Poetica di Aristotele: tragedia ed epica

Aristotele è un importante filosofo non solo del periodo antico ma di tutta la storia della filosofia. Infatti, qualsiasi filosofo ha dovuto confrontarsi col suo pensiero. In effetti, di questo antico pensatore abbiamo una vasta conoscenza grazie ai numerosi trattati a lui attribuiti. In questo articolo ne illustriamo la vita e analizziamo uno dei suoi trattati: La Poetica di Aristotele.

Introduzione al pensiero di Aristotele

Innanzitutto, una caratteristica che rende Aristotele pensatore essenziale per la storia della filosofia è il numero di opere che porta la sua firma. In effetti, di molti filosofi abbiamo pochi testi e frammenti. Invece, di Aristotele e Platone conosciamo il loro pensiero e anche quello degli altri pensatori greci che loro stessi citano. Infatti, insieme ai dialoghi platonici, quello aristotelico rappresenta il principale corpus di testi filosofici dell’antichità. Ma Aristotele nasce qualche decennio dopo rispetto a Platone e in un periodo storico cruciale, l’espansione dell’impero macedone. Cioè, egli vive la fine dell’autonomia politica della Grecia, che diviene parte di un impero. Ma questo cambiamento politico favorisce la diffusione della cultura greca e ciò spinge verso nuove riflessioni la filosofia stessa.

Insomma, Aristotele coi suoi trattati raccoglie tutto il sapere precedente. Ma è anche l’apripista della fase storico-filosofica successiva. Tuttavia, accanto a scritti più famosi come quelli sulla logica e sulla metafisica, troviamo anche testi in cui egli concentra l’attenzione su tematiche diverse. Cioè, ad esempio, La Poetica di Aristotele è una riflessione intorno questa arte, la sua origine e le sue diverse forme, come tragedia ed epica. Ma prima di ciò, introduciamo la vita del filosofo.

La vita di Aristotele

La Poetica di Aristotele: tragedia ed epica
Testa in marmo di Aristotele. Fonte: Wikimedia Commons.

Il nome di Aristotele è l’unione delle parole ἄριστος e τέλος. Quindi, significa sia “l’obiettivo migliore” sia “il miglior raggiungimento della meta”. Comunque, Aristotele nasce nel 384 a. C. a Stagira, nella penisola calcidica, nel nord della Grecia. Dal 2011 questa regione fa parte di un comune chiamato Aristotelis in suo onore. D’altra parte, lo stesso Aristotele è soprannominato lo “Stagirita” in riferimento alla sua terra natale.

Il padre, Nicomaco, è medico presso la corte del vicino regno macedone. Quindi, Aristotele inizia gli studi forse per proseguire l’attività dei genitori. Tuttavia, resta orfano già in giovane età. Così, raggiunge Atene dove frequenta l’Accademia di Platone, fondata venti anni prima. Ma quando egli inizia gli studi Platone è a Siracusa, in Sicilia. Comunque, Aristotele resta ad Atene durante il ritorno e fino alla morte di Platone. Poi, abbandona la città e insieme ad altri ex allievi della scuola va ad Asso, nell’attuale Turchia.

Ad Asso governa Ermia, sua vecchia conoscenza, che gli dà il beneplacito per la fondazione di una scuola, che il filosofo battezza come unica scuola platonica, misconoscendo quella di Atene guidata dai successori di Platone. Poi, insegna presso l’isola di Lesbo, dove fonda un’altra scuola. In seguito, nel 342, il re Filippo II di Macedonia lo richiede come precettore del figlio Alessandro.

Così, quando Alessandro Magno sale al trono, questi lo aiuta nella fondazione di un’altra scuola ad Atene, il “liceo” o “peripato“. Infatti, περιπατέω significa “passeggiare” e la scuola possiede un giardino con un colonnato nel quale maestro e discepoli passeggiano mentre avviene la lezione. Tuttavia, nel 323, con la morte di Alessandro, Aristotele lascia la città in cui serpeggia l’odio per i filo-macedoni come lui. Così, raggiunge Calcide e vi muore l’anno dopo, nel 322.

La fortuna del pensiero di Aristotele

Anche se gli scritti di Aristotele e Platone costituiscono il corpus principale della filosofia dell’antica Grecia, i testi dello Stagirita hanno una storia più travagliata di quelli dell’ateniese.

Innanzitutto, gli studiosi distinguono due gruppi principali: gli scritti esoterici e quelli essoterici. Infatti, Aristotele deve aver diviso i suoi allievi in due tipologie, “interni” ed “esterni”. Dunque, ai primi riserva opere specialistiche, adatte a chi lavora all’interno delle mura della scuola. Invece, ai secondi dedica testi di cui prevede un’ampia divulgazione e adeguati a chi inizia gli studi. Ma, per ironia della sorte, di questo secondo gruppo oggi sopravvivono solo pochi frammenti. In effetti, sappiamo della loro esistenza grazie a Cicerone che li elogia nei suoi scritti.

Ma anche i libri “superstiti”, quelli esoterici, subiscono rimaneggiamenti e variazioni nel corso dei secoli. In effetti, ciò stupisce poco, dato che è molto probabile che questi testi fin dall’inizio non sono scritti dal solo Aristotele. Cioè, è possibile che tali opere sono un lavoro corale compiuto dallo Stagirita insieme agli altri membri della sua scuola. Così, questa opera di correzione e miglioramento prosegue anche dopo la sua morte. In effetti, l’attenzione per l’originalità dei testi di oggi è ben diversa da quella del passato che contempla modifiche per gli originali.

Inoltre, nel mondo cristiano medievale scompaiono per secoli anche molti testi esoterici, che solo l’opera di traduzione dal greco e dall’arabo di alcuni studiosi permette di recuperare di volta in volta. Ma di questo parliamo nell’articolo dedicato alla logica. Comunque, oggi la storia della filosofia enumera Aristotele tra i protagonisti fondamentali del suo percorso, in quanto tutti i filosofi, dal Rinascimento in poi, confrontano le proprie idee con quelle dello Stagirita.

La Poetica di Aristotele

Quindi, di cosa tratta La Poetica di Aristotele? In effetti, è un trattato sull’arte poetica che concentra l’attenzione su due generi in particolare, la tragedia e l’epica. Infatti, Aristotele afferma che tutti i generi hanno una caratteristica comune, cioè sono imitazione. Tuttavia, differiscono per ciò che imitano e per il modo col quale imitano. Ma è rilevante come Aristotele pone nuovi parametri che distinguono chi è per davvero un poeta. Infatti, egli afferma che hanno la definizione di poeta sia Omero sia Empedocle. In effetti, ricordiamo che quest’ultimo compone dei testi filosofici in versi. Invece, Aristotele afferma che solo il primo è poeta, in quanto non basta la forma della scrittura per la validità di questa definizione. Infatti, la premessa è come suddetto che la poesia è imitazione. Dunque, Empedocle è uno scienziato in quanto è un filosofo, più che un poeta.

Innanzitutto, Aristotele pone come domanda per quale motivo esiste la poetica, cioè l’arte dell’imitazione. Così, nota che gli umani fin da bambini compiono atti di imitazione. Ma questo trova giustificazione a sua volta in due cause, la prima è che con l’imitazione l’uomo apprende, la seconda è che la trova un’attività piacevole. Così, Aristotele riconosce all’imitazione oltre all’aspetto ludico anche un aspetto pedagogico.

Tragedia, Epica e Commedia

La Poetica di Aristotele
Aristotele contempla il busto di Omero, così come immaginato dal pittore Rembrandt. Fonte immagine: Wikipedia.org.

Dunque, Aristotele afferma che in età arcaiche manca una distinzione tra generi poetici. Infatti, gli elementi tipici di ogni genere risultano mescolati all’interno delle stesse opere, come in quelle di Omero. Comunque, il filosofo ricorda che la tragedia nasce forse all’interno della cultura dorica, mentre la commedia in quella di Megara. Poi, la tragedia, che in un primo tempo è più simile alla satira e ha ancora elementi giocosi, diviene più seria.

Tuttavia, ciò che gli interessa è cosa distingue i differenti generi poetici. Dunque, come suddetto, la distinzione deriva dal differente oggetto imitato e dalla differente modalità d’imitazione. Perciò, definiamo tragedia l’imitazione degli uomini migliori, mentre la commedia è l’imitazione degli uomini peggiori. Cioè, dal brutto che non causa dolore nell’osservatore scaturisce il senso del comico, mentre dal bello che causa dolore deriva il sentimento tragico.

Ma se questo pone la differenza tra tragedia e commedia, epica e tragedia risultano sotto questo aspetto identiche. Invece, esse differiscono perché la tragedia ha un arco narrativo che prevede un tempo breve, mentre l’epica racconta di eventi che avvengono in tempi molto più lunghi. Tuttavia, in ogni caso la poetica è imitazione. Dunque, il compito del poeta non è dire la verità bensì cose verosimili e che possono accadere. Inoltre, caratterizzano la tragedia elementi quali le peripezie, il riconoscimento, e i fatti orrendi. Così, troviamo questi elementi ad esempio nell’Edipo, in cui l’eroe supera varie peripezie. Egli riconosce l’uomo che uccide come suo padre e la donna che sposa come sua madre, e ne derivano fatti orrendi.

L’eroe tragico in La Poetica di Aristotele

Inoltre, un’altra differenza tra epica e tragedia è che nella prima il protagonista è un uomo che spicca per le sue virtù, mentre nella tragedia è un uomo “medio”. Infatti, se il protagonista è troppo cattivo il pubblico non empatizza, e se è troppo virtuoso diviene un eroe epico. Perciò, l’eroe tragico è il più vicino alla normalità a cui appartiene anche il pubblico. Così, ad esempio, egli compie l’azione che porta alla tragedia per ignoranza, oppure tale azione è l’antefatto che produce la vicenda nella quale l’eroe risulta imprigionato. Dunque, la trama di una tragedia, composta dal nodo e dallo scioglimento, ha una direzione che è sempre dalla fortuna alla sfortuna dei fatti. Così, per lo Stagirita, la tragedia supera l’epica in quanto hanno le stesse caratteristiche, ma la tragedia avviene in un arco temporale più breve, e ciò la rende più piacevole.

Oltre La Poetica di Aristotele: Fillide e Aristotele

In sintesi, l’Epica di Aristotele è uno dei trattati più brevi dello Stagirita. Infatti, oltre ai temi descritti, troviamo solo qualche altra indicazione sulla corretta composizione di un poema. In effetti, alcuni studiosi ipotizzano una lunghezza maggiore del testo originale. Così, su questa ipotesi Umberto Eco incentra il suo romanzo Il nome nella rosa, nel quale immagina un secondo trattato aristotelico che affronta la commedia, il genere poetico meno analizzato nel testo di cui disponiamo. Ma se questa resta a oggi un’ipotesi, concludiamo con una leggenda medioevale che ha protagonisti Aristotele, Alessandro Magno e una donna, Fillide.

La Poetica di Aristotele
Fonte: Wikipedia.org

In effetti, sembra che la storia nasce in Francia nel 1230. Dunque, Aristotele raccomanda al giovane imperatore di troncare la relazione con la donna. Infatti, per causa sua Alessandro perde carisma e governa in modo meno attento. Ma il macedone rivela tutto alla donna. Perciò, la giovane seduce Aristotele, il quale ormai invaghito accetta anche di camminare a quattro zampe. Così, mentre Fillide cavalca Aristotele, Alessandro li raggiunge e rimprovera il maestro. Ma il filosofo gli dice che se lui stesso è caduto nella trappola della donna il giovane deve stare ancor più in guardia. Così, per la sua arguzia, Alessandro lo perdona e ottiene il suo consenso nel prosieguo della relazione. Insomma, da persona che riflette sui personaggi della poetica, Aristotele diviene personaggio di una storia.

Luigi D’Anto’

Bibliografia

Aristotele, Poetica, a cura di D. Lanza, Rizzoli 1993.

Sitografia

Per approfondire la leggenda di Fillide e Aristotele: https://fillide.it/fillide/

Nota: l’immagine di copertina è ripresa da Wikipedia.org.