La Neoavanguardia: rottura e sperimentalismo

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Elio Pagliarani

E’ nostro questo cielo d’acciaio che non finge” (Elio Pagliarani)

Neoavanguardia: una nuova avanguardia letteraria. Nuova per distinguerla da quelle storiche di inizio Novecento (futurismo, dadaismo, surrealismo, etc. ); avanguardia perchè come ogni avanguardia letteraria e artistica ha come principio fondante la necessità di colmare una distanza (ritenuta ormai troppo lunga) tra la cultura e la società.
Come il surrealismo, il futurismo e il dadaismo, la neoavanguardia si pone di distruggere tutte le regole convenzionali e confermate da usi e ripetizioni nella letteratura. L’intento era quindi demistificante e distruttivo di ogni ideologia precostruita, sia pure essa un’ideologia progressista. Fu proprio il caso della Neoavanguardia che attaccò duramente i modelli precostituiti e ormai canonici del neorealismo, tanto da definire Carlo Cassola e Giorgio Bassani con l’appellativo, a tratti  ingiurioso, “liale” (in riferimento a Liala, una scrittrice di romanzi rosa di vasto consumo). La Neoavanguardia fece dell’arte un puro gioco e la sottopose, o tentò almeno di sottoporla, a un forte sperimentalismo dove trovavano spazio giochi combinatori e no-sense.

Le radici della Neoavanguardia

La Neoavanguardia ha la sua radice letteraria prima forse in un intervento di Luciano Anceschi sulla rivista “Il Verri” nel 1956 intitolato Discorso generale. Qui interrogandosi sul destino della letteratura e sulla sua capacità di conservare il suo ruolo, intese la sua rivista come uno strumento capace di misurarsi con alti compiti di guida e indirizzo. Infatti, Luciano Anceschi in un altro intervento ribadisce che è necessario trovare il “modo che ci consenta di possedere il mondo, e di non esserne posseduti”.

Gli intellettuali, al cospetto delle rilevanti rivoluzioni del boom economico, si interrogano sulle possibili modalità di azione sul reale, sulla necessità di una rivoluzione letteraria che dia la preminenza alla comunicazione.
Nel momento in cui il neocapitalismo raccoglie i primi frutti di una lunga fase di accumulazione del capitale le città abbondano di nuove infrastrutture, e il tessuto urbano ne è ridisegnato; la fabbrica, nell’ambito di un più ampio processo di industrializzazione detta nuove forme di divisione del lavoro all’operaio, nuovi rapporti di produzione che dettano tempistiche diverse, determinando ritmi di vita più frenetici. (Non a caso un capolavoro della poesia della Neoavanguardia sarà La ragazza Carla di Elio Pagliarani).
L’intellettuale esprime così la necessità di rendere nella mimesi realista l’assuefazione ai ritmi di vita imposti dal modello produttivo dominante.

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Nanni Balestrini

L’altra radice filosofica e letteraria della Neoavanguardia è l’adesione alla filosofia strutturalista e marxista di quasi tutti i suoi autori. Figlia dello strutturalismo è infatti l’attenzione per le forme del gioco linguistico, per il calcolo combinatorio; figlia del marxismo è l’attenzione alle nuove forme di produzione della ricchezza e alla riproduzione sociale di nuovi ritmi di vita.
L’attenzione al mondo industriale era già in fermento nel clima del tempo: “Il Menabò” di Vittorini aveva come scopo originario quello di interrogarsi sui rapporti tra industria e cultura;  il progetto dell’imprenditore Adriano Olivetti aveva accolto alcuni scrittori nella sua sede ad Ivrea ed anche scrittori come Primo Levi (con il romanzo La chiave a stella), Franco Fortini e Paolo Volponi prestavano un certo interesse verso il mondo dell’industria.

Il “gruppo 63”: i protagonisti e Novissimi

 I più famosi nomi che diedero vita al “Gruppo 63” (nome scelto su imitazione del tedesco “gruppo 47”) furono, oltre al suddetto Luciano Anceschi: Alberto Arbasino, Alfredo Giuliani, Nanni Balestrini, Elio Pagliarani, Edoardo Sanguineti e un giovane Umberto Eco. Ricordiamo anche altri scrittori che gravitano nell’orbita del “Gruppo 63” come Gianni Celati e la poetessa Amelia Rosselli.

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Alberto Arbasino

Il gruppo, che rimase attivo fino al 1969, diede vita, nel corso del suo operato, ad alcune riviste: “Malebolge”, “Quindici” e “Grammatica”. Ma l’opera più significativa è senza dubbio l’antologia Novissimi, apparsa nel 1961 e contenente poesie della Neoavanguardia scritte da Giuliani, Porta, Balestrini, Pagliarani e Sanguineti.

Più delle tematiche affrontate, sono forse importanti le forme audacemente sperimentali che la raccolta conteneva. L’obiettivo primario era infatti quello di infrangare le convenzioni canoniche in cui la letteratura e la poesia era incappata. Hanno scritto infatti Giuliani e Balestrini:

Di fatto dietro a questa sigla c’era un movimento spontaneo suscitato da una vivace insofferenza per lo stato allora dominante delle cose letterarie: opere magari anche decorose ma per lo più prive di vitalità.

Diversamente dalle avanguardie storiche, la Neoavanguardia non aveva alcun manifesto programmatico e non un rigoroso codice di osservanza, ma una certa libertà di dare sfogo a ogni forma ritenuta, per l’appunto, di “nuova avanguardia”.

Luca Di Lello