Cristoforo Colombo e la scoperta del Nuovo Mondo

Nel 1492 Cristoforo Colombo approda sulle coste di un nuovo continente. Questa scoperta è così importante da segnare uno spartiacque tra Medioevo ed Età Moderna, è un avvenimento rivoluzionario che dà inizio all’espansione europea nel mondo. Ovviamente nulla è così semplice come sembra e non bisogna pensare che da quel momento in poi ci sia stato un cambio repentino nella mentalità degli europei, anzi, e bisogna tener presente che Colombo non è il solo navigatore, è uno dei tanto esploratori che spinti dal quadro sociopolitico del momento si inoltravano oltre le colonne d’ Ercole.

Quali furono le cause dei viaggi di esplorazione?

Nella seconda metà del XV secolo l’economia dei Paesi mediterranei era in difficoltà. Nel 1453 Costantinopoli era caduta in mano ai Turchi e ora l’Impero ottomano esercitava il controllo sulle rotte commerciali verso Est. Questo rappresentava un problema soprattutto per chi, come i veneziani, aveva fatto del commercio con l’Oriente la principale fonte di ricchezza. Ora che quelle vie non erano più sicure bisognava trovare altre rotte per le India e la Cina. I due regni che investirono di più nella ricerca di nuove rotte commerciali, almeno in questo periodo storico, furono la Spagna e il Portogallo.

Forti della loro posizione geografica decisero di sfruttarla per rafforzare il proprio Stato nazionale e acquistare un ruolo più forte in ambito internazionale. Infatti non bisogna dimenticare che la penisola Iberica era stata contesa per secoli tra gli Europei e gli Arabi e proprio in quegli anni il processo della reconquista, dopo vicende altalenanti, giungeva al termine con la presa di Granada nel 1492, e la Spagna veniva unificata. Il Portogallo era un regno indipendente già dal XII secolo.

Chi era Cristoforo Colombo?

Le notizie sulla prima parte della sua vita sono scarse. Nato nei territori della Repubblica di Genova nel 1451, era il figlio di un tessitore. Fino ai vent’anni continuò il mestiere paterno, poi si dedicò al commercio e iniziò a navigare. Intorno al 1480 si trasferì in Portogallo. Cristoforo Colombo era un lettore di trattati di geografia medievale, come l’Imago mundi del cardinale francese Pierre d’ Ailly ed era appassionato de Il Milione di Marco Polo. Riprendendo le teorie sulla sfericità della terra degli antichi Greci e dei calcoli dei contemporaneo Toscanelli si convinse che la distanza tra le isole Canarie e il Giappone fosse di circa 4500 km e che fosse quindi percorribile. In realtà i dati erano sbagliati e la circonferenza terreste si rivelò essere più ampia di quanto credeva Colombo.

Cristoforo Colombo

Chi finanziò Cristoforo Colombo?

Il progetto di Colombo per raggiungere le Indie consisteva nel superare lo Stretto di Gibilterra e procedere in linea retta, convinto che la distanza sarebbe stata percorribile in un tempo relativamente breve. Colombo si rivolse inizialmente al re del Portogallo, Giovanni II. Era il 1484 e il re fece valutare il progetto dai suoi cosmografi, che però non furono convinti dai calcoli del genovese. In più il Portogallo aveva già investito le sue risorse nella circumnavigazione dell’Africa e quindi bocciò la proposta.

Cristoforo Colombo si rivolse allora alla corte di Spagna, ma gli scienziati di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona concordarono con quelli portoghesi e in un primo momento bocciarono anch’essi l’idea. Spinti però dalla rivalità con il Portogallo, che nel frattempo stava avendo successo nelle spedizioni, alla fine decisero di finanziare l’impresa e il 17 aprile 1492 fu firmata la Capitolazione di santa Fé, con la quale Cristoforo Colombo diventava Ammiraglio del Mare Oceano, vicerè e governatore dei territori che avrebbe scoperto. Gli venivano affidate due caravelle, la Niña e la Pinta, e una nave ammiraglia, la Santa Maria.

A contribuire al ripensamento dei sovrani fu anche lo spirito religioso con cui Colombo presentò la spedizione, infatti l’intenzione era anche quella di aprire nuove vie per la diffusione della fede cristiana, ora che il Mediterraneo e le sue rotte commerciali erano in mano agli infedeli Turchi.

Il primo viaggio di Cristoforo Colombo

Il 3 agosto 1492 Colombo salpò da Palos, nella Spagna Meridionale, per poi fare scalo alle Canarie e partire verso l’Atlantico. Il viaggio durò oltre due mesi, non senza problemi nell’equipaggio, che dopo mesi di navigazione su dati incerti aveva iniziato a esporre lamentele. Colombo tuttavia riuscì a tenere a bada il malcontento.

A tal proposito ci sono teorie secondo le quali Colombo sapeva già quale rotta seguire perché già percorsa da alcuni navigatori prima di lui (secondo alcune versioni da Colombo stesso), la cosiddetta “prescoperta”. Ma non ci sono fonti e prove decisive per dimostrare la validità di queste teorie.

La notte tra l’11 e il 12 ottobre fu avvistata terra, era un’isola di Guanahani nelle Bahama, ribattezzata da Colombo San Salvador. Nei mesi successivi ci fu una navigazione intensa nell’arcipelago delle Antille alla ricerca di luoghi conosciuti dell’Asia. Approdarono così ad Haiti e Cuba, che Colombo pensava essere il Cipango, cioè il Giappone.

Cristoforo Colombo

Cristoforo Colombo e gli indios

Quando Colombo sbarcò a San Salvador credeva di aver trovato le Indie, questa è la ragione per cui gli abitanti di quei luoghi saranno da lui chiamati “Indiani”. Più tardi, quando si capirà che si tratta di un nuovo continente, saranno ribattezzati “Indios”.

L’immagine che generalmente si ha di Colombo è quella di uno sfruttatore dei territori e delle popolazioni americane, dovuta soprattutto alla cattiva fama che avrà nella parte finale della sua vita. Di certo egli non vide mai gli Indios come suoi pari ed era convinto della superiorità degli Europei, ma la questione non va banalizzata. Colombo non li considera alla stregua di sub-umani, anzi ne riconosce l’ingegno, ma allo stesso tempo si rende conto della grande differenza che c’è tra loro e decide di sfruttarla a suo favore.

Questa è la prima descrizione che Colombo ne fa: «[…] parve a me fosse gente poverissima di ogni cosa. Essi vanno nudi come la madre loro li partorí e ugualmente le donne, ancorché non ne vidi nessuno che fosse maggiore di XXX anni e molto ben fatti e di bellissimi corpi e di bei sembianti, i capelli grossi quasi come i crini della coda dei cavalli, e corti[…]. Non usano armi, né le conoscono, tanto che mostrai loro le spade e le prendevano dalla parte del filo e si ferivano per ignoranza. Non hanno nessuna sorta di ferro, le zagaglie loro sono aste senza ferro, talune portano sulla cima un dente di pesce, altre di altre cose. Generalmente sono tutti di buona statura, di modi gentili e ben fatti. Devono essere buoni e di ingegno vivace che m’avvidi che in breve tempo ripetevano ciò che dicevo loro.»[1]

Che atteggiamento aveva Cristoforo Colombo verso i nativi?

L’atteggiamento di Cristoforo Colombo è ben spiegato da T. Todorov nel suo libro La conquista dell’America: Colombo vuole che gli indiani siano come lui, il suo intento, un po’ ingenuo è quello di far adottare agli indios i suoi stessi usi e costumi. Si potrebbe dire, per semplificare, che vuole “portarli al suo livello”. Questa mentalità si fonda sull’identificazione dei propri valori come valori generali, sulla pretesa di estendere le proprie usanze e la propria visione del mondo a chi ha una posizione diversa.

Queste intenzioni inevitabilmente si traducono in un progetto di cristianizzazione delle popolazioni locali. In realtà il desiderio di esportare il vangelo era già presente nelle intenzioni di Colombo, anche se nessun religioso prese parte alla prima spedizione.

Scrive così nel suo diario: «E credo che facilmente si farebbero cristiani perché mi parve non avere essi alcuna religione. Io, a Nostro Signore piacendo, quando mi partirò da qui, porterò con me 6 di questi uomini che condurrò alle Vostre Altezze affinché imparino a parlare. Nessuna bestia di nessuna sorta vidi, salvo pappagalli, in questa isola. »[2]

Il ritorno di Cristoforo Colombo e i viaggi successivi

Nel 1493 fecero ritorno in Spagna, dove Cristoforo Colombo fu accolto con tutti gli onori per aver trovato una via alternativa alle Indie. Colombo organizzò altri tre viaggi tra il 1493 e il 1502, ma esplorando quei territori non trovava traccia delle ricchezze promesse. La delusione raggiunse presto anche la Spagna, che nel frattempo vedeva il rivale Portogallo dominare con successo la rotta africana verso l’India. La fama di Colombo andò così via via scemando.

Durante i suoi viaggi successivi Colombo non realizzò mai pienamente di aver raggiunto un nuovo continente, era consapevole di aver raggiunto un territorio inesplorato, ma concluse che si trattava del Paradiso Terrestre. Nel suo diario, parlando della foce del fiume Orinoco, leggiamo così: «[…] Mi sono fatto questa opinione del mondo e ho scoperto che non era rotondo come sta scritto, ma piuttosto di una pera rotonda assai […]. Io non credo che il Paradiso Terrestre abbia forma di aspra montagna, come tramandato dalle Scritture; convengo solo si trovi sulla cima di quella sporgenza che dissi, figurandola come il picciolo della pera […] e credo che quest’acqua possa scaturire proprio da quel luogo per quanto lontano e poi sfociare là dove io vengo, formandovi questo lago. Grandi indizi del Paradiso Terrestre sono questi perché tale sito è conforme all’opinione di questi santi e sacri teologi. […]»[3]

Durante l’assenza di Colombo da Hispaniola (Haiti) proprio per le esplorazioni del fiume, gli indigeni si erano ribellati allo sfruttamento spagnolo. Colombo fu accusato di malgoverno e riportato in catene in Spagna. Una volta giunto in Europa fu rimesso in libertà e riorganizzò un altro viaggio, che però nella parte del ritorno ebbe numerose difficoltà. Oramai la parabola di Colombo era finita. Egli mori nel 1506 in difficoltà economiche quasi dimenticato e senza sapere di aver scoperto un nuovo continente.

Perché si chiama America?

Nel frattempo, anche altri esploratori si erano interessati ai nuovi territori scoperti da Cristoforo Colombo, come i Fratelli Caboto, Giovanni e Sebastiano, che a servizio della corona inglese approdarono nel Canada e sulle coste della Terranova. Questa terra che sembrava sconfinata, raggiungibile sia dall’Europa che dall’Africa, era sempre più, nelle idee dei cartografi, qualcosa di diverso dall’Asia. Fu il fiorentino Amerigo Vespucci, che dopo due esplorazioni (1499 e 1503), scrisse al segretario della Repubblica fiorentina Pier Soderini, parlando di un “nuovo mondo” per la prima volta. Nel 1507 il geografo tedesco Martin Waldseemüller, nel volume Cosmpgraphiae Introductio chiamò America i territori esplorati da Amerigo Vespucci.

Cristoforo Colombo

[1] C Colombo, Diario del primo viaggio, in Gli Scritti, Einaudi Torino 1992 p.33.

[2] Ibidem

[3] P.Collo, P.L. Crovetto (a cura di), Nuovo Mondo. Gli italiani, 1492-1565, Einaudi Torino 1991, p. 65.

Miriam Campopiano

Bibliografia e sitografia

  • A. Brancati, T. Pagliarini, Dialogo con la storia e l’attualità, Firenze, La Nuova Italia 2012, vol. 1 Dal Mille alla metà del Seicento.
  • Cristoforo Colombo, Diario di Bordo. Libro della prima navigazione e scoperta delle Indie, A cura di G. Ferro, Milano, Mursia 1985.
  • M. Cattaneo, C. Canonici, A. Vittoria, Manuale di storia. Seconda edizione, Bologna, Zanichelli 2012, vol. 1, Dall’anno Mille alla prima età moderna.  
  • P.Collo, P.L. Crovetto (a cura di), Nuovo Mondo. Gli italiani, 1492-1565, Einaudi Torino 1991.
  • https://www.cronologia.it/mondo21.htm
  • T. Todorov, La conquista dell’America, Torino, Einaudi 1992.