia, in cui la tematica politica fa solo da cornice. Inoltre, più che parlare di Berlusconi, l’opera parla soprattutto del berlusconismo (o meglio dell’antiberlusconismo). Critica i vizi degli italiani e di come l’avvento di Berlusconi abbia cambiato le abitudini – soprattutto di consumo – della gente. 

Nel 2008, invece, Sorrentino affolla le sala con Il Divo. Il quarto film del regista del Vomero è un affresco epocale. Un pò biografia, un pò film d’inchiesta il cui indiscusso protagonista è lo strepitoso Toni Servillo nel ruolo di Giulio Andreotti.

L’uomo che ha partecipato in prima persona a tutti gli eventi più importanti della storia della Repubblica italiana. Sorrentino raggiunge livelli registico-autoriali ai limiti della perfezione. Va oltre il cinema politico di denuncia e si focalizza – liberamente e senza censure – su un racconto metaforico sul potere.Lo stile barocco e sontuoso che caratterizza il film può rivelarsi a tratti disturbante, ma il film ha comunque riscosso grande successo, anche a livello internazionale, ammaliando il pubblico e vincendo il Premio della Giuria al Festival di Cannes.

Il “Mafia story” all’italiana: Gomorra di Matteo Garrone

L’impresa di trasformare in film il testo di Roberto Saviano sembrava impossibile. Gomorra era infatti un romanzo indecifrabile per come ha saputo mescolare l’impianto giornalistico, la scrittura d’inchiesta e la narrativa. Epica e informazione – nello stile dello scrittore campano – diventano un tutt’uno. Il magma di avvenimenti, personaggi, folklore e descrizione politico-economica costituivano un nucleo difficilmente scindibile.

Il regista Matteo Garrone invece compie il miracolo, con un’opera cinematografica che torna ad avvalorarsi dei classici canoni del neorealismo. I dialoghi sono recitati in napoletano stretto (sottotitolati in italiano). Gli ambienti sono quelli autentici dei quartieri più disagiati del capoluogo campano e gli attori provengono tutti da Napoli (in alcuni casi persino dal carcere). Quel che viene raccontato affonda le radici nella cronaca del libro. Il risultato è eclatante, anche grazie all’interpretazione di attori come Toni Servillo, Gianfelice Imparato e Maria Nazionale. Molti premi, tra cui spicca il Gran Premio della Giuria a Cannes, è il chiaro segnale di rinascita del cinema italiano in ambito internazionale. 

Il Gomorra di Matteo Garrone è stato, in un certo senso, lo spartiacque per un genere – quello del mafia story all’italiana – che avrebbe regalato agli spettatori altri prodotti validissimi. Il Suburra di Stefano Sollima e soprattutto la fortunata serie targata Sky Gomorra (ispirata anch’essa al celebre romanzo di Saviano) sono stati esportati in tutti gli angoli del globo, dando credibilità a un genere che era diventato di serie B. 

Bonus track: Basette e il talento di Gabriele Mainetti

E mentre Sorrentino e Garrone si contendono la corona di miglior regista del cinema italiano degli anni 2000, in punta di piedi, un giovanissimo autore romano – fan sfegatato dei cartoni animati giapponesi – affolla internet con un cortometraggio che avrebbe fatto la storia italiana del format. Nel suo Basette, un seppur acerbo Gabriele Mainetti ricrea nella periferia romana il mondo del celebre ladro gentiluomo Lupin III. Il corto è un’ovvia allegoria della classe popolare romana e della società in cui è costretta a vivere. L’epilogo è prevedibilmente drammatico e il messaggio è eloquente: la vita non è un fumetto e i ladri – seppur geniali gentiluomini – non la fanno sempre franca. 

Marco Sito