Molti hanno dovuto, purtroppo, fare una visita medica ma di rado ne sono usciti soddisfatti. Colloqui frettolosi, diagnosi approssimative e parcelle stellari sembrano essere gli elementi principali delle visite odierne. Ma c’è chi cerca di combattere questi problemi. Noi di LaCooltura abbiamo incontrato il professor Vincenzo Rossi, ex primario del reparto di Neuroscienza del Cardarelli di Napoli e docente di neuroscienza alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “Federico II” di Napoli. L’occasione è data dal convegno da lui tenuto e organizzato dalla Diocesi di Pozzuoli, Diritto alla salute ed umanizzazione della medicina.
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In realtà, “umanizzazione della medicina” è un paradosso. Non si dovrebbe parlare di “umanizzazione” della medicina perché l’azione primaria del medico è “curare”, che vuol dire “prendersi cura dell’altro”, l’atto umano per eccellenza. Tuttavia ci troviamo in un momento dove sembra necessario porre l’accento su questo termine, dimenticato da moltissimi medici, infermieri e tutti coloro che operano nell’ambito sanitario, non aiutati in questo dallo Stato che ha tagliato molti fondi alla sanità.
La lista è lunga. Stato, Regioni, Comuni, Ospedali, Medici… Questo “dovere” alla salute sarebbe anche tutelato dalla Costituzione, che dedica uno spazio al diritto e dovete alla salute nell’articolo 32. Noi italiani siamo stati pionieri sotto questo punto di vista perché le dichiarazioni dell’ONU e dell’OMS riguardo alla salute sono sì del 1948 come la Costituzione Italiana, ma di qualche mese successivo. Tuttavia tutte queste dichiarazioni non fanno altro che riprendere il giuramento di Ippocrate, pronunciato tutt’oggi da ogni medico.
I medici e gli infermieri dovrebbero imparare a comunicare, in tal modo da immettersi nel ruolo del interlocutore, considerando anche che le diagnosi al 90% si fanno con l’ascolto. Padroneggiare le proprie emozioni è importante: se la madre di un bambino malato chiama il medico più volte la settimana per essere rassicurata, il medico non deve sbottare ma deve capire che sta avendo a che fare con un bambino malato e con una famiglia angosciata e deve rispettare questo stress emotivo. Deve capire che il suo obbligo è curare un malato e non una malattia. Lo stato, inoltre, dovrebbe tagliare solo i rami secchi, e non le cose importanti come i fondi per assumere personale, costringendo quello rimasto a fare turni massacranti.
A parte qualche corso all’università, fatto tra l’altro da pochissime facoltà, no. Quando io divenni primario, l’allora direttore sanitario del Cardarelli impose a tutti i primari un master apposito e organizzò dei corsi per tutti i dipendenti del Cardarelli che tenni per tre anni. Ma stiamo parlando di tanto tempo fa e questi corsi si sono interrotti. Dovrebbero diventare obbligatori in tutti gli ospedali.
Una migliore comunicazione fa sì che il paziente si senta tutelato e che non sia in quello stato di angoscia che provano i pazienti curati da medici troppo frettolosi. La scienza parla chiaro: è stato studiato che il buon umore migliora il sistema immunitario e stimola la produzione di endorfine, che hanno effetti benefici sul nostro corpo. Una branca recentissima della medicina, la gelotologia, tenta di studia il valore salutare della risata. Pensiamo al film con Robin Williams, Patch Adams. È stato inoltre dimostrato che dove viene applicata la clown-terapia si riduce sensibilmente l’uso di farmaci.
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