Italo Calvino: la Liberazione e il ruolo dell’intellettuale

La Liberazione, come spesso sostenuto, caricò improvvisamente gli intellettuali di responsabilità civili. Alcuni di loro avevano partecipato attivamente alla Resistenza e contribuito in prima persona alla Liberazione.

Raccontare la Liberazione fu il più arduo dei compiti che gli intellettuali si trovarono a dover sostenere e la lotta di liberazione costituisce il centro di tutto ciò che Italo Calvino scrive prima di inaugurare (con la trilogia I nostri antenati e altre opere) un’altra stagione letteraria incentrata sul fantastico, sull’esistenzialismo ed altre tematiche.

Il Calvino degli anni ’40 è autenticamente neorealista se per neorealismo intendiamo non una scuola o un gruppo organizzato di intellettuali ma una tendenza di un determinato periodo (grossomodo anni ’40 e inizio anni ’50) di temi comuni (la guerra, il popolo, la partecipazione alla storia) e volontà di impegno politico e civile. L’opera più importante di Calvino in questo periodo è (la già trattata) Il sentiero dei nidi di ragno.

In questo articolo analizzeremo il romanzo da un diverso punto di vista: la liberazione e il ruolo dell’intellettuale.

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Bandiera del Comitato di Liberazione Nazionale

La Liberazione e il ruolo dell’intellettuale ne Il Sentiero dei nidi di ragno.

Il romanzo presenta tre personaggi paradigmatici impegnati nella lotta di Liberazione: Pin, Lupo rosso e Kim. Nonostante occupi poco spazio nel romanzo, quello senza dubbio più interessante è Kim, il commissario del CLN, giovane studente di medicina. Ognuno dei tre personaggi si carica di numerose accezioni fino a diventare concezione figurale di qualcosa che trascende l’individualità.

Tutto il libro è basato su una contrapposizione: il mondo dei grandi e il mondo di Pin, o meglio, il mondo di Pin e ciò che Pin considera “mondo dei grandi”. Ciò che sembra “dei grandi” e che Pin ha in orrore è il sangue, il sesso, la violenza, la guerra. Pin è candidamente becero, vive di alcune assurde certezze e queste certezze non hanno fondamento: i ragni non fanno il nido, “non sono mica rondini”; padrone di una visione del mondo che si rivela fallace, senza fondamento. In questa contrapposizione è visibile quella fra popolo e intellettuali.

Lupo Rosso invece rappresenta uno stato più avanzato di intellettuale, quello che è completo di visione totale della realtà: è un perfetto militante comunista e a memoria cita frasi di Lenin, la sua determinazione è fondamentale nella lotta di liberazione. Lupo rosso possiede una visione del mondo precisa, che coincide con quella del materialismo dialettico marxista. Nei movimenti è preciso, ha una disciplina ferrea, non si lascia plagiare da sentimenti e altre idee.

Lupo rosso non riesce ad avere un rapporto con Pin ed è forse un’espressione da parte di Calvino dell’impossibilità per l’intellettuale di configurarsi pienamente come militante di partito, o meglio, l’ideologia politica, anche se condivisa totalmente, resta “necessaria ma non sufficiente” all’uomo per interrogarsi su se stesso e sull’esistenza. Il “salto di qualità” è compiuto da Kim, il commissario del Comitato di Liberazione.

Un personaggio chiave: il commissario Kim.

Quasi tutti i critici sono concordi nel ritenere che la chiave d’interpretazione dell’intera opera sia concentrata su questo personaggio, seppur non occupi un ruolo consistente all’interno del romanzo. Medico, si occupa della psiche, “di quella parte dell’uomo dove le ragioni collettive si fanno ragioni individuali, con mostruose derivazioni e impensati agganciamenti”. Gli stessi temi della deformazione umana, dei limiti dell’umano e del suo riscatto furono nel  Calvino di La giornata di uno scrutatore. Ha scritto a buon diritto la studiosa Francesca Serra.

Qual è la differenza tra il fascista e il partigiano? È che da noi niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo […] Questa è l’essenza del lavoro politico per lui, il motivo per cui si è intestardito a creare un distaccamento tutto fatto di scarti […] fermare quella emorragia che è lo spreco delle loro vite, offrendo dei fini e delle ragioni collettive che li riscattino nella Storia.

Il critico Claudio Milanini, ha scritto che Calvino:

In sottintesa polemica contro lo storicismo idealistico, e contro ogni forma di determinismo mortificante l’individualità […]abbia voluto esaltare il ritrovamento attivo del soggetto nella Storia, il momento in cui la libertà del singolo può concorrere a realizzare un progetto comune.

Lo stesso critico ha osservato la contemporaneità di un saggio breve ma fondamentale di Sartre, intitolato L’esistenzialismo è un umanismo in cui il marxismo è combinato con elementi della filosofia esistenzialista in grado di operare una liberazione della dottrina marxista dai canoni dell’ufficialità e legarla alla praxis dell’azione concreta. Osserva, tuttavia, come all’indomani della Liberazione motivi esistenzialistici affiorassero un po’ in tutti gli scrittori, per il peso di questa forte esperienza di vita.

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J. P. Sartre

È dunque Kim il personaggio che incarna il ruolo dell’intellettuale in Calvino perché è colui che indaga al di là della politica e dell’etica quella zona indicata come “salto”, “zona buia”.

Solo attraverso una conoscenza di questi meccanismi è possibile un’autentica liberazione che sarà liberazione collettiva innanzitutto, ma soprattutto individuale da tutti gli ostacoli alla felicità: liberazione sarà per Pin non essere più il fratello della prostituta; liberazione sarà per i Calabresi non essere più discriminati, liberazione sarà per ognuno degli uomini dell’osteria liberazione dalle proprie miserie.

Luca Di Lello