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Il mio vicino Totoro, analisi e curiosità sul film

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In questo articolo parleremo del film Il mio vicino Totoro, del perché il suo protagonista è diventato il marchio dello Studio Ghibli e risponderemo alla domanda “cos’è Totoro”?

Lo Studio Ghibli

Hayao Miyazaki

Hayao Miyazaki e Isao Takahata, rispettivamente animatore e direttore della celebre serie animata Heidi del 1974, decisero di aprire un proprio studio cinematografico e nel 1985 fondarono lo “Studio Ghibli” (pronunciato in giapponese “ji-bu-ri”). Il mio vicino Totoro vide la luce qualche anno dopo, nel 1988 riscuotendo un successo tale, sia di pubblico che di critica, da rendere Totoro l’icona stessa dello Studio.

Trama

Le piccole sorelle Satsuki e Mei si trasferiscono col padre in una casa di campagna. Un’anziana signora loro vicina, che le bimbe chiamano “nonnina“, introduce loro (e gli spettatori) in una nuova realtà. Tatsuki e May raccontano di aver visto in casa delle strane entità e sia il padre sia la nonnina non le contraddicono.

Un giorno in cui Satsuki è a scuola Mei si avventura nel bosco confinante con la proprietà. Qui avviene il primo incontro con Totoro, di cui la bambina non ha affatto paura nonostante l’enorme stazza e lo strano aspetto. La sorella maggiore stenta a credere al racconto di Mei fino a quando non vede anche lei Totoro mentre attende sotto la pioggia il ritorno del padre vicino la fermata di un autobus. La bimba gli offre un ombrello e poco dopo Totoro sale su uno strano mezzo per metà bus e per metà gatto.

La vita della famiglia prosegue serena fino a quando Mei sparisce misteriosamente. Satsuki è convinta che la sorella abbia cercato di raggiungere l’ospedale in cui si trova la madre ma non riesce a trovarla. Disperata, si reca nel bosco e chiede aiuto a Totoro. Questi chiama il Gattobus che accorre immediatamente. Con l’ausilio del mezzo felino Satsuki ritrova la sorella minore e le due si recano verso l’ospedale, lasciando fuori dalla finestra della camera della madre una pannocchia di mais con i loro nomi scritti sopra.

Chi o cosa è Totoro?

Quando Mei incontra per la prima volta il grosso abitante del bosco nella sua tana esclama «Tu sei un totoro!» . La bambina infatti ha riconosciuto in quella creatura un personaggio descritto in un libro di fiabe. Nei titoli di coda del film si può vedere un’immagine in cui Mei e Satsuki ascoltano la madre che legge una storia. Sulla copertina del libro della madre si vede una figura simile a Totoro insieme ad una capra. Ciò suggerisce che il racconto è quello dei tre capretti furbetti che raggirano un troll. Il nome “Totoro” infatti è una deformazione della parola giapponese “tororu“, cioé “troll“. Mei è la prima a pronunciare il nome “Totoro”, che non viene smentito né confermato dalla creatura in quanto questa si esprime solo con dei versi. Satsuki userà quell’appellativo dopo averlo sentito dalla sorella.

Ma allora cos’è davvero Totoro? Il suo aspetto è frutto dell’immaginazione di Miyazaki, una commistione di più animali, in particolare il procione, il gatto e il gufo. Nello Studio Ghibli la parola “Totoro” è usata sia come nome proprio sia come nome di genere per riferirsi alle altre due piccole creature che compaiono nel corso della storia.

Pupazzi dei tre “Totoro” presenti nel film.

Un vicino silenzioso

Anche se il film si chiama Il mio vicino Totoro (Tonari no Totoro in originale) l’insolito abitante del bosco non è sempre presente. A lui non si accenna per tutta la prima parte del film. Anche in seguito Totoro sembra essere spesso dimenticato dalle due bambine la cui vita prosegue svolgendo attività quotidiane. Una delle scene in cui compare si rivelerà essere un sogno delle bimbe. Inoltre, quando Mei lo disegna nella classe in cui Satsuki segue la lezione e ne pronuncia il nome, la sorella la zittisce. Nessuno sembra essere a conoscenza della sua esistenza oltre a Mei e Satsuki.

Più che un’entità reale Totoro si presenta come un gioco che unisce le due sorelle. A conferma di ciò Miyazaki ha affermato che dopo le vicende descritte nel film per Mei e Satsuki non ci sono stati altri incontri col Totoro del bosco. Non a caso nei titoli di coda sono presenti varie scene in cui le bimbe sono in compagnia degli altri bambini e della madre, ma non di Totoro e delle altre creature. Totoro è ciò che ha unito Mei e Satsuki per tutto il periodo in cui la madre è stata in ospedale per poi sparire in seguito.

L’intero film sembra costruito per descrivere l’infanzia sotto due occhi differenti, quello più spensierato della sorella minore e quello più attento della maggiore. Ciò si coglie nel comportamento di Mei, la cui concentrazione tende a calare facilmente, attirata da qualsiasi cosa vede o sente. Di Satsuki invece è possibile cogliere l’apprensione quando non trova più la sorellina.

La storia mostra lo spaccato di vita di una famiglia e permette allo spettatore di riscoprire una dimensione infantile. Anche la delicata colonna sonora di Joe Hisaishi che accompagna tutta la narrazione riesce a evocare questa dimensione.

Una o due sorelle?

Il film è approdato in Italia nel 2009, quando ormai era famosissimo in Giappone. Eppure nel 1988, prima che esplodesse la sua popolarità, sorse un piccolo mistero. In alcune immagini che pubblicizzavano il film era possibile vedere una sola bambina che non aveva le sembianze né di Mei né di Satsuki. Questa incongruenza, che suscitò un po’ di confusione, ha tuttavia una spiegazione. In una prima fase Miyazaki aveva ideato una storia in cui vi era una sola protagonista. In un secondo momento ritenne opportuno lo “sdoppiamento” della figura. Una traccia di questa evoluzione è presente nei nomi. Mei si chiama così in riferimento alla parola inglese per indicare il mese di maggio. Satsuki ugualmente è parola giapponese con cui è chiamato questo mese. Le sorelle dunque hanno lo stesso nome!

L’infanzia di Miyazaki

Non è un mistero, invece, che Miyazaki abbia attinto dalla sua vita per vari elementi presenti nel film. La madre delle due bambine è in ospedale perché, come si deduce, è affetta da una grave malattia. Nel libro derivato dal film è spiegato che questa malattia è la tubercolosi. Anche la madre di Miyazaki soffrì per lo stesso motivo e ciò la costrinse a restare per molto tempo lontano da casa.

L’intera storia inoltre è ambientata nei pressi della città di Tokorozawa, zona in cui vive lo stesso Miyazaki. La regione è realmente ricca di verde come nel film e gli abitanti cercano di preservarla dall’urbanizzazione. A oggi esiste un movimento per la salvaguardia di questa area che ha per nome Totoro no Furusato, “la casa di Totoro“. Totoro è così, oltre che l’icona dello Studio Ghibli, anche il simbolo di questo movimento.

Totoro, Heidi e Alice nel Paese delle Meraviglie

In Il mio vicino Totoro è possibile cogliere un’eco della storia di Heidi. Come già accennato Miyazaki e Takahata hanno lavorato alla trasposizione in serie animata di questa storia. Il trasferimento iniziale in una casa immersa nella natura, la scoperta del nuovo mondo e la gioia delle bambine è infatti tema comune ad ambo le storie.

Un’illustrazione raffigurante Heidi, la protagonista della storia omonima.

Tuttavia è possibile scorgere delle somiglianze anche con un’altra fiaba: Alice nel paese delle meraviglie.

Quando May esplora da sola la campagna nei dintorni della casa e vede i due “piccoli Totoro” li insegue addentrandosi nel bosco. Successivamente precipita in un tronco cavo e scopre così la tana dei tre spiriti. Questa sequenza ricorda l’apertura della storia di Alice. La bambina descritta da Carroll infatti insegue il Bianconiglio e precipita in quella che crede esserne la tana.

Anche il Gattobus richiama un altro personaggio della storia di Alice, lo Stregatto o Cheshire cat. Nelle illustrazioni originali del libro di Carroll il misterioso felino è appollaiato su un albero ed è contraddistinto da un largo ghigno. Questa caratteristica si ritrova anche nella creatura di Miyazaki. Ma il Cheshire cat non è un’invenzione di Carroll bensì un essere presente nel folklore inglese che abita luoghi desolati e fa perdere la strada ai viaggiatori. Il gattobus ha, sotto questo punto di vista, un ruolo esattamente opposto, in quanto aiuta le due sorelline e permette lo scioglimento positivo della storia. Cheshire cat e Gattobus hanno così anche lo stesso ruolo!

Il ruolo del gatto nel folklore giapponese

Senza allontanarci dalla cultura di Miyazaki è giusto notare che anche in Giappone vi sono numerose fiabe e leggende legate ai gatti. In alcune essi hanno un ruolo negativo e presentano dimensioni più grandi del normale. A questo tipo di storie appartengono le leggende relative ai bakeneko (“gatto mostruoso”). In altre storie, come nel caso dei maneki neko (“il gatto che chiama”) questi felini sono considerati invece portatori di fortuna. Il Gattobus sembra riunire in sé elementi diversi di queste leggende.

Tutto lieto?

Nonostante l’immediato successo del film non tutte le critiche sono state positive. La storia infatti è stata tacciata di eccessivo buonismo. Non vi è dubbio che la trama, come quella di altri film di Miyazaki, è costellata di personaggi molto gentili nei confronti dei protagonisti e non manca il lieto fine. Eppure a un occhio attento è possibile scorgere un’altra faccia della storia.

Durante un temporale le bambine si riparano sotto il tetto di un piccolo santuario dedicato a Ojizu-sama. Costruzioni di questo tipo, tipiche del buddhismo giapponese, sono erette come memoriale per bambini morti. La presenza di questo santuario ricorda quindi la possibilità di una circostanza simile. Infatti quando Mei scompare l’intero villaggio si mobilita per trovarla e si teme il peggio quando rinvengono una scarpetta da bambino nelle acque lacustri.

Altre statue di Ojizu-sama sono osservabili alle spalle di Mei quando la bambina perde la strada e la sorella maggiore la ritrova, elemento che sottolinea ulteriormente la presenza di un possibile pericolo per la bambina.

Creepypasta su Totoro

Intorno a questi particolari sono nate delle teorie “Creepypasta“. Secondo queste storie Totoro sarebbe un angelo della morte che comparirebbe alle due bambine.

Che Totoro sia un’entità a metà strada tra il mondo degli spiriti e quello degli umani è affermato dallo stesso Miyazaki. Un dettaglio che nel film suggerisce esplicitamente questa interpretazione è l’albero in cui la misteriosa entità vive. Quando le sorelle insieme al padre esplorano il bosco e si avvicinano all’enorme albero che lo domina con la sua altezza notano una corda che ne circonda il tronco. Si tratta di una shimenawa, “corda delimitante”. Nella cultura scintoista queste corde hanno la funzione di marcare gli alberi sacri. Secondo lo scintoismo infatti alcune piante sono abitate da spiriti silvestri. Quando il padre e le bambine si inchinano davanti all’albero stanno eseguendo un gesto di saluto nei confronti dello spirito.

Questi particolari non fanno di Totoro un richiamo alla morte ma il suo esatto opposto. Egli esprime la vita tanto della natura, in qualità di spirito della foresta, tanto delle due bambine, in quanto parte del loro immaginario fantastico.

Totoro nel 2020

Durante il periodo di quarantena causato dal coronavirus Toshio-Suzuki, animatore dello Studio Ghibli, ha realizzato un video in cui spiega ai bambini della sua città, Nagoya, come disegnare Totoro. Parallelamente il Museo Ghibli (inaugurato nel 2001 presso Mitaka, Tokyo) ha promosso dei tour virtuali dopo la chiusura causata anch’essa dalla quarantena. Si tratta di una novità in quanto in precedenza non era possibile scattare foto né filmare l’interno della struttura. Tutti questi video sono raccolti nel canale youtube del Museo Ghibli.

Uno Spin-off

A differenza della Disney, che negli ultimi anni ha realizzato numerosi sequel e opere derivate dai suoi film principali, lo Studio Ghibli si è dichiarato interessato a produrre solo storie originali, almeno per ora. Tuttavia c’è una piccola eccezione alla regola. Nel Museo Ghibli i visitatori possono vedere proiettato un cortometraggio con protagonista la piccola Mei. Questo spin-off è a tutti gli effetti un sequel di Il mio vicino Totoro. In esso la bambina fa amicizia con un cucciolo di gattobus e salendoci a bordo compie un viaggio che le permette di incontrare altri Totoro e un enorme Gattobus. A prova del fatto che, forse, la sorella minore è ancora immersa nel mondo fantastico.

Luigi D’Anto’

Bigliografia

T. Kubo, H. Myazaki, J. Hubbert, My Neighbor Totoro, , 2013.

L. Carroll, Alice nel Paese delle Meraviglie.

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Luigi D'Anto'

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