Hamilton: trama e analisi del musical di Disney +

Dal 3 luglio 2020 è disponibile sulla piattaforma Disney + Hamilton. Il musical scritto e interpretato da Lin-Manuel Miranda racconta la vita di Alexander Hamilton, uno dei padri fondatori americani. Ma Hamilton è molto di più di un musical biografico. È il racconto dell’indipendenza americana narrata attraverso le vicende di un immigrato, è la lotta per l’indipendenza delle tredici colonie, gli intrecci politici, i drammi personali. Il tutto è narrato con musiche coinvolgenti, testi arguti e interpretazioni intense che sono valsi numerosi premi. Tra cui undici Tony Awards (gli Oscar del teatro), il premio Pulitzer per la drammaturgia e il Grammy Award al miglior album di un musical teatrale.

Qual è la trama di Hamilton?

Hamilton è un musical in due atti. Protagonista è Alexander Hamilton, nato nei Caraibi nel 1755. Dopo aver avuto un’infanzia tragica a 17 anni scrive un saggio sulla devastazione portata da un uragano. Il saggio è così brillante che gli abitanti dell’isola fanno una colletta per permettergli di studiare a New York. Qui conosce i rivoluzionari e prenderà parte alla loro causa. Ed è proprio sulla lotta contro l’Inghilterra e la conquista dell’indipendenza che si concentra il primo atto. Il secondo, invece, racconta la creazione del governo, le lotte e gli intrighi di potere che si intrecciano con quelli personali.

Hamilton

Chi è Lin-Manuel Miranda?

Lin-Manuel Miranda è l’essenza del musical: è l’attore che interpreta Alexander Hamilton, è il compositore, è lo scrittore dei testi, la sua presenza scenica è una calamita per lo spettatore. Egli è nato e cresciuto a New York da una famiglia portoricana. Prima di sfondare nel mondo di Broadway è stato insegnate di inglese, editorialista, critico culinario per il Manhattan Times e compositore per le pubblicità.

È rimasto molto legato alle sue origini. Proprio per questo ha ambientato nel quartiere di Washington Heights, zona di New York con un’alta percentuale di latinoamericani, il musical precedente a Hamilton, chiamato appunto In the Heights. Il musical ha testi e musica di Lin-Manuel Miranda e libretto di e Quiara Alegría Hudes, lo show è approdato a Broadway nel 2008. Anche questo musical ha vinto premi dalla critica, tra cui quattro Tony awards (uno dei quali come miglior musical). Lo spettacolo è stato trasposto in un film che era previsto per il 2020 ma rimandato al 2021 a causa della pandemia.

Nel 2014 è lui a comporre la colonna sonora del film Oceania insieme a Mark Macina e Opetaia Foa’i. Tra le loro composizioni Oltre l’orizzonte, ha ricevuto una candidatura agli Oscar come miglior canzone originale.

La sua collaborazione con la Disney non finisce qui. Infatti è lui ad interpretare Jack, il lampionaio, accanto a Emily Blunt nel sequel di Mary Poppins del 2018: Il ritorno di Mary Poppins

Come è nata l’idea?

Miranda ha avuto l’idea per Hamilton leggendo la biografia Alexander Hamilton di Ron Chernow, mentre era in vacanza. Partendo da questa idea iniziò a fare ricerche e a comporre. Scoprì che già nel 1917 c’era stato uno spettacolo sulla storia di Hamilton. Continuò comunque a scrivere tra una pausa e l’altra di In the Heights.

Nel 2009 fu chiamato a partecipare ad una serata culturale alla Casa Bianca in cui vari artisti si esibivano, possibilmente su tematiche della storia americana. Così Miranda decise di portare il pezzo a cui stava lavorando. Il 12 maggio fu eseguito così per la prima volta quello che sarà il brano di apertura del musical e uno dei pezzi più famosi del suo repertorio.

Perché Hamilton ha avuto così tanto successo?

Trasformare la storia in musical è un rischio: c’è il pericolo di annoiare lo spettatore, c’è la difficoltà nel raccontare vicende complesse, ci sono le ricerche da fare per chiamare in causa personaggi storici. Hamilton prende questo rischio e lo fa puntando tutto su un’accoppiata inusuale ma innovativa: storia e rap. Se già l’accappiata storia-rap può sembrare strana, collocarla in un teatro non aiuta di certo. Sarà anche un abbinamento inusuale, ma proprio per questo suscita curiosità. Se Hamilton è pluripremiato e amatissimo dal pubblico un motivo c’è ed è la forza della rappresentazione che questo spettacolo mette in scena.

Sin dall’inizio la musica composta da Miranda coinvolge lo spettatore così come le parole dirette, chiare e calzanti, la metrica che si adatta perfettamente alle basi ritmate e allo stesso tempo usando giochi di parole che stupiscono e intrattengono. Chi si aspetterebbe di vedere uomini del Settecento inneggiare alla libertà a suon di hip-hop? Alle parti rappate si alternano canzoni tradizionali, dalle ballate al jazz, a seconda della scena e del personaggio. Il tutto con una coreografia altrettanto coinvolgente (creata da Andy Blankenbuehler) e un cast eccezionale.   

Le musiche, i testi, la coreografia, la recitazione magistrale, tutto concorre nel rendere la rappresentazione non soltanto una narrazione delle vicende, ma un racconto delle emozioni. Questo aspetto emerge soprattutto in canzoni come Dear Theodosia, Burn e il commovente brano finale Who Lives, Who Dies, Who Tells Your Story.

Hamilton

La scelta del rap in Hamilton

Ma la particolarità di Hamilton è senz’altro la novità che ha introdotto, cioè il rap. Già c’erano stati usi di rap nei musical, sperimentazioni si possono far risalire fino agli anni Cinquanta, ma è solo con dagli anni Duemila che il rap è legittimato come parte integrante del repertorio. Un contributo in questo senso ha dato lo stesso Lin-Manuel Miranda con In the Heights, dove anche se costruito per lo più in modo tradizionale con le melodie, vengono dati maggiore spazio e legittimità al rap come strumento narrativo.

In scene come quella del Cabinet Battle, l’uso del rap per rappresentare dibattiti politici ancora una volta può sembrare una scelta sconnessa, ma in realtà ha un suo senso. Il rap è adatto per le battaglie verbali, basti pensare alle rap battles, in cui provocazioni e risposte vengono scandite dalla base ritmata. Una competizione così strutturata ben si adatta agli scontri tra i personaggi di Hamilton, i dialoghi con battute e rimbecchi ma anche con la costruzione di argomentazione a favore della propria tesi.

Inoltre il rap non è limitato della melodia, cioè non è importante creare un motivo che ritorni più volte nell’arco della canzone, ma le rime all’interno del testo che procede sulla base ritmata. Ed è proprio questa maggiore libertà di cui si serve il musical. Ciò è particolarmente evidente in Farmer Refuted in cui si Samuel Seabury e Hamilton si scontrano, mentre il primo nell’argomentare è legato alla monotona melodia, la scioltezza nel discorso di Hamilton emerge anche grazie al rap.

Allo stesso modo il ritmo incalzante e la velocità delle parole funzionano bene per esprimere la concitazione delle battaglie e degli scontri della guerra d’Indipendenza.

I personaggi

I personaggi rappresentati sono i padri fondatori della costituzione americana, ma non solo. La presenza femminile è assicurata dal trio delle sorelle Shuyler, Angelica (Reneé Eliuse Goldsberry), Eliza (Phillipa Soo) e Peggy (Jasmine Cephas Jones). In particolare Angelica ed Eliza (la moglie di Hamilton), sono personaggi profondi e anche qui l’alternanza rap/canzoni melodiche serve a evidenziare la personalità del personaggio: l’energia di Angelica e la dolcezza di Eliza.

Il villan della storia Giorgio III (Jonathan Groff), anche se non interagisce direttamente con gli altri, appare sulla scena più volte per minacciare le colonie: “per ricordarvi del mio amore”, come a sottolineare il falso paternalismo della corona verso i suoi sudditi. Ma il vero personaggio negativo è Aaron Burr (Leslie Odom Jr.), carismatico e ambizioso, passerà da essere una guida per Hamilton a essere suo rivale.

Altri personaggi noti al pubblico: George Washington (Cristopher Jackson), Jefferson, La Fayette (Daveed Diggs li interpreta entrambi), John Laurens (Anthony Ramos), James Madison (Okieriete Onaodowan). Eccetto per Groff, il cast è composto da attori non bianchi. Una scelta motivata proprio dalla varietà e dalla mescolanza delle diverse culture ed etnie da cui gli Stati Uniti nascono, lo stesso Hamilton non era nato negli States, e che troppo spesso vengono tagliate fuori dalla storia dell’uomo bianco.

Miriam Campopiano

Sitografia