Mitologia nordica e narrativa contemporanea

Negli ultimi anni – forse in seguito al successo planetario ottenuto dalla saga cinematografica del Signore degli Anelli e conseguente diffusione mainstream del genere fantasy – la mitologia nordica ha ottenuto un successo senza precedenti: gadget rappresentanti alberi della vita e martelli di Thor, serie tv a tema, moltiplicazione di gruppi musicali “viking” e, ovviamente, una riproposizione dei miti anche su carta, nei romanzi. Complici probabilmente anche i fumetti Marvel e i film dedicati a Thor, ormai i personaggio della mitologia nordica li conoscono un po’ tutti: questo, per lo meno, finché si parla di Thor, Loki e Odino.

In questo articolo prenderemo in esame due romanzi: il primo, scritto in Germania alla fine degli anni ’80 (in tempi non sospetti, potremmo dire) e indirizzato ad un pubblico adolescente; l’altro, molto più recente, dell’autrice anglo-francese nota per aver scritto Chocolat. I due libri sono legati dall’intento, piuttosto riuscito, di riscrivere la mitologia nordica da un nuovo punto di vista. Nel caso di Midgard dei coniugi Hohlbein si tratta di rendere protagonista il giovane Lif, personaggio citato una sola volta nell’Edda poetica; nel caso de Il Canto del Ribelle, invece, la voce narrante è niente meno che Loki, il Burlone della mitologia nordica.

Midgard, l’isola ai confini del mondo

midgard mitologia nordicaGli autori di questo romanzo, Wolfgang e Heike Hohlbein, scrivono romanzi fantastici da più di trent’anni. Molto apprezzati in Germania, sono tuttavia quasi sconosciuti in Italia, dove pochi dei loro lavori sono stati tradotti. Uno di questi è “Midgard, l’isola ai confini del mondo” (Reverdito, 2009), particolarmente interessante per il nostro discorso in quanto costituisce una rielaborazione del materiale contenuto nelle fonti principali (Edda poetica ed Edda di Snorri).

La scrittura scorrevole e la rivisitazione in chiave fantasy dei personaggi fa sì che il libro sia indirizzato ad un pubblico adolescente, ma questo non intacca, anzi accresce, il pregio del romanzo: far conoscere la mitologia nordica ai più giovani, “compendiando” gli episodi più celebri e mettendo in evidenza personaggi più che secondari, del tutto dimenticabili.

Protagonista del romanzo è Líf, un ragazzino sognatore che vive sulla remota isola di Midgard (già è ravvisabile la prima modificazione delle fonti: Midgard è per gli antichi il “recinto mediano”, ossia il luogo dove tutti gli uomini vivono, ed ha una collocazione geografica nient’affatto marginale nella mitologia nordica). Líf è un trovatello: una famiglia povera lo salva, neonato, dalle gelide acque dell’Oceano Glaciale; come molti trovatelli letterari, è destinato a grandi cose. Tutto il romanzo è infatti incentrato sulla preparazione al Ragnarǫk, il “crepuscolo degli dèi” durante il quale si consumerà la battaglia finale tra le divinità antiche e il mondo giungerà alla fine.

Líf, Lífþrasir e il crepuscolo degli dèi

Non si tratta, però, di una “fine del mondo” in chiave cristiana: l’Apocalisse nordica, infatti, getta già i semi per la sua rigenerazione, ed è proprio ad un passo del Vafþrúðnismál (“il discorso di Vafþrúðnir”, consistente in un dialogo tra il gigante sapiente che porta questo nome e Odino sotto le mentite spoglie di Gagnráðr; i due ingaggiano una gara di sapienza) che i coniugi Hohlbein si appellano per la creazione del loro protagonista:

disse Vafþrúðnir:
«Líf e Lífþrasir      si nasconderanno
nella selva di Hoddmímir;
mattutine rugiade      saran per i due nutrimento:
da qui gli uomini torneranno a crescere.»
(Vafþrúðnismál, 45)
“Midgard” vuole quindi raccontare la storia di questi due nomi, citati di sfuggita, di cui attenendoci alle fonti non sapremmo più nulla: chi sono Líf e Lífþrasir? Si tratta di un ragazzo e una ragazza? Che ruolo hanno nel destino dei mondi? Dipingendoli un po’ come dei nordici progenitori adamitici in un luogo tutt’altro che edenico – la terra distrutta dalla battaglia finale, in cui persino il sole e la luna sono stati oscurati, divorati dai lupi – il romanzo conserva intatto un elemento caratterizzante della mitologia nordica: la ciclicità della vita, il circolo di morti e rinascite che non riguarda solo i singoli esseri viventi, ma le epoche, i mondi e persino gli dèi.
Erano gli dèi di Midgard (…) dèi dell’odio, dell’avidità e della violenza, concepiti dagli uomini di Midgard a propria immagine e somiglianza. Come Midgard è decaduta perché l’invidia e la paura erano troppo radicate nel cuore della sua gente, così anche i suoi dèi dovevano morire.

Il canto del ribelle, ovvero il vangelo di Loki

Passiamo adesso all’altro romanzo preso in esame, che in lingua originale s’intitola The Gospel of Loki. Se qualcuno ricorda che il film Chocolat era tratto da un libro, alzi la mano.

loki mitologia nordicaL’autrice di Chocolat, Joanne Harris, ha dichiarato di essersi appassionata alla mitologia nordica da bambina, trascorrendo interi pomeriggi a leggere riscritture e saggi sui personaggi della tradizione scandinava.

Il personaggio che più la intrigava era – niente di strano – Loki: una figura centrale e sfuggente al tempo stesso, l’ingannatore, il portatore di caos, presentato sempre come colpevole senza possibilità di discolparsi.

Proprio alla base di queste riflessioni sta l’idea per il suo romanzo: il canto del ribelle vuole dare a Loki la voce che non ha avuto nell’Edda e nelle saghe, offrendogli una possibilità di spiegare le sue ragioni. Anche questo romanzo, come Midgard, è caratterizzato da una scrittura scorrevole e leggera; la narrazione in prima persona fa di Loki un narratore contemporaneo, incastrato nelle maglie di un matrimonio che non desidera (quello con Sigyn) e con qualcosa da ridire praticamente su tutte quelli che conosce.

Loki narratore, inattendibile e ingannatore

Tutti gli episodi che hanno a che fare con Loki sono raccontati alla luce di una diversa verità nel romanzo: è la verità di Loki, il suo “vangelo”. Ma questa verità è altrettanto parziale di quella degli altri dèi, ed è ancora più complessa perché inattendibile: da perfetto trickster qual è, Loki trasferisce nelle parole la sua essenza più profonda, quella di ingannare tutti… perfino se stesso.

Ci troviamo così ad assistere ad una serie di dispetti e sciagure sempre più grandi che calano su Asgardr e sono causate, con ogni probabilità, proprio da Loki: il taglio della splendente chioma di Sif, moglie di Thor; l’inganno ai danni del costruttore delle mura di Asgardr, a seguito del quale Loki – in forma di puledra – porterà in grembo Sleipnir, il destriero a otto zampe di Odino; i cosiddetti “insulti di Loki”, raccontati in un canto dell’Edda e rielaborati da Harris con un Loki alticcio e rancoroso nei confronti degli Aesir che non lo hanno mai accettato come “uno di loro”. Non può ovviamente mancare, anche in questo caso, il Ragnarǫk, anche perché Loki sembra essere uno dei maggiori oppositori degli dagli dèi: la guerra inestinguibile tra caos ed ordine.

L’ineluttabilità del fato… oppure no?

Loki ci offre, con la sua inaffidabilità e il suo continuo tentativo di scaricare le colpe sugli altri, una riflessione sul destino – che ha un ruolo molto importante nella mitologia nordica, sotto forma di profezie degli infausti avvenimenti futuri: in che misura siamo in grado di scegliere della nostra vita e quanto, invece, siamo condizionati dagli eventi? Sembra quasi che Odino “muova i fili” degli dèi perché già consapevole del destino che li attende. E se invece fosse la profezia, che è il solo a conoscere, ad avere influenzato il suo modo di agire, e senza di essa le cose sarebbero andate diversamente?

So shoot me, come direbbe Loki, probabilmente scrollando le spalle. Ma in realtà, dietro il velo dell’indifferenza, il personaggio più ingannevole dei nove mondi sembra essere l’unico ad avere messo in discussione, almeno per un po’, il peso schiacciante del destino. E, per quanto questa sia una creazione di Joanne Harris, è sempre interessante dotare gli dèi di una psicologia complessa (a maggior ragione quando le fonti ce la suggeriscono, ma non ce la forniscono), facendo rivivere, come per ogni vecchia storia, un personaggio che ha ancora molto da dire.

Tutti quanti hanno pensato che fossi morto. (…) E così ho aspettato nell’oscurità, e ho sognato e ho pensato fra me: Che sia fatta luce.

Neil Gaiman e la mitologia nordica

Non si può tuttavia concludere un articolo dedicato alla mitologia nordica nella narrativa contemporanea senza citare un maestro nel suo genere: Neil Gaiman, autore di American Gods (di cui abbiamo parlato qui). La sua produzione è infatti caratterizzata da un frequente ricorso al mito, al folklore e alle tradizioni popolari, in rielaborazioni sempre interessanti: da Stardust (che è una bellissima “fiaba d’autore”) alla serie a fumetti Sandman e, ovviamente, ad American Gods, in cui Odino è uno dei protagonisti e la mitologia si fonde con le radici della cultura americana.

Qualche mese fa, Gaiman ha dichiarato di aver scritto un romanzo incentrato esclusivamente sulla mitologia nordica: si chiamerà Norse Mythology e l’edizione inglese sarà pubblicata a febbraio 2017 dall’editore W.W.Norton. Ci viene promessa un’esplorazione dei nove mondi, delle stirpi che lo popolano e degli dèi che ormai abbiamo imparato a conoscere: insomma, non ci resta che aspettare.

Maria Fiorella Suozzo

Fonti

romanzi:

Midgard, l’isola ai confini del mondo, W. e H. Hohlbein, Reverdito

Il canto del ribelle. La vera storia di Loki, Joanne Harris, Garzanti

bibliografia secondaria:

Il canzoniere eddico, Garzanti

Edda, Snorri Sturluson, a cura di Giorgio Dolfini, Adelphi

I miti nordici, Gianna Chiesa Isnardi, Longanesi

sitografia

Joanne Harris sulla creazione di The Gospel of Loki

informazioni su Norse Mythology di Neil Gaiman