Quantico, dove nessuno è chi dice di essere

Quattrocentottanta abitanti all’ultimo censimento, circondati da una delle più grandi basi al mondo di marines, dall’accademia addestrativa della DEA (Drug Enforcement Administration), l’accademia dell’FBI e l’FBI Laboratory. Un torrente nelle vicinanze e poi il senso di chiuso di chi ha per vicino un viavai di uomini e donne in divisa. Questa è Quantico, città della Virginia e ispiratrice dell’omonima serie televisiva targata ABC, che va in onda dallo scorso 27 settembre sulle televisioni a stelle e strisce. Spesso e volentieri per l’autunno televisivo si cerca a tutti i costi di scovare il telefilm più atteso, tant’è che la maggior parte delle aspettative che si creano rischiano di restare tali e di non tramutarsi in realtà. Nonostante Quantico sia comparsa più e più volte in grassetto nella lista dei titoli previsti per la fine dell’anno, la puntata pilota si è dimostrata una vera e propria sorpresa (in positivo).

Questo è… Quantico!

Ciò che innanzitutto fa di Quantico un prodotto al quale avvicinarsi senza preoccupazioni sono gli intrecci narrativi, che evidentemente danno ragione ai suoi stessi creatori, che hanno voluto definirla come un incontro tra Grey’s Anatomy e Homeland. Ebbene, la prima delle due somiglianze viene stesa sul teleschermo nemmeno dopo un minuto dall’inizio dell’episodio pilota, quando cioè, uno dopo l’altro e nella fretta più assoluta, conosciamo i personaggi del racconto. Sono tutti presi dalla smania di un viaggio, che non sappiamo ancora dove porti. Un omosessuale, una musulmana, un mormone e anche chi mente a sua madre, sale su un aereo, conosce un uomo e non ci pensa due volte ad entrare nella sua auto e sfilargli i vestiti di dosso. Attenzione, però, perché intanto si sono già delineati due piani narrativi, che prendono vita a distanza di nove mesi l’uno dall’altro e si alternano con evidente solerzia. Ed è sostanzialmente questo il punto di partenza di Quantico, che parrebbe confusionario e destabilizzante per lo spettatore al primo impatto, specie per coloro i quali hanno ancora in mente di guardare un classico drama dai tempi lenti e ragionati, e che però sortisce paradossalmente l’effetto opposto.

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Un gruppo eterogeneo di reclute dell’FBI comincia la propria formazione presso la base di Quantico, in Virginia. Sono tutti brillanti e preparati, e sembra impossibile che uno di loro abbia in mente di progettare il più grande attacco terroristico dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. La storia si costruisce così sugli eventi che separano, da un lato, l’inizio del periodo di addestramento e dall’altro l’esplosione del Grand Central Terminal, che scopriamo essere direttamente collegata all’FBI e in particolar con chi, appunto, è da poco diventato un agente. I protagonisti di Quantico sono dunque al centro di un’indagine cruciale, ed è compito degli spettatori – ancor prima di chi di dovere – di scoprirne i segreti.

Su questo punto la struttura della trama del telefilm, che prevede che gli stessi protagonisti scoprano l’uno i segreti dell’altro per dimostrarsi capaci del mestiere a cui aspirano, diventa utile quanto costruttiva. Un discorso che fin dal pilota è più che ben posto, e che in quaranta minuti è sufficiente per farsi strada tra i personaggi e mettersi sul loro stesso piano emotivo.

In Quantico (o a Quantico, che dir si voglia), tuttavia, nessuno è chi dice di essere. Continui giochi d’astuzia, finzioni e trovate di furbizia, forse potranno renderci diffidenti dopo un po’, e farci realizzare che, piuttosto che nel posto più sicuro della Virginia, dove tutti imparano a seguire un codice e a spogliarsi dei propri segreti in onore del distintivo che puntano a conquistare, siamo sbarcati in quello più pericoloso. Che sarà interessante esacerbare in ogni suo anfratto, così da stare almeno una volta dall’altra parte della scrivania, dove siedono quelli in giacca e cravatta. E non i peggio criminali. Anche se a chiamarli onesti, almeno in Quantico, qualcuno ci penserebbe due volte.

Nicola Puca