Maometto (Muhammad): chi è stato, cosa ha fatto

Maometto (in arabo: Muhammad) è stato il fondatore dell’Islam e non c’è dubbio che ciò che fece nella sua vita lo rende oggi una delle persone più influenti di ogni tempo. Per i musulmani è ritenuto la persona più importante al mondo e lo considerano il “migliore tra gli uomini”.

L’Islam, la seconda religione al mondo per numero di praticanti, vanta circa 2 miliardi di fedeli, ovvero il 25% della popolazione mondiale. Apprendere il contesto in cui Maometto diffuse l’Islam e le varie difficoltà che ha affrontato, aiuterà, certamente, ad avere una maggiore comprensione su chi egli sia stato e sugli eventi accaduti nella sua vita.

Dunque, chi è stato Maometto? Cosa ha fatto prima della rivelazione? E dopo? Come ha diffuso la parola di dio -il Corano-? Se sei alla ricerca di queste informazioni per interesse personale o per motivi legati allo studio, questo articolo ti sarà utile!

Maometto il profeta dell’Islam

Nome del profeta Maometto in arabo.

Maometto, nome completo in arabo: Abū l-Qāsim Muhammad ibn ʿAbd Allāh ibn ʿAbd al-Muṭṭalib al-Hāshimī (Mecca 570 d.C. – Medina 632 d.C.)  è considerato il profeta dell’Islam e dei musulmani, colui che ricevette la parola di Dio -tramite l’angelo Gabriele- e che doveva trasmetterla agli uomini. Maometto è considerato dai musulmani come il “sigillo dei profeti” (in arabo: Khamit al-anbiyā), ovvero l’ultimo dei profeti che sono inviati da Dio all’umanità.

L’epoca prima di Maometto, quindi, prima dell’avvento dell’Islam, viene chiamata “epoca dell’ignoranza” (in arabo: jāhiliyya): questo termine fa riferimento ad un’ignoranza a livello religioso, poiché la maggior parte degli arabi preislamici ignorava il monoteismo.

Maometto prima della rivelazione

Maometto (in arabo: Muhammad) nacque verso il 570 d.C. a Mecca -città dell’Arabia Saudita-, città ancora oggi esistente, e città dove, tutt’oggi, ogni anno centinaia di musulmani si recano per effettuare il pellegrinaggio islamico (in arabo: ḥajj). Il profeta apparteneva al clan dei “Banū Hāshim”, uno dei vari clan che formavano la tribù di “Quraysh”. Questa tribù, che all’epoca -VII secolo- controllava la città della Mecca, era suddivisa in clan, lignaggi, ed era composta da dieci clan. I clan più potenti della tribù di Quraysh furono il clan dei “Banū Makhzūm” e il clan dei “Banu ‘Abd Shams”.

Maometto rimase orfano fin dalla nascita di padre Abdullah ibn Abd al-Muttalib e poi, successivamente, all’età di sei anni, anche di sua madre Amina bint Wahb. Dopo la morte della madre viene affidato dapprima a suo nonno paterno Abd al-Muttalib, che fu il suo primo tutore, e poi, dopo la morte del nonno paterno, verrà affidato a suo zio paterno che divenne il suo secondo tutore e figura centrale nella sua giovane vita.

Suo zio paterno ʿAbd Manāf Abū Ṭālib era un ricco mercante arabo. Il profeta lavorerà all’inizio con lo zio paterno, fino ad arrivare ad ottenere lui stesso la fama di essere un commerciante onesto ed abile e riuscirà così ad affermarsi nella società. Questo gli permise -sotto consiglio dello zio- di poter lavorare per la ricca e vedova Khadija bnt. Khuwaylid, la quale, vedendo la bravura e l’onestà del profeta, decise di proporsi in sposa a lui nel 595 d.C. Khadija è considerata la prima moglie del profeta, lo sposò all’età di 40 anni, mentre Maometto -Muhammad- ne aveva 25.

Khadija è considerata la prima persona a convertirsi all’Islam e a supportare il profeta quando inizierà a diffondere al suo popolo la parola di Dio -il Corano-.

La rivelazione

Gli arabi dell’epocaVII secolo– erano considerati politeisti perché veneravano varie divinità, tra cui il dio Hubal, il dio venerato nella città della Mecca.

Sebbene gli arabi dell’epoca fossero per la maggior parte politeisti e veneravano varie divinità, tra di loro -in minor parte- c’erano i cosiddetti “ḥanīf”, termine usato per indicare i monoteisti arabi che precedono l’avvento dell’islam e che credevano in un solo dio, entrando a contatto con altre religioni monoteiste come il cristianesimo e l’ebraismo -religioni antecedenti all’Islam- e già presenti all’epoca nella penisola araba.

Maometto, insoddisfatto del politeismo degli arabi, usava allontanarsi da questa gente recandosi in una montagna, situata a nord est della città della Mecca, per meditare e riflettere. Questa montagna viene chiamata oggi con il nome di Montagna di luce (in arabo: Jabal al-Nūr).

In base alle fonti, durante una notte, mentre il profeta si trovava a meditare in una grotta di questa montagna -la grotta di Ghār Ḥirāʾ, gli apparve per la prima volta l’angelo Gabriele rivelandogli i primi cinque versetti del novantaseiesimo capitolo del corano. Le fonti datano questo evento nel 609/610 d.C.

Il Jabal al-Nūr: La montagna di luce dove il profeta andava a meditare.
L’entrata della grotta Ghār Ḥirāʾ nella montagna di luce, dove il profeta ricevette la prima rivelazione attorno al 609/610 d.C.

La notte della rivelazione del Corano a Maometto è molto importante per i musulmani e viene chiamata Laylat al-Qadr (la notte del destino), in essa viene rivelata per la prima volta la parola di Dio -tramite l’angelo Gabriele- a Maometto. Nel Corano (capitolo 97 e versetto 3) si legge:

“La Notte del Destino è migliore di mille mesi.”

(Traduzione versetto a cura di Hamza Roberto Piccardo)

La missione del profeta, successivamente a questo evento, diventerà quella di diffondere la parola di Dio -il Corano- e convertire gli arabi politeisti al monoteismo.

Maometto inizierà, quindi, a diffondere la parola di Dio. Inizialmente lo farà segretamente tra gli arabi monoteisti, “ḥanīf”, e poi cercherà –nel 613 d.C.- di diffonderla pubblicamente, anche se troverà ostruzionismo proprio dalla sua famiglia e tribù, che lo considererà un pazzo, un posseduto dal demonio e cercherà anche di ucciderlo.

Questo porterà ad un evento molto importante per i musulmani che viene definito con l’emigrazione (in arabo: hijra). 

isrāʾ e miʿrāj

L’anno 619 d.C. è considerato “l’anno del dolore” per Maometto, nel quale morì la sua prima moglie Khadija e suo zio paterno ʿAbd Manāf Abū Ṭālib, quest’ultimo morto senza convertirsi, garantiva al profeta la protezione contro gli altri clan di Quraysh. Il profeta enormemente addolorato per la perdita doveva anche affrontare le minacce dei Meccani politeisti. Due eventi molto importanti accaddero nella vita di Maometto –prima della hijra– che sono stati permessi da Dio per alleviare il dolore del profeta.

isrāʾ (viaggio notturno)

Il primo evento isrā fa riferimento ad un viaggio notturno -fatto in una sola notte- da Maometto nel 621 d.C. All’indomani di questo viaggio notturno, il profeta raccontò ai suoi compagni di essere stato svegliato nel cuore della notte dall’angelo Gabriele e di aver cavalcato il Buraq, un animale bianco che veniva dal paradiso, metà asino e metà mulo, con la coda di pavone e con due ali. Il profeta cavalcò questo animale che lo trasportò dal tempio santo al tempio ultimo, cioè dalla Ka’ba nella Mecca al tempio di Gerusalemme. In questo viaggio Maometto fu accompagnato dall’angelo Gabriele.

Nel primo versetto del diciassettesimo capitolo del Corano si legge:

“Gloria a Colui Che di notte trasportò il Suo servo dalla Santa Mo­schea alla Moschea remota, di cui benedicemmo i dintorni, per mo­strargli qualcuno dei Nostri segni”.

(traduzione versetto a cura di Hamza Roberto Piccardo)

Miʿrāj (ascensione in cielo)

In questo secondo evento -sempre nella stessa notte dell’isrā- il profeta Maometto avrebbe, dal tempio ultimo di Gerusalemme, asceso i sette cieli e incontrato i vari profeti che l’avrebbero preceduto. Nel primo cielo incontrò Adamo, nel secondo cielo incontrò Yaḥyà (Giovanni battista) e ʿĪsā (Gesù), nel terzo cielo incontrò  Yūsuf (Giuseppe),  nel quarto cielo incontrò Idrīs (Enoch), nel quinto cielo incontrò Hārūn (Aronne), nel sesto incontrò Mūsā (Mosè) e nel settimo cielo incontrò Ibrāhīm (Abramo).

Fu proprio in questa esperienza dell’ascensione in cielo, che ALLAH (Dio) diede l’ordine a Maometto di dover riferire ai musulmani di compiere la preghiera (in arabo: ṣalāt). Le preghiere sono obbligatorie per ogni musulmano e sono il secondo pilastro dell’Islam. Inizialmente furono ordinate cinquanta preghiere che ciascun musulmano doveva adempiere quotidianamente, ma poi, grazie all’intervento del profeta Mosè, il quale chiese a Maometto di chiedere ad Allah la possibilità di poter diminuire il numero delle preghiere, queste furono diminuite da cinquanta a cinque preghiere quotidiane.

Questi due eventi importanti nella vita di Maometto avvennero nell’anno 621 d.C., entrambi nella stessa notte e sono eventi antecedenti alla hijra (emigrazione).

La hijra: Emigrazione

Successivamente all’inizio delle prime predicazioni del profeta Maometto a Mecca, le prime conversioni degli arabi (prima politeisti e poi divenuti musulmani) non furono tante. Fra essi, vi sono i dieci benedetti (in arabo: al-ʿashara al-mubashshara), termine usato per indicare i dieci compagni più fidati di Maometto, dei quali il profeta stesso profetizzò la salvezza eterna nel paradiso.

I Meccani politeisti, inizialmente, non presero sul serio le predicazioni del profeta, deridendolo. Le persecuzioni iniziarono dopo che Maometto annunciò dei versetti del corano che condannavano il politeismo e l’idolatria. Nella città della Mecca -controllata dai vari clan che formano la tribù di Quraysh- ogni anno vi si recavano numerosi pellegrini per venerare le statue delle varie divinità.

L’annuncio, dunque, di una fede che ha come obbiettivo il monoteismo e la venerazione di un solo dio invisibile, significava andare contro gli interessi dei vari clan di Quraysh, poiché, questi clan, gestori del lucroso traffico che riguardava le offerte agli idoli, si erano arricchiti in questo modo diventando una tribù molto forte.

L’aumento dei nemici di Maometto, dell’ostilità e delle minacce di morte che lui e tutti coloro che si erano convertiti all’Islam subivano dai Meccani politeisti, spinse il profeta nel 622 d.C. a decidere di abbandonare la città della Mecca e di emigrare altrove, nell’allora città di Yathrib, oggi chiamata con il nome di Madina al munawwara (in arabo: la città illuminata) o anche semplicemente con il nome di Medina (in arabo: città). Il nome della città -da Yathrib a Medina- fu cambiato da Maometto, successivamente alla sua emigrazione in essa. Questa città si trova a 450 km a nord dalla città della Mecca.

Yathrib prima della hijra del profeta Maometto

La città di Yathrib (poi nominata Medina dopo l’emigrazione del Profeta) era abitata sia da arabi che da ebrei. Le tribù arabe erano due: i “Banu Aws” e i “Banu Khazraj”. Queste due tribù arabe erano in continua lotta tra di loro, e ciò contribuiva a rendere difficile il mantenimento dell’ordine e della pace e, senza la presenza di una persona neutrale, onesta e di considerabile autorità per mediare tra le due tribù, la stabilità tra di loro sembrava ancora più lontana. Questa non stabilità tra queste due tribù arabe servirà poi, successivamente, a facilitare l’accettazione di Maometto come capo religioso e politico della città di Yathrib (poi Medina). Il profeta, nel corso della sua vita, non è stato solo una figura che ha avuto un enorme importanza dal punto di vista religioso, ma è stato anche considerato come un capo politico a tutti gli effetti.

La città della Mecca che, invece, ospitava il santuario del dio Hubal, era luogo di pellegrinaggio annuale di molte persone che vi si recavano per motivi religiosi, ma anche per concludere affari. Maometto approfittò di questa situazione per cercare di trovare per lui e per la sua gente delle alleanze e un posto sicuro. L’emigrazione del profeta Maometto e dei suoi seguaci nella città di Yathrib/Medina non fu infatti un caso. Mentre il profeta cercava di formare alleanze, inizialmente non riuscendoci, incontrò dei mercanti della città di Yathrib/Medina. A queste persone era famigliare il concetto di monoteismo e anche la possibilità dell’apparizione di un altro profeta, poiché a Yathrib/Medina vi era anche una presenza ebraica, ed infatti, secondo gli storici moderni, gli arabi di Yathrib pare abbiano appreso dagli ebrei di Yathrib la possibilità dell’arrivo di un profeta.

Nel 620 d.C. -due anni prima della hijra: emigrazione- Maometto incontrò sei persone della tribù dei Banu Khazrajuna delle due tribù arabe di Yathrib- che vennero nella città della Mecca per compiere il pellegrinaggio. Il profeta insegnò a queste sei persone le dottrine dell’Islam e recitò a loro parti del Corano e, impressionati da questo, essi si convertirono. Successivamente a questo, due alleanze molto importanti (avvenute prima dell’emigrazione del profeta) sono state fondamentali per far in modo che Maometto e i suoi seguaci della città della Mecca venissero accolti e accettati nella città di Yathrib/Medina. La scelta di emigrare in questa città non fu, infatti, casuale.

Primo impegno di fedeltà di al-ʿAqaba

Nel 621 d.C., durante l’annuale pellegrinaggio alla Mecca, un gruppo di dodici persone di Medina si recarono da Maometto pronti ad abbracciare L’Islam e ad accettarlo come loro profeta. Questo gruppo di dodici persone era composto da cinque delle sei persone dell’anno prima -620 d.C.- e sette nuove persone.

Questo portò alla formazione della prima ʿAqaba, ovvero, la prima alleanza tra il Profeta Maometto e i dodici uomini di Yathrib/Medina. Questa prima alleanza si svolse sulla collina di al-ʿAqaba nella città di Mina, città vicino alla Mecca.  Questi dodici uomini promisero al profeta di impegnarsi a diffondere l’Islam nella città di Yathrib/Medina, il profeta mandò con loro Mus‘ab ibn Umayr, considerato il primo ambasciatore dell’Islam, per insegnare alle persone di Yathrib/Medina le dottrine dell’Islam.

Secondo impegno di fedeltà di al- ʿAqaba

Nel 622 d.C. -un anno dopo la prima alleanza- una delegazione di settantacinque musulmani sia della tribù dei “Banu Aws” che della tribù dei “Banu Khazraj” -le due tribù arabe della città di Medina- formarono ciò che viene considerata la seconda ʿAqaba. Riunendosi nello stesso luogo del primo incontro, ma stavolta più numerosi, strinsero con Maometto quello che viene considerato il patto di giuramento di guerra”, promettendo di difendere il profeta e i suoi seguaci anche con l’uso delle armi.

Questo secondo patto, che avvenne pochi mesi prima dell’emigrazione di Maometto, fu molto importante per facilitare, poi, il suo arrivo a Medina e far in modo che egli, assieme ai musulmani convertiti della città della Mecca, fosse tutelato una volta arrivato a Medina.

Dopo questo evento, Maometto incoraggiò tutti i suoi seguaci meccani ad emigrare verso la città di Yathrib/Medina per trovare in essa maggiore sicurezza e tranquillità. Due mesi dopo questa seconda alleanza, quasi tutti i musulmani emigrarono a Yathrib/Medina, abbandonando la città della Mecca.

la hijra del profeta Maometto

L’emigrazione “hijra” fu compiuta inizialmente dai Muhājirūn, termine usato per indicare i musulmani della primissima ora, ovvero, i primi musulmani della città di Mecca, che lasciarono la città natia ed emigrarono verso la città di Medina. Questa emigrazione è stata necessaria per tutelare e salvaguardare i primi musulmani, poiché la non emigrazione avrebbe significato sottostare all’ostilità e alle continue minacce dei Meccani politeisti che ogni giorno aumentavano. L’emigrazione è stata anche fatta per preservare la vita di Maometto e, dunque, garantire la continuità della diffusione del Corano.

Preservare la vita del profeta era fondamentale, affinché egli potesse continuare a diffondere il Corano ai sahaba, i compagni del profeta, coloro che lo hanno incontrato nella loro vita e che hanno creduto in lui e nella fede che stava diffondendo. L’emigrazione del profeta Maometto avvenne più tardi. Infatti, egli emigrò solo dopo che la maggior parte dei musulmani abbandonarono la città della Mecca.

Il profeta ha scelto il suo fidato amico Abu Bakr Abdullah ibn Uthman Abi Quhafa, che doveva accompagnarlo durante l’emigrazione da Mecca a Medina . La casa di Maometto a Mecca era, invece, circondata dai Meccani politeisti, i quali, vedendo un gran numero di musulmani abbandonare la Mecca, avevano deciso di uccidere Maometto non appena anch’egli avesse cercato di andarsene.

Il profeta chiese a suo cugino ʿAlī ibn ʾAbī Ṭālib di rimanere a Mecca e di indossare il suo mantello e sdraiarsi nel suo letto, assicurando ad Ali la protezione di Dio. Ali, restando a Mecca, indossando il mantello del profeta e dormendo nel suo letto, aveva indotto i Meccani politeisti a pensare che Maometto non fosse ancora partito. Il profeta poté, quindi, partire segretamente grazie a questo diversivo.

ʿAlī ibn ʾAbī Ṭālib, restando a Mecca, rischiò la sua vita, ma, nonostante questo, sopravvisse. Successivamente, emigrerà anch’egli verso Medina assieme a sua madre Fatima bint Asad e le due figlie del profeta Fāṭima al-Zahrā -figlia del profeta e moglie di Ali- e Umm Kulthum -terza figlia del profeta-. Con loro emigrarono anche due donne, Sawdah bint Zamʿah, la seconda moglie del profeta dopo la morte di Khadija -prima moglie- e Umm Ayman, la schiava abissina che fece da balia al profeta Muhammad quando era piccolo.

Maometto partì segretamente con il suo fidato amico Abu Bakr; i due, prevedendo che i Meccani una volta scoperto che il profeta ha lasciato la Mecca li seguissero, evitarono di percorrere i sentieri e gli itinerari più comuni che, dalla città della Mecca, portano a Yahtrib/Medina. Trovarono riparo in una caverna nel monte Thawr, a sud della Mecca e rimasero nella caverna per tre giorni per eludere dalla tribù di Quraysh.

La tribù di Quraysh aveva nel frattempo annunciato una ricompensa di cento cammelli a tutti coloro che riuscivano a catturare Maometto e Abu Bakr. Vari uomini partirono alla ricerca dei due, ma un solo uomo riuscì a localizzare la loro posizione: Surāqa ibn Mālik, un cavaliere e un abile inseguitore appartenete alla tribù dei Quraysh. Egli sperava di catturare i due per ottenere la ricompensa dei cento cammelli, ma ogni qual volta che si avvicinava alla loro posizione, il suo cavallo si impantanava nella sabbia profonda, portandolo a rinunciare al suo desiderio di cattura. Secondo la tradizione islamica, Surāqa ibn Mālik non era in grado di catturare il profeta e Abu Bakr per una serie di eventi miracolosi considerati come interventi divini.

Maometto e Abu Bakr si diressero verso il mar Rosso, seguendo tutta la costa per raggiungere la città di Medina. Poco prima di arrivare ad essa, giunsero a Qubāʾ, un sobborgo meridionale della città di Medina. Qui a Qubāʾ, Maometto e Abu Bakr si fermarono e attesero per quattordici giorni l’arrivo del cugino di Maometto, ʿAlī ibn ʾAbī Ṭālib, che doveva arrivare assieme alla famiglia del profeta.

In questo sobborgo di Qubāʾ, Maometto edificò la prima moschea da lui costruita: la moschea di Qubāʾ. Il profeta edificò numerose moschee mentre era in vita, ma la moschea di Qubāʾ è considerata la prima moschea ad essere da lui costruita. In base alle fonti, Maometto ha messo la prima pietra, mentre, il resto della moschea, fu poi, successivamente, costruito dai compagni del Profeta.

Successivamente all’arrivo di ʿAlī ibn ʾAbī Ṭālib e della famiglia del Profeta a Qubāʾ, essi, riunendosi con Maometto e Abu Bakr, proseguirono tutti assieme per la città di Medina dove vennero accolti dai medinesi che erano felici dell’arrivo di Maometto nella loro città.

Dopo la hijra del profeta Maometto

La prima cosa che fece il Maometto una volta entrato a Medina è stata costruire la moschea del Profeta, considerata la seconda moschea ad essere edificata dal profeta -dopo quella di Qubāʾ- e anche la seconda moschea più sacra per l’Islam -dopo quella della città della Mecca-.  Successivamente, Maometto stilò la costituzione di Medina, considerata la costituzione del primo stato islamico della storia, la quale consiste in un accordo formale tra il Maometto e le varie tribù della città di Medina.

Queste tribù dovevano riconoscere il profeta come capo politico della città, nacque anche un nuovo tipo di società chiamato Umma (comunità) formata da arabi, ebrei e pagani. Inoltre, questa costituzione stabiliva la libertà di culto e un modello giudiziario per risolvere le dispute interne, ma anche un sistema di tassazione per poter sostenere la comunità nel corso dei conflitti, oltre a contenere vari criteri per stabilire i rapporti con l’esterno.

La Conquista della Mecca

Dopo l’emigrazione dei musulmani nella città di Medina, ci furono varie battaglie tra quest’ultimi e i meccani politeisti che portarono alla conquista della città della Mecca da parte dei musulmani nel 630 d.C.

La battaglia di Badr

dopo la hijra, i musulmani di Medina fecero numerosi attacchi sulle carovane dei meccani politeisti che passavano nei pressi della città di Medina. La battaglia di Badr è considerata la prima battaglia tra musulmani e meccani politeisti. Nel marzo del 624 d.C., Maometto assieme al suo esercito fecero un incursione su una carovana mercantile meccana che, consapevole dell’incursione, riuscì ad eludere dai musulmani. Dei guerrieri meccani verranno mandati per proteggere la carovana, quest’ultimi decisero comunque di continuare e di affrontare i musulmani nonostante la consapevolezza che la loro carovana era salva. Inevitabilmente, avvenne la battaglia che portò alla sconfitta dei meccani politeisti e alla prima vittoria dei musulmani.

La battaglia di Uhud

I meccani, feriti nell’orgoglio dopo la battaglia di Badr e spinti dalla voglia di vendicare la sconfitta, guidati da Abu Sufyan, riuscirono a radunare un esercito di tremila guerrieri e decisero di partire per un attacco a Medina. Questo portò alla seconda battaglia tra i meccani politeisti e i musulmani medinesi, la battaglia di Uhud nel marzo del 625 d.C., avvenuta nella montagna di Uhud, nei pressi di Medina.

In questa battaglia persero i musulmani e morì anche lo zio di Maometto “Hamza ibn ‘Abd al-Muttalib”, considerato il primo martire dell’Islam. I meccani non inseguirono i musulmani che si stavano ritirando, ma tornarono alla Mecca dichiarando la vittoria. Questo accadde perché essi pensavano di aver ucciso il profeta, e anche dopo aver appreso che era ancora vivo, decisero comunque di non attaccare per una serie di informazioni false che avevano ricevuto, secondo le quali numerose forze sarebbero arrivate per aiutare Maometto.

In questa seconda battaglia, vi furono degli uomini dell’esercito del profeta che disubbidirono ai suoi ordini. Il motivo della sconfitta dei musulmani e del mancano intervento divino in loro aiuto, è menzionato nel terzo capitolo del Corano, nel versetto centocinquantadue, indicando che la sconfitta era duplice: in parte una punizione per la disobbedienza e in parte una prova di fermezza.

La battaglia del fossato

Il profeta, nella città di Medina, aveva già inizialmente attuato una serie di politiche di espulsione di alcune tribù ebraiche, poiché quest’ultimi si erano rifiutati di accettarlo come capo politico della città di Medina e, quindi, non rispettarono la costituzione di Medina. Tra le tribù espulse vi furono i “Banu Nadir”. Insieme all’aiuto di questa tribù esiliata, che si era alleata con i Meccani politeisti, Abu Sufyan riuscì a raccogliere un esercito di diecimila uomini, deciso ad attaccare la città di Medina per conquistarla definitivamente e uccidere Maometto.

Il profeta preparò un esercito di tremila uomini e adottò una forma di difesa sconosciuta in quel periodo in Arabia: l’idea era quella di scavare un fossato nei dintorni della città di Medina, un’idea suggerita al profeta da Salman il persiano, uno dei compagni del profeta.

Gli avvenimenti di questa battaglia sono menzionati nel Corano nel capito trentatré, versetto nove. La battaglia del fossato, 627 d.C., terza battaglia tra i musulmani e gli arabi politeisti, prende il nome da questa strategia attuata dagli arabi. I politeisti contavano su un ulteriore aiuto, interno alla città, formato da arabi ipocriti e dai componenti del clan ebreo dei “Banû Quraydha” che avrebbe dovuto attaccare i musulmani alle spalle. In un momento estremamente critico per i credenti, Allah (Dio) inviò una tempesta di vento che imperversò sul campo avversario e convinse i politeisti a terminare l’assedio e tornare alla Mecca.

Successivamente a questa battaglia, verrà stipulato un accordo tra i musulmani della città di Medina -guidati dal profeta- e i Meccani politeisti, l’Accordo di al-Hudaybiyya, che prevedeva di mantenere la pace tra le due parti per dieci anni. I meccani politeisti decisero di sciogliere questo accordo dopo due anni. Maometto, successivamente allo scioglimento dell’accordo di al-Hudaybiyya, preparò un esercito di diecimila uomini e poté, nel 630 d.C., conquistare la città della Mecca senza tante fatiche. Molti meccani politeisti si convertirono all’Islam e il profeta, dopo la conquista della Mecca, distrusse tutte le statue delle divinità in essa presenti.

La morte del Profeta Maometto

Nel 632 d.C. Maometto compì il suo primo e ultimo pellegrinaggio a Mecca, il Pellegrinaggio dell’addio, al quale si presentarono più di cento mila persone. In questa occasione, il profeta illustrò i riti del pellegrinaggio ed è stato uno dei momenti più ricordati della sua vita. Questo evento è menzionato nel Corano nel capitolo 22 – versetto 27.

In questo pellegrinaggio, il profeta pronunciò anche il suo ultimo sermone davanti alla Umma (comunità) e ricordò ai suoi seguaci di non riprendere certe tradizioni preislamiche. Inoltre, disse: “Un arabo non è superiore ad un non arabo, né un bianco ad un nero, tranne che in timor di Allah”. Il profeta avvisò anche i suoi seguaci uomini di rispettare le donne, dicendo: “sono prigionieri impotenti nelle vostre case, le avete accolte nella fiducia di Dio, legittimate i vostri rapporti sessuali secondo la parola di Dio […] tratta bene le tue donne e sii gentile con loro perché sono le tue compagne”.

Chiarì anche la questione dell’eredità e ricordò alla comunità di compiere le cinque preghiere quotidiane, di digiunare nel mese di Ramadan e di compiere la Zakat (elemosina) e il pellegrinaggio, quest’ultimo per chi se lo può permettere economicamente. Rammentò la venerazione di un solo dio e che, dopo di lui, non ci sarebbero stati altri profeti.

Dopo alcuni mesi da questo pellegrinaggio, Maometto si ammalò ed ebbe febbre, mal di testa e debolezza. Morì Lunedi 8 giugno dell’anno 632 d.C. nella città di Medina, all’età di 63 anni, nella casa di sua moglie Aisha.

Maometto ricevette per la prima volta la rivelazione divina all’età di 40 anni, nel 609/610 d.C., morì all’età di 63 anni nel 632 d.C. Complessivamente, impiegò 23 anni della sua vita a diffondere la parola di Dio -Corano- e convertire gli arabi al monoteismo.

Il califfo, il cui significato è “successore”, avrà l’incarico di guidare la comunità islamica dopo la morte di Maometto, la sua figura non è considerata al pari del profeta. Le divergenze che sorsero fra i musulmani dell’epoca su quale califfo nominare dopo la morte del profeta saranno la causa della nascita delle prime divisioni dentro la comunità islamica come gli sciiti e i sunniti.

Bassem Gassoumi.

Bibliografia e sitografia