Cortocircuito di Marcello Affuso, la recensione

Quando un amore finisce, spesso nell’animo della persona che ha subito la rottura subentra un tragico senso di abbandono. Ad esso si accompagnano infinite riflessioni, nostalgie e recriminazioni che, inevitabilmente, contribuiscono a sprofondare in una condizione di estrema sofferenza, in cui nulla, se non la causa stessa di quella sofferenza, ha più importanza. Si è, insomma, davanti a un vero e proprio cortocircuito dell’intelletto e dello spirito.

Cortocircuito è, per l’appunto, il titolo scelto da Marcello Affuso per la sua raccolta di poesie volta a raccontare dall’interno le conseguenze dall’abbandono, mentre lentamente e dolorosamente ci si avvia verso il suo superamento. Nell’opera, edita da Guida Editori, alle 32 poesie dell’autore si alternano 34 illustrazioni e fotografie realizzate da Mara AuricchioGiorgia BisantiSara Melis e Daniele Lepore. Esse contribuiscono a dar forma ai sentimenti del poeta, rendendoli visibili e, a tratti, quasi tangibili. L’abbandono, benché centrale, non è, però, l’unico argomento trattato nel volume, che, anzi, si presenta come un’immersione a fondo nei meandri della psiche umana.

La raccolta, disponibile nelle librerie dal 17 dicembre 2018, è stata presentata ufficialmente a Napoli, il 20 e il 21 dicembre rispettivamente all’Istituto Nazareth e alla saletta Guida.

Cortocircuito e la poesia come rifugio

Cortocircuito
Marcello Affuso

Cortocircuito è un’opera improntata alla perdita di contatto tra l’io e la realtà. Il suo autore cerca, infatti, rifugio nella poesia per poter guarire le proprie ferite, così osservando la vita da una prospettiva differente. Nel farne materia d’arte, però, egli ravviva il ricordo di ciò che vorrebbe superare, amplificandone la portata che, da personale, diviene esistenziale.

Ha dunque inizio un’apostrofe dell’io rivolta all’amore perduto che, in quanto espressione di un singolo in solitudine, è in realtà un cupo monologo. Tale scelta espressiva permette al poeta di coinvolgere il lettore, fin dalla forma, negli effetti devastanti dell’abbandono. L’io, ormai solo, non ottiene più risposte, se non da se stesso, e si trova intrappolato in un vortice autodistruttivo.

I versi riproducono il flusso dei pensieri del poeta, susseguendosi in maniera volutamente asistematica. In quest’impostazione è presente, oltre alla volontà di rappresentare realisticamente l’alternarsi di stati d’animo prodotto dalla sofferenza, il desiderio di opporsi alle tendenze stilisticamente omologanti di buona parte della letteratura contemporanea.

Il senso di continuità è dato, invece, dalla persistente e via via crescente immersione nell’animo del poeta, che consegna al lettore le chiavi della sua intimità. Il suo intimo offre l’occasione di rivivere sensazioni che altrimenti non riporterebbe a galla e che, spesso, vengono rapidamente accantonate senza analizzarle. Solo affrontandole nella loro complessità, però, è realmente possibile voltare pagina.

Il ricordo del tempo felice

«Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria»

La celebre citazione del V Canto dell’Inferno dantesco rende bene l’intreccio costante di passato e presente, tipico nei componimenti di Marcello Affuso. Cortocircuito, infatti, non si sofferma unicamente sulla sofferenza dell’autore, ma ripercorre anche i suoi ricordi più felici. L’amore come fonte di gioia diviene il perfetto contraltare dell’infelicità che segue la sua fine, e s’intreccia con l’abbandono nella nostalgia e nel vaneggiamento di realtà alternative in cui le cose sono accadute diversamente.

È un amore realistico, fatto di sguardi, ma anche di corpi che si cercano e, dopo essersi trovati, si perdono senza speranza di ricongiungimento. Un amore costruito da piccoli gesti senza importanza, di cui si avverte inesorabilmente la mancanza una volta che ne resta soltanto il ricordo. In quest’ottica, perfino due cornetti caldi provocano al poeta un dolore lancinante, assurgendo a simbolo della rottura ormai consumata. Essi rappresentano, infatti, un passato che, contrariamente ad ogni obiezione, non potrà tornare mai più.

Oltre l’abbandono: riferimenti dotti e quotidiani

Caratteristica delle poesie di Cortocircuito è anche l’abbondante presenza di riferimenti dotti o tratti dalla quotidianità. Essi non risultano, però, semplici inserti volti a glorificare la cultura del poeta o ad avvicinarlo al lettore. Si tratta, infatti, di frammenti del suo pensiero che, scivolando nei componimenti, contribuiscono a renderli autentici.

I riferimenti non sono, inoltre, mai statici, ma sono sempre posti all’inizio di nuove riflessioni e interpretazioni. La tragedia di Romeo e Giulietta serve da metafora per lo squarcio nell’unità della coppia che restituisce gli ex amanti ad una condizione di solitudine. Anche l’incipit della celebre poesia dannunziana La pioggia nel pineto viene capovolto e vissuto come un doloroso addio.

La quotidianità, oltre che per raccontare il passato della storia d’amore ormai conclusa, è presente anche in alcuni intermezzi comici, utili per alleggerire la raccolta e far sorridere il lettore. Apprezzabile in tal senso è soprattutto la lunga descrizione di una tipica giornata di mare, con imprevisti e varie seccature, resi particolarmente divertenti da uno stile arguto e mordace.

La multisensorialità di Cortocircuito

La presenza di disegni e fotografie aumenta l’efficacia della raccolta, arrivando a scatenare nuove sensazioni nel lettore. Alcune immagini amplificano il contenuto dei componimenti, mostrando luoghi svuotati dalla loro funzione, quali case abbandonate o bagni in rovina, che trasmettono un forte senso di precarietà. Altre, invece, assumono toni fiabeschi, portando il lettore a perdersi in ricordi e suggestioni infantili, e contribuendo così a completare l’esperienza emotiva fornita dalla raccolta.

Alessandro Ruffo