Storia della fotografia: il dagherrotipo

dagherrotipo
Dagherrotipista non identificato – Torino, elefante che poi morì pazzo, 1850

Il dagherrotipo, sviluppatosi verso la prima metà dell’Ottocento, fu il primo vero prodotto fotografico capace di riprodurre delle immagini a partire da lastre metalliche.
Il risultato costituisce una riproduzione positiva, che non altera il bilanciamento bianco/nero, e irripetibile: un vero e proprio pezzo unico.

La nascita

Il dagherrotipo fu sviluppato inizialmente dal pittore francese Louis-Jacques-Mandé Daguerre, già noto in passato per i suoi due diorami, esibizioni pittoriche che subivano continui cambiamenti di luce, mostrati sia a Parigi che a Londra.

Nel 1829 Daguerre iniziò una collaborazione con Joseph Nicéphore Niépce e suo figlio Isidore, già autori anch’essi di qualcosa che avrebbe cambiato il mondo: la prima fotografia permanente, che ritrae il semplice terrazzo della loro casa.dagherrotipo

Ufficialmente, però, il dagherrotipo (che prende il nome proprio del suo scopritore) venne presentato al pubblico solo nel gennaio 1839 presso l’Accademia delle Scienze e delle Belle Arti da François Arago.

Il procedimento

In un’edizione del 1840 de Il Dagherrotipo si descrive così il processo fotografico:

Questo processo si divide in cinque operazioni.
La prima consiste nel nettare e pulimentare la lamina e renderla propria a ricevere lo strato sensibile.
La seconda, nell’applicazione di questo strato.
La terza, a sottomettere nella camera oscura la lamina preparata a ricevere l’azione della luce affine di ricevervi l’immagine della natura.
La quarta, nel fare apparire questa immagine che non è visibile al suo uscire dalla camera oscura.
La quinta finalmente ha per iscopo di togliere lo strato sensibile che continuerebbe ad essere modificato dalla luce e tenderebbe necessariamente a distruggere interamente la prova.

Il processo originario, infatti, prevedeva l’utilizzo di una lastra di rame argentato che poteva avere dimensioni variabili, da una frazione sino al foglio intero, all’epoca però molto caro.

Per renderla maggiormente sensibile alle emissioni di luce, la lastra veniva quindi lucidata sino a diventare simile ad uno specchio per poi essere posta in una scatola sotto l’effetto di vapori di iodio.

Quando la lastra era sensibile al punto giusto, si aveva l’esposizione alla luce, che poteva variare da qualche secondo a svariati minuti a seconda dell’emissione ed era dosata con il solo tappo dell’obiettivo.

In seguito arrivava il punto culminante del processo, da cui dipendeva la “riuscita” del suddetto dagherrotipo: il momento in cui l’immagine veniva sviluppata.

Si doveva, infatti, prendere un secondo recipiente e sviluppare il dagherrotipo tramite vapori di mercurio, quindi lavarla con acqua distillata e aspettare che il tutto si asciugasse.

L’immagine ottenuta era, quindi, unica nel suo genere e doveva essere guardata dall’opportuna angolazione per coglierne al meglio la luce e i soggetti, che, prima della nascita del fotogiornalismo, erano per lo più nature morte e paesaggi.

Molto discusso all’interno del processo era soprattutto l’utilizzo del mercurio, che rendeva il metodo della dagherrotipia un vero e proprio rischio per la salute del fotografo.

Gli strumenti dagherrotipo

L’antica macchina fotografica, inoltre, era costituita da una scatola in legno con una fessura nel retro per la lastra di rame e un obiettivo sulla parte antistante in vetro e ottone.

Gli stessi Daguerre, Niépce e Giroux, a seguito dello sviluppo della tecnica del dagherrotipo, fondarono una società che si occupava degli strumenti fotografici necessari, che nel corso degli anni andranno sempre più sviluppandosi.

I “seguaci” del dagherrotipo

Per quanto costituisca il più antico “predecessore” dell’odierna fotografia, il dagherrotipo, però, verrà presto soppiantato dal negativo scoperto quasi nello stesso periodo da Talbot e da altre tecniche sviluppate in seguito a studi sul collodio e l’albumina.

Maria Francesca Celentano

Fonti:

http://marcocrupifoto.blogspot.it/2011/01/daguerre-e-il-dagherrotipo-storia-della.html

http://grafica.beniculturali.it/italia%20argento/tecnica.htm