Coming Out: cosa significa e differenza con outing

L’espressione coming out è diventata ormai di uso comune anche nel lessico italiano. Il suo utilizzo è naturalmente associato alla comunità LGBTQ+: infatti, coming out indica il momento in cui un individuo dichiara la propria appartenenza alla comunità.

Coming out è, talvolta, confuso con il termine outing, il cui significato profondo è totalmente opposto. Coming out, infatti, indica una presa di posizione personale; fare outing ed esporre, dunque, l’orientamento sessuale o di genere di un’altra persona significa privarla di questa possibilità.

La consapevolezza di sé in quanto membro di una comunità passa, naturalmente, per il concetto stesso di orientamento sessuale. Infatti, l’idea che gli omosessuali – in senso lato – corrispondano a un vero e proprio gruppo sociale inizia a diffondersi soltanto tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. In questo periodo, la scienza medica diventa la fonte più autorevole nella definizione delle identità queer.

Nonostante la sua diffusione, non tutti sanno che l’espressione coming out nasce nel contesto dei balli in drag organizzati nel quartiere di Harlem durante il suo periodo d’oro. Esso deriva, appunto, da “coming out to society”, espressione associata al ballo delle debuttanti che, in quella occasione, facevano il loro ingresso in società.

Dunque, nonostante le implicazioni politiche e sociali siano ben diverse, coming out non ha perso del tutto il suo significato originale. Il coming out è una scelta consapevole, una dichiarazione di appartenenza alla propria comunità.

Coming Out: uso e significato

Coming out, in italiano, significa letteralmente uscire fuori. L’espressione è, in realtà, un’abbreviazione della frase coming out of the closet, ossia, uscire dall’armadio. Dunque, il verbo prende l’accezione di dichiararsi o uscire allo scoperto.

Non a caso, è al grido di “out of the closet, into the streets!” (letteralmente, fuori dall’armadio e in strada) che i protagonisti dei moti di Stonewall invitavano gli altri membri della comunità a partecipare alla lotta.

Infatti, coming out è il termine che indica la decisione di dichiarare apertamente il proprio orientamento sessuale e romantico o la propria identità di genere. Coloro che, per qualunque motivo, scelgono di non dichiarare la propria appartenenza alla comunità LGBTQ+ sono definiti in inglese closeted, chiusi ancora nel metaforico armadio.

Naturalmente, se l’espressione si riferisce al momento dell’uscita allo scoperto, il coming out è un processo delicato, storicamente non esente da rischi. Basti pensare al caso emblematico della Germania in cui la legge che criminalizzava l’omosessualità, il paragrafo 175, è stato abrogata completamente soltanto nel 1994.

Inoltre, nonostante gli sviluppi avvenuti nel campo dei diritti civili negli ultimi trent’anni, è bene ricordare che l’omosessualità resta un reato in 67 paesi del mondo, dei quali 7 prevedono la pena di morte. Una situazione che rende pressoché impossibile vivere liberamente il proprio orientamento sessuale.

La differenza tra Coming Out e Outing

Soprattutto in Italia, molto spesso si confonde erroneamente coming out con l’espressione outing. I due termini sono in realtà di natura completamente diversa.

Se fare coming out è, infatti, una decisione personale e consapevole, fare outing indica la rivelazione deliberata o accidentale dell’omosessualità di un’altra persona. É fondamentale sottolineare come ciò avvenga senza il consenso della persona in questione.

Fare outing è generalmente considerato un atto controverso: infatti, le conseguenze possono essere ampiamente negative. Proprio per questo motivo, la stessa comunità LGBTQ+ ha utilizzato l’outing come arma a danno di esponenti pubblici che sostengono posizioni omofobe.

D’altronde, soprattutto a cavallo del movimento di liberazione, fare coming out assume un significato politico ben preciso: l’idea di affermare senza timore la propria esistenza.

Orientamento sessuale e medicina

Per poter arrivare al coming out, tuttavia, è necessario passare per la nozione stessa di orientamento sessuale.

Infatti, prima del XVIII secolo, non possiamo propriamente parlare di omosessualità né, tantomeno, di eterosessualità come di caratteristiche innate di un individuo. Le fonti provenienti dai verbali di polizia di inizio Settecento testimoniano che la sodomia era certamente punita dalla legge. Tuttavia, non c’era una legge che fosse specificamente anti-sodomia: essa era semplicemente una delle tante condotte riprovevoli da condannare.

É soltanto successivamente che gli omosessuali sono individuati come un vero e proprio segmento della popolazione che “non solo condivide una specifica inclinazione sessuale, ma anche un linguaggio e una serie di comportamenti che lo identificano“. Non a caso, nell’Inghilterra settecentesca, gli omosessuali cominciano ad essere indicati col termine molly, ossia molle, effeminato: una caratteristica che entra subito a far parte dell’immaginario collettivo.

Gli studi sulla sessualità dell’epoca segnalano una progressiva stigmatizzazione delle pratiche sessuali che non siano riconducibili alla riproduzione. Infatti, la nuova organizzazione sociale promuove una serie di programmi statali di medicina di massa e progetti di igiene pubblica orientati alla crescita demografica. In questo quadro, le sessualità non eterosessuali sono condannate e, soprattutto, diventano oggetto di studio della scienza medica in quanto patologie.

La medicina è adesso l’unica fonte autorevole per quanto riguarda sessualità e identità di genere non conformi alle aspettative eteronormative. Seppure entro la cornice della patologia, tuttavia, è questo il momento in cui le sessualità queer ottengono uno spazio di rappresentazione e riconoscimento. Sulle riviste di medicina, appaiono racconti e confessioni: è in questo modo che gli individui queer iniziano a riconoscersi come parte di una comunità più grande.

Debutto in società: i balli in drag a Harlem

Tra il 1880 e gli anni Venti del Novecento i balli in drag diventano un’occasione sociale sempre più grandiosa e significativa. Nonostante le ostilità, si tratta di un momento di importante visibilità per i network queer: le maggiori città europee e americane offrono una scena urbana vivace e dinamica.

In particolare, il quartiere di Harlem a New York è il fulcro di una straordinaria stagione culturale – la cosiddetta Harlem Renaissance – che lo rende il centro per eccellenza di questa nuova visibilità sociale.  L’Hamilton Lodge ospita in marzo un ballo annuale che attira partecipanti da tutti gli Stati Uniti: sono presenti la crema della società afro-americana, l’avanguardia bianca e la popolazione LGBTQ+.

I balli in drag non hanno una semplice funzione di intrattenimento: costituiscono un momento di coesione della comunità LGBTQ+ stessa.  In questo contesto, nasce appunto l’espressione “coming out” come abbreviazione di “coming out to society“. Si tratta dell’appropriazione ironica della formula per introdurre le debuttanti in società, sul cui modello sono organizzati gli stessi balli.

Dunque, per un giorno all’anno, la comunità queer non deve nascondersi; anzi, dispone di un luogo dove esistere liberamente.  I balli sono di tale importanza che occorrono mesi per preparare gli sfarzosi abiti con cui sfilare. Il fatto stesso di poter essere drag queens and kings, regine e re, per un giorno incrementava il senso di orgoglio e gioia.

Nonostante i raid della polizia, questa occasione sociale non sarebbe più scomparsa: dai balli di Harlem sarebbe derivata la ballroom culture newyorkese degli anni Sessanta. Il sistema delle case (houses) continua a rappresentare un sostituto alla famiglia di origine di fondamentale importanza per molti membri della comunità LGBTQ+.

Il senso di appartenenza a questa comunità è uno degli elementi necessari per poter elaborare strategie di resistenza nei confronti delle diffuse narrative di medicalizzazione e criminalizzazione.

Coming Out Day

Il coming out day è una ricorrenza annuale che si tiene l’11 ottobre durante la quale si celebra l’importanza del coming out. É stato festeggiato per la prima volta nel 1988 grazie all’intuizione dello psicologo Robert Eichberg e dell’attivista lesbica Jean ‘O Leary.

La necessità di un giorno per celebrare la propria identità è ancorata all’aspetto ideologico del coming out. Dichiarare apertamente il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere costituisce un atto politico significativo. Secondo i fondatori, infatti, l’omofobia prospera in un’atmosfera di silenzio e repressione. Questo risulta particolarmente evidente se consideriamo che il Coming Out Day è stato istituito durante il picco dell’epidemia di AIDS.

cartello silence equals death
Celebre simbolo e slogan dell’organizzazione ACT UP: “Il silenzio equivale alla morte”

Fare coming out rappresenta un’ulteriore passo verso la normalizzazione di un’esperienza personale che tocca tutta la comunità.

Tuttavia, bisogna anche sottolineare che non sempre fare coming out è possibile, soprattutto per persone appartenenti ad altre minoranze. Preston Mitchum, scrittore nero e queer, sottolinea come a volte questa enfasi sul coming out pubblico possa beneficiare più il gruppo che l’individuo. Prendere posizione è importante poiché rende la comunità più visibile: tuttavia, questo fardello non dovrebbe essere portato dal solo individuo, quanto più dalla società che dovrebbe invece proteggerlo.

Pertanto, essere out oggigiorno non è una scelta scontata: disporre di un sistema di supporto resta ancora una prerogativa necessaria.

Conclusioni

La comunità LGBTQ+ ha una storia lunga che non è circoscritta ai soli moti di Stonewall e alla lotta per i diritti civili. Si tratta di una storia che è si è sviluppata attraverso momenti di patologia e criminalizzazione, ma anche di interesse e visibilità.

La narrativa dominante di invisibilità della popolazione queer mostra, in realtà, dei discorsi alternativi di resistenza. La stessa discussione nell’ambito medico di sessualità e identità di genere non conformi ha permesso alla popolazione LGBTQ+ di riconoscere la propria esistenza attraverso le testimonianze altrui.

I balli in drag ad Harlem e l’idea del coming out come debutto in una comunità di pari che agisce al di fuori del contesto clandestino sono stati, in questo senso, un passo fondamentale nel percorso di liberazione.

Lidia Spina

Bibliografia

  • Maya de Leo, Queer. Storia culturale della comunità LGBT+, Einaudi (2021)

Sitografia