I confini: dal Medioevo allo Stato contemporaneo

“A voi la gloria di piantare il tricolore d’Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra.”

Queste parole sono tratte dal primo proclama che il re Vittorio Emanuele III rivolse all’esercito dopo l’entrata nella prima guerra mondiale. Come si può vedere, nella retorica del nazionalismo, a tracciare i confini del territorio di uno Stato sarebbe stata addirittura la natura. In effetti, anche senza avere visioni così trionfalistiche, oggi è normale per chiunque associare ad uno Stato una determinata porzione della superficie del nostro pianeta – per l’appunto, il suo territorio – su cui esso esercita la propria sovranità. Il confine, allora, netto e definito, assume un ruolo fondamentale, distinguendo la sfera d’azione di una collettività da quella di un’altra. Ciò si è ormai cristallizzato anche nel diritto internazionale, se pensiamo a tutte le norme che vietano l’aggressione armata contro il territorio di altri Stati.

Ebbene, questa situazione, che noi siamo portati a considerare come naturale, è, in realtà, una costruzione storica. Confini certi e stabiliti non compaiono prima di un’epoca specifica, la modernità, e di una determinata organizzazione politica, per l’appunto lo Stato. Cosa c’era prima?

I confini dello Stato moderno

Abbiamo visto in precedenza come lo Stato moderno sia un’entità comparsa da meno di quattrocento anni. La sua data di nascita, infatti, è solitamente fatta risalire al 24 ottobre 1648, data della firma della Pace di Vestfalia. Si tratta di una serie di accordi che chiusero la sanguinosa Guerra dei Trent’Anni, un conflitto che aveva visto contrapposti tutti i principali Paesi europei. Il suo motore principale era stato l’ultimo tentativo, da parte dell’Imperatore d’Austria, di acquisire l’egemonia politica sul nostro continente.

Tilly, confini
Cartina politica dell’Europa moderna

Il fallimento di tale ambizione portò alla definitiva sostituzione dell’autorità universale, per l’appunto l’Impero, con una serie di entità politiche particolari, ovvero gli Stati. Sanzione di tale cambiamento fu l’adozione del fondamentale principio di non ingerenza negli affari interni: nel territorio di uno Stato, l’unica autorità riconosciuta è la sua. Ciò vale non soltanto nei confronti di entità universali, come l’Impero o il Papato, ma anche nei riguardi di quelle subordinate.

Dobbiamo, infatti, ricordare che fino alla modernità il sistema politico per eccellenza in Europa era stato quello feudale. Anziché, quindi, essere centralizzata, l’autorità era frammentata in una serie di soggetti: vassalli, vescovi, compagnie d’armi, centri di potere eterogenei e, spesso, in contrapposizione tra loro.

Si capisce come, in un tale contesto, un territorio definito spesso non esistesse: basti pensare che, per il Medioevo, anziché di confine si parla, generalmente, di frontiera. Quest’ultima è un’area, anche molto profonda, dove due o più autorità possono anche sovrapporsi. Una situazione del tutto diversa da quella degli Stati contemporanei.

Dalla frontiera al confine

Quanto detto emerge molto bene dalle parole di Zanini:

“Il confine indica un limite comune, una separazione tra spazi contigui; è anche un modo per stabilire in via pacifica il diritto di proprietà di ognuno in un territorio conteso”.

confini
Europa frammentata medievale

Questa è, per l’appunto, la descrizione della moderna cartina politica: il confine è una demarcazione netta e visibile. Al di qua c’è l’autorità di uno, al di là comincia quella dell’altro. Ciò è strettamente associato alla capacità di esercitare la propria sovranità in modo omogeneo su tutto il territorio, quindi anche ai margini estremi. Si tratta, però, di una caratteristica propria solo dello Stato moderno: una volta, al contrario, non era infrequente che l’autorità di un soggetto politico diventasse sempre più labile a mano a mano che ci si allontanava dal cuore del suo dominio. Ciò portava, spesso, all’esistenza di vaste terre di nessuno, non sottomesse ad alcuna sovranità. Oggi, una cosa del genere sarebbe impensabile: l’unica area del nostro pianeta di grandezza rilevante che non appartenga ad alcuno Stato è il continente antartico.

confini
Le alture del Golan, contese tra la Siria e Israele

È, quindi, specialmente nella nostra epoca che il confine ha un’importanza fondamentale. Possiamo rendercene conto anche ricordando cosa succede quando esso diventa discusso e motivo di contesa. Le dispute su di esso, infatti, sono una delle cause principali di guerra fra Stati.

Confine naturale e confine geometrico

I confini possono essere soggetti a diverse classificazioni, ma la principale li divide in due gruppi. Da un lato, abbiamo quelli naturali, aggettivo che ci rimanda alla citazione iniziale. In questo caso, però, per “natura” si intende semplicemente la morfologia del territorio: un confine di questo tipo, allora, può essere un corso d’acqua o una cresta montuosa. È chiaro, tuttavia, che il suo carattere apparentemente oggettivo (cosa c’è di più divisivo di un fiume?) possa condurre, nel corso del tempo, a far dimenticare facilmente come esso sia pur sempre una costruzione artificiale, frutto di una convenzione tra due comunità di esseri umani.

confini

Di contro, il confine geometrico, tracciato lungo linee dritte e immaginarie, conserva in modo evidente il suo carattere di arbitrarietà. Esso è più spesso dell’altro legato a dispute e controversie: basti pensare ai confini tra gli stati africani, lasciti del passato coloniale, oppure a quello tra le due Coree, che segue il 38° parallelo.

Francesco Robustelli

Bibliografia

Conforti, Diritto Internazionale, X edizione, ed.Editoriale Scientifica, 2017

Painter, Jeffrey, Geografia politica, ed.SAGE Publications, 2009, it.UTET, 2011

Zanini, Significati del confine. I limiti naturali, storici, mentali, ed.Mondadori, 1997

Sitografia e Fonti Media

www.ticinolive.ch

www.bbc.com

www.flapane.com

L’immagine di copertina è ripresa dalla CNN