Palmira: le rovine dopo mesi di deturpazioni

Il 27 marzo 2016 tutti gli archeologi del mondo hanno tirato un sospiro di sollievo. Dopo quasi un anno le truppe regolari siriane del presidente Bashar al Assad con l’aiuto dei bombardamenti russi sono riuscite a liberare il sito archeologico di Palmira, occupato nel maggio del 2015 dai miliziani dell’Isis. Da allora si è temuto il peggio per la città siriana, la cosiddetta “sposa del deserto“, riconosciuta patrimonio dell’Unesco fin dal 1980. Il rischio era l’interruzione brutale di un filo conduttore che porta dall’antico regno dei Seleucidi e dall’impero romano fino ai giorni nostri. Ne avevamo parlato qui, sperando per il meglio.

La storia di Palmira e le distruzioni dell’Isis

Infatti è nel I sec. a.C durante il dominio seleucidico che la città emerge come punto nodale del commercio carovaniero che univa l’Oriente all’Occidente. Durante i primi decenni dell’epoca imperiale  romana la città fu annessa alla provincia di Siria, conquistata già nel 63 a.C. da Pompeo Magno.

È nel periodo romano che la città va sempre più mutando il proprio volto urbanistico, adornandosi di templi, terme, di un grande teatro e di una splendida via colonnata coronata da un arco trionfale. Sicuramente l’episodio più interessante della storia palmirena di questo periodo è l’affrancamento dall’autorità romana e la formazione di un regno autonomo retto dalla regina Zenobia, una figura affascinante che sfugge a definizioni univoche e accostata spesso all’ultima sovrana d’Egitto, Cleopatra. Zenobia riuscì ad estendere i confini del regno di Palmira a sud fino all’Egitto e a nord nell’Asia Minore, ma la secessione della nuova Augusta terminò nel 272, quando l’imperatore Aureliano la sconfisse definitivamente.

Palmira: le rovine dopo mesi di deturpazioni
Ritratto funerario femminile probabilmente ritraente la regina Zenobia, esposto al museo d’arte orientale a Roma. Fonte: www.users.unimi.it

A partire dal 634 poi la città subì la conquista degli Arabi e cadde in rovina, per essere poi riscoperta negli ultimi decenni del XVII sec. da alcuni mercanti inglesi e sottoposta a operazioni di scavo dalla fine del XIX sec. in poi. Questa dunque è la millenaria storia che l’Isis ha cercato di cancellare in quest’anno.

I danni sono ingenti: i templi di Bel e Baalshamin (divinità orientali) così come il monumentale arco di epoca severiana sono stati fatti esplodere, né il museo archeologico e i suoi beni sono stati risparmiati. Tuttavia alcuni edifici,  tra cui l’imponente teatro romano e la cittadella medievale (in parte danneggiata) sono sopravvissuti.

Palmira: le prospettive di rinascita

Palmira: le rovine dopo mesi di deturpazioni

I resti del tempio di Bel. Fonte: www.ilfattostorico.com

Di fronte ad un simile scenario sorge spontaneo chiedersi quante possibilità ci siano di recuperare e ricostruire un inestimabile patrimonio dell’umanità come Palmira.

La redazione della rivista Archeomatica ha intervistato Yves Ubelmann, uno dei fondatori della società francese Iconem,  che si occupa di produrre digitalizzazioni in 3D  di siti archeologici in pericolo,  ciò che ormai appare l’unico mezzo per conservare la memoria di tali gioielli della storia.

La società si è subito attivata per produrre i primi rilievi 3D delle distruzioni e dopo una prima analisi dello stato dei siti più danneggiati Ubelmann ha rilevato che gran parte dei blocchi che costituivano i templi distrutti sono stati lasciati sul luogo interi e non polverizzati, per cui a partire da questi si potrebbe riuscire a ricostruire gli edifici.

Inoltre anche nel museo archeologico di Palmira, dove sono state effettuate sistematiche opere di distruzione a danno di statuette e altri reperti archeologici,  sono stati ritrovati molti frammenti  che potrebbero essere sfruttati per effettuare potenziali restauri. Anche Maamoun Abdulkarim, responsabile della DGAM, Direzione Generale delle Antichità e dei Musei Siriani, ritiene che un periodo di cinque anni potrebbe essere sufficiente per recuperare in parte il sito.

Tuttavia il recupero, se pur parziale, di Palmira sarebbe un risultato grandioso ma non definitivo. La guerra ancora imperversa in Siria e secondo l’Iconem molte sono le altre bellezze soggette al rischio di essere bombardate durante le operazioni belliche o distrutte dall’oscurantismo islamista.

Tra queste figurano il sito di Ugarit, dov’è stato rinvenuto il più antico sistema di scrittura alfabetica; la grande Moschea degli Omayyadi, risalente all’VIII secolo e principale centro religioso del califfato ommayyade; il teatro di Jable di epoca romana; la cittadella di Damasco, costruita a partire dal 1079, e il museo archeologico di Aleppo, ricco di testimonianze dell’epoca sumerica. Anche per questi siti, come già per Palmira, si sta provvedendo dunque ad elaborare una dettagliata documentazione in chiave digitale affinché si scongiuri il pericolo che tali meraviglie possano cadere nell’oblio. Da tempo ormai ogni giorno dalla Siria si leva il grido dell’arte e della storia e si mescola a quello di tante vite umane, che ogni giorno ai nostri confini possiamo ascoltare. Occorrono risposte concrete prima che l’arte siriana diventi solo un fantastico modello 3D.

Sitografia:

http://www.archeomatica.it/documentazione/palmira-prima-e-dopo-documentazione-3d-dei-danni-all-antica-citta

http://www.focus.it/cultura/storia/la-storia-di-palmira

 

Federica De Turris