Lirica trobadorica e tematica dell’attesa: “J’attende quoi”

Nella lirica trobadorica, il tema dell’attesa crea i principali canoni del genere. La stessa genera patos e consapevolezza nei suoi sventurati protagonisti.

Nell’orizzonte della lirica trobadorica, il motivo dell’attesa è a fondamento di diversi precetti, in particolar modo il “servitium amoris”, sul quale regge l’intera esperienza poetica e amorosa. Il poeta-amante deve essere capace di attendere, durante il corteggiamento, un qualunque gesto da parte di “midons” ed è tenuto a resistere alla sua indifferenza; ma tale attesa può trasformarsi in disamore e in una feroce invettiva verso colei che era stata d’ispirazione.

Questo ha determinato la coesistenza di diversi sottogeneri:

comjat: prevede l’abbandono da parte dell’amante del “servitium amoris” svolto per una dama e spesso, a ciò segue la dichiarazione del cambio di donna;

chanson de change: encomio per la nuova dama e talvolta vituperio della precedente;
mala canso: “canzone di biasimo e di offesa”, etichetta coniata dai compilatori di vidas e razos relativa all’argomento trattato e non a uno specifico componimento (offese e attacchi alla dama);
critiche nei confronti di Amore.

Nella lirica trobadorica, tra i motivi che possono determinare l’abbandono e l’eventuale cambio di dama, vi è l’infinita attesa inflitta da “midons” all’amante. Evidente è che l’idea dell’attesa fondi la concezione stessa della “fin’amor” e la condizioni sia in positivo che in negativo divenendone quindi fulcro poetico.

“L’alba tant tost ve”

L’alba è quel genere della lirica trobadorica che raccoglie tutti i componimenti in cui viene descritto l’incontro notturno e furtivo degli amanti e l’ansia che li coglie per la separazione che dovranno sopportare col sopraggiungere delle prime luci del giorno. Il corpus dell’alba è costituito da una ventina di componimenti caratterizzati dall’occorrenza della parola alba come “mot refranh”; inoltre lo studioso Riquer ha distinto:
albas propriamente dichas: tema degli amanti che si separano all’alba;
contra-albas: amante solitario che rifiuta e nega la notte a vantaggio del giorno, tradendo il leitmotiv d’ambientazione notturna;
albas a lo divino: preferenza per il giorno in un contesto di chiara ispirazione religiosa.

L’alba di separazione è il tipo primigenio dal quale si sono sviluppate le altre e presenta l’incontro notturno degli amanti che in ansia affrontano il sopraggiungere dell’alba che li dividerà; la “gaita” (guardia) ha il compito, lieto e infausto di avvisare la coppia. Nei componimenti del genere, l’ambientazione notturna (“neug” – notte) e il canto dell’usignolo indicano canonicamente il passaggio dalla notte al giorno.

Manca ogni forma di speranza e di aspettativa; come il susseguirsi del giorno e della notte è inevitabile, certo è spiacevole per i due giovani così è l’attesa del giorno, un’attesa temporale relativa al tempo che passa e che intercorre tra l’inizio dell’incontro e l’arrivo dell’alba. Ed è proprio su quest’attesa che sono imperniate le “Albe di Separazione”; l’atmosfera di affanno e di ansietà è trasmessa al pubblico medievale da vere e proprie spie a livello stilistico come se l’intento fosse quello di ricordare, in qualche modo, anche ai protagonisti, che non si può né evitare né ritardare l’arrivare del dia (giorno).

Vi è poi un altro tipo di attesa in questo prodotto della lirica trobadorica: quella della responsabilità dei suoi protagonisti. La figura della “gaita”, la vedetta, è rivestita del compito di avvisare la coppia con tempismo attraverso il canto, le grida o uno strumento musicale. La presenza di questo personaggio è fattore ulteriore di “stress”: trovandosi in un altro luogo, per non disturbare gli amanti, è solo e può facilmente addormentarsi e questo aggiunge una preoccupazione ai giovani.

La guardia è una figura benefica nei confronti degli innamorati perché è per loro una prima linea di difesa, ma nel momento stesso in cui li avvisa è lei per prima a dividerli. Gli amanti-protagonisti hanno il dovere di adempiere, durante il giorno, alle proprie responsabilità e per questo devono separarsi e accettare la situazione.

Esempio dell’ importanza della gaita ci è dato da “Reis glorios” di Giraut de Borneil, relativamente ai vv. 16-30:

Bel compagno, affacciatevi alla finestra
E guardate i segni del cielo:
capirete se vi sono fedele messaggero;
se non lo fate sarà il vostro danno,
e presto sarà l’alba.
Bel compagno, da quando vi ho lasciato,
non ho dormito e non mi sono mosso dallo stare in ginocchio,
anzi ho pregato Dio, il figlio di Santa Maria,
che mi restituisse voi come leale compagnia,
e presto sarà l’alba.
Bel comagno, lì fuori sui gradini
Mi pregavate di non appisolarmi,
che anzi vegliassi tutta la notte fino al giorno;
ora non vi piace il mio canto né la mia compagnia,
e presto sarà l’alba.
(BdT 242.64, trad. Costanzo Di Girolamo)

Nella lirica trobadorica la componente dell’attesa costituisce un meccanismo letterario-narrativo, fondamentale: opera su due piani, quello formale-stilistico e quello interpretativo.

Per quanto riguarda il primo punto, il ritorno delle spie formali, pone in continuazione l’accento sull’alba e sul suo arrivo; questo momento della giornata, costituisce pur nella sua brevità, un punto di snodo fondamentale per quanto riguarda l’attesa perché prima dell’alba c’è la notte che abbraccia gli amanti e dopo viene il giorno durante il quale i due non vedranno realizzata la componente fisica del loro legame.

Prima attendono l’alba che giungerà a separarli, dopo aspettano la notte che permetterà loro di ricongiungersi; si vengono così a creare due piani temporali, del prima e del dopo l’alba, a cui sono a loro volta collegate due tipologie di attesa: durante la notte, l’attendere è negativo, nel corso del giorno è positivo. In una tale concatenazione, non possono mancare riferimenti astrali; lo scenario è così proiettato nello spazio e nel tempo dell’universo. A livello interpretativo, accanto all’attesa della separazione ne compare un’altra, anche questa negativa: l’attesa della responsabilità, che è soprattutto della “gaita”. Tali attese costituiscono il “fil rouge” del genere, fondamentale precursore della lirica successiva (vedi Dante).

Imma Borzacchiello

Fonte: Saggio di Stefano Genua presente ne “Le attese”, Opificio di letteratura reale/2