Lo stoicismo ellenistico: il contributo di Zenone e Crisippo

Lo stoicismo nasce nel IV secolo a.C e ha potuto contare su numerosi interpreti, anche se le testimonianze talvolta frammentarie ne hanno impedito una ricostruzione organica. Eppure questa corrente è riuscita a superare l’età ellenistica e ad approdare, seppur in una nuova veste, nel mondo latino.

L’impossibilità di esaurire l’intera gamma di argomenti toccati da questo flusso di pensiero, ci impone di prendere in esame solo alcuni temi portanti. Con questi considereremo anche le caratteristiche che differenziano due grandi esponenti dello stoicismo ellenistico:il fondatore Zenone e, uno dei suoi successori più performanti, Crisippo di Soli.

La tripartizione dello stoicismo: logica, fisica, etica

Innanzitutto lo stoicismo supporta l’idea che l’esercizio della virtù e la conoscenza delle cose umane e divine siano strettamente correlati. Il termine stoicismo deriva da “Stoà Pecìle”, cioè il porticato dipinto, ove Zenone di Cizio teneva le sue lezioni. Le tre sfere della conoscenza che racchiudono la filosofia stoica sono: logica, fisica ed etica. Tale tripartizione, che è allo stesso tempo unitaria e molteplice, viene così descritta da Diogene Laerzio:

“Gli stoici paragonano la filosofia ad un essere vivente: alle ossa e ai nervi corrisponde la Logica, alle parti carnose l’Etica, all’anima la Fisica.”

Logica: giudizio, evidenza e significato

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Zenone di Cizio

La logica è per lo stoicismo la dottrina della conoscenza. Esercitarla significa cercare il metodo più adatto a stabilire la verità di qualcosa. Zenone (336 – 335 a.C. – 263 a.C) ravvisa questo metodo nella cosiddetta “rappresentazione catalettica”, secondo la quale il soggetto può accettare o rifiutare qualsiasi rappresentazione dopo averla afferrata.

In un primo momento quest’ultima è detta “comprensibile”, mentre dopo la sua verifica ed accettazione diventa “comprensione”. L’assenso alla rappresentazione è proprio ciò che genera il giudizio.

Il contributo più rilevante fornito alla logica dello stoicismo è però, quello di Crisippo (Soli, 281 a.C./277 a.C. – Atene, 208 a.C./204 a.C.). Secondo costui, se da una parte la parola si crea dall’emulazione della realtà, dall’altra parte la sua connotazione astratta la allontana da quest’ultima.

In quest’accezione anche il significato assume una connotazione nuova in quanto, a differenza della pronuncia della parola e dell’oggetto indicato da quest’ultima, esso è del tutto incorporeo. Il significato non va comunque confuso con il giudizio, poiché non dipende dalla verità o falsità di qualcosa.

Un’altra grande innovazione che Crisippo apporta riguarda il carattere di evidenza del sillogismo, che Margherita Isnardi, studiosa dello stoicismo, così descrive:

“Vero può dirsi un sillogismo solo quando esso risponda a situazioni di fatto: cioè quando al ragionamento che dice <<se è giorno, c’è luce – ma è giorno – quindi c’è luce>> corrisponda nei fatti una situazione di affettiva presenza del giorno.”

Infine, la logica stoica è retorica in quanto scienza dei discorsi “continui”; è dialettica nel caso dei discorsi “scissi”, cioè strutturati sulla dinamica di domanda e risposta.

Fisica: materia, conflagrazione e cicli cosmici

Quando si fa riferimento alla fisica dello stoicismo non si può evitare di considerare l’accezione di principio attivo e principio passivo. Il primo è pneùma/fuoco, cioè Dio da cui tutto si origina; mentre il secondo è ciò che passivamente riceve la forma. La differenza fondamentale, rispetto ad Aristotele, è che entrambi i principi siano considerati tangibili, perché l’essere si manifesta sempre attraverso la materia. Solo il significato, il vuoto, il tempo e il luogo sarebbero, dunque, incorporei.

Eppure nello stoicismo c’è un rapporto tra il fuoco/Dio corporeo e il tempo incorporeo.

Isnardi scrive:

“Il fuoco interno che scorre nel mondo è paragonabile, per Zenone, al liquido seminale che fluisce vivificando […]Vi sono periodi, tuttavia, in cui questo fuoco/liquido seminale erompe con forza distruttiva, provocando la fusione di tutto ciò che si è solidificato e riassorbendo tutto in sé.”

Dopo questa fase, denominata conflagrazione, vi sarà un nuovo processo di solidificazione, che porterà al riformarsi dell’ordine precedente: il fuoco diventa aria, acqua etc…

Nello Stoicorum Veterum Fragmenta si legge:

 “La ricostituzione del tutto avverrà non una ma più volte, o meglio le stesse realtà si ricostituiranno all’infinito e senza limite.”

Questo determinismo così radicale fu scalfito da Crisippo, che inserisce all’interno della catena temporale anche l’idea della possibilità, che avrà un impatto non indifferente proprio sull’etica dello stoicismo.

Etica: apatia, libertà e dovere

Già Zenone, influenzato da Socrate, presenta la massima etica dello stoicismo: bisogna vivere seguendo la propria natura. Per Zenone è l’ordine razionale che governa il cosmo a costituire la natura, che deve praticare l’apàtheia per rifuggire dalle emozioni e annullare le passioni. È insito nel suo pensiero un certo radicalismo, che lo spinge a considerare diametralmente opposti anche il bene e il male.

Il primo sta al secondo come il saggio sta allo stolto. Il saggio è totalmente libero, perché possiede la conoscenza mentre lo stolto è solo uno schiavo. Più tardi queste posizioni furono mediate da un approccio più positivo nei confronti di questi ultimi.

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Crisippo di Soli

Di certo la vera differenza, anche in questo caso, fu fatta da Crisippo, secondo il quale è vero che l’uomo vive secondo il principio di razionalità universale. Quest’ultima, però, implica anche una ragione personale, che in quanto tale contempla l’opzione della scelta.

In sintesi:

“L’uomo attua non solo la necessità del tutto, ma la propria libertà.”

Oltre alla figura del sapiente, Crisippo credeva anche in quella del prokòpton, cioè colui che poteva avvicinarsi alla virtù progressivamente. Vi era inoltre l’idea che una volta in pieno possesso della virtù, dopo aver soppresso ogni traccia di irrazionalità, si potesse anche decidere di rifiutare la vita.

Infatti, Crisippo considera il dovere sociale e il dovere perfetto: il primo concerne l’uomo che è costretto a comportarsi secondo razionalità, mentre il secondo è proprio del saggio. Non a caso lo stoicismo concepisce la città dei saggi governata dalle leggi del cosmo. Laddove questa condizione, però, non sussiste, perché non è possibile esercitare virtù e razionalità, egli può optare per il suicidio.

L’eredità culturale: grammatica, eterno ritorno e giusnaturalismo

Non pochi sono dunque gli elementi innovativi importati dallo stoicismo ellenistico, che hanno avuto forte impatto non solo in quello di età imperiale, ma in generale anche nella filosofia degli ultimi secoli. Lo studio sulla verità dei concetti, ma anche l’attenzione riservata all’aspetto formale della loro espressione, hanno reso la logica dello stoicismo la madre dell’attuale grammatica.

Per ciò che concerne la questione del tempo, la teoria dei cicli cosmici sarà ripresa da Nietzsche per formulare quella dell’eterno ritorno. Sul fronte dell’etica, la rilevanza assunta dal dovere, l’idea di una legge naturale che guidi la società e la compresenza di necessità e possibilità, rappresentano novità di grande spessore.

Questi sono solo alcune dei fattori che hanno reso lo stoicismo una delle correnti filosofiche più longeve e influenti del mondo antico.

 Giuseppina Di Luna

Bibliografia

Stoicorum Veterum Fragmenta, Lipsia 1903

Margherita Parenti, Introduzione a “Lo stoicismo ellenistico”, ed. Laterza, Roma-Bari 1993

Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero, Il nuovo protagonisti e testi della filosofia (dall’ellenismo alla scolastica), ed. Paravia, Torino 2006.