Eric Hobsbawm: lo storico del “Secolo breve”

Nell’approcciarsi allo studio della storia contemporanea, è impossibile non imbattersi nelle opere dello storico britannico Eric Hobsbawm  e nella sua celebre divisione cronologica di XIX e XX secolo rispettivamente in “Lungo Ottocento” e “Secolo breve”. Proprio quest’ultima definizione da il nome alla sua più importante opera: The Age of Extremes: The Short Twentieth Century, 1914-1991″.

Hobsbawm nacque ad Alessandria d’Egitto nel 1917, da una famiglia ebrea. Crebbe tra Vienna e Berlino ma nel 1933, anno della nomina a cancelliere di  Hitler, si trasferì a Londra dove terminò gli studi presso il King’s College di Cambridge. Dopo la seconda guerra mondiale assunse l’incarico di lettore al Birbeck College di Londra e nel 1970 fu nominato professore di Storia economica e sociale. Co-fondatore ed editorialista della rivista Past&Present e membro della British Academy, nel 2003 gli fu assegnato il Premio Balzan per la storia europea del ‘900, “per la sua brillante analisi della dolorosa storia dell’Europa del ventesimo secolo e per la sua capacità di coniugare la profondità delle ricerche storiche con un grande talento letterario“.

E’ morto a Londra il 1 Ottobre 2012, all’età di 95 anni.

Il Lungo Ottocento per Hobsbawm

Di formazione marxista, Hobsbawm ha dedicato molte delle proprie opere alla classe operaia e al concetto di rivoluzione.

Secondo lo storico britannico, il XIX secolo vide l’ascesa della borghesia ai danni dell’aristocrazia come conseguenza della “Doppia Rivoluzione”, la Rivoluzione Francese e la rivoluzione industriale in Inghilterra. A porre fine a questo mondo borghese-liberale fu la Prima Guerra Mondiale, evento spartiacque per Hobsbawm, che segnò la conclusione del “Lungo Ottocento” e l’inizio del “Secolo Breve”.

Tutte queste teorie sono raccolte in una trilogia di libri così composta:

  • The Age of Revolution: Europe 1789-1848, pubblicato nel 1962.
  • The Age of Capital: Europe 1848-1875, pubblicato nel 1975.
  • The Age of Empire: Europe 1875-1914, pubblicato nel 1987.

Il Secolo Breve

A conclusione della trilogia precedentemente analizzata, troviamo un “sequel”, pubblicato nel 1994 e considerato come l’opera più famosa di Eric Hobsbawm.

« Come disse il poeta: T. S. Eliot “il mondo finisce in questo modo: non con il rumore di un’esplosione, ma con un fastidioso piagnisteo”, il Secolo breve è finito in tutti e due i modi. »

“The Age of Extremes: The Short Twentieth Century 1914-1991” (In italiano: “Il Secolo breve, 1914-1991: l’era dei grandi cataclismi”) analizza lo scontro tra le forze conservatrici liberali e il socialismo, scontro interrotto tra il 1933 e il 1945 dal dominio dei nazionalismi. La struttura del libro presenta una divisione del XIX secolo in tre fasi, riassunte brevemente di seguito: 

  • Età della Catastrofe (1914-1945): Hobsbawm racchiude i due conflitti mondiali in un’unica “Guerra dei Trent’anni” , con la Prima Guerra Mondiale che segna la fine della società ottocentesca e la definitiva dissoluzione degli Imperi millenari. Fino a quel momento, per un secolo non vi erano state guerre tra le potenze europee, ma soprattutto nessun conflitto aveva puntato all’annientamento totale del nemico.
  • Età dell’Oro (1946-1973): la decolonizzazione pone fine agli ultimi Imperi. E’ l’epoca del Boom, mentre si affrontano i due sistemi economici protagonisti del secolo: Capitalismo e Comunismo.
  • Età della Crisi (1973-1991): inizia la Globalizzazione ed il potere economico è sempre più nelle mani di USA e Giappone. La crisi petrolifera del 1975 pone fine al benessere generale e la disoccupazione prende piede in tutta Europa. Entra in crisi il modello socialista; nel 1989 crolla il Muro di Berlino e nel 1991 si ha la definitiva dissoluzione dell’URSS.

Nelle battute conclusive dell’opera Hobsbawm  si chiede cosa succederà dopo il crollo del Comunismo, e come verranno affrontati i problemi che il Secolo Breve ci ha lasciato in eredità. Tra questi, più attuale che mai è il problema del Terzo Mondo: “la ragione di questa impotenza non sta solo nella profondità e complessità delle crisi mondiali, ma anche nel fallimento apparente di tutti i programmi, vecchi e nuovi, per gestire o migliorare la condizione del genere umano.”

Per Hobsbawm il Secolo Breve è “terminato in un disordine mondiale di natura poco chiara e senza che ci sia un meccanismo ovvio per porvi fine o per tenerlo sotto controllo” e ancora oggi, nel XXI secolo, ne stiamo pagando forse le conseguenze.

Simone Varriale