Hollywood anni ’20: la fabbrica dei sogni del cinema

Col riassetto del sistema cinema che ha interessato gli Stati Uniti degli anni Venti avviene il consolidamento di Hollywood, la fabbrica dei sogni.

Il quadro economico degli Stati Uniti degli anni Venti

Nel periodo che si colloca tra la fine della prima guerra mondiale e la grande crisi del 1929 c’è il consolidamento dell’industria cinematografica hollywoodiana. Il cinema di Hollywood anni ’20 diventa un vero e proprio modello universale, un sistema capace di creare e diffondere prodotti riconoscibili.

Hollywood, attraverso un sistema compatto e diversificato di produzione e distribuzione di opere che hanno specifiche caratteristiche narrative, si costituisce come una grande fabbrica dei sogni.

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La costituzione di questa struttura produttiva è data dal contesto storico in cui gli Stati Uniti sono calati in questi anni: durante la prima guerra mondiale gli Stati Uniti si pongono come leader dell’economia mondiale e, dopo un breve periodo di recessione nel dopoguerra, si istituisce una politica di liberismo economico che consente ai beni prodotti dall’industria americana di imporsi sui mercati stranieri.

Gli anni dell’espansione economica corrispondono a livello sociale ad una certa apertura sul piano del costume e della morale corrente, un clima di prosperità che tuttavia non riguarda tutte le fasce sociali. In questo periodo, infatti, le condizioni degli immigrati e di tutte le fasce più deboli conoscono addirittura un peggioramento.

Così come il proibizionismo scatena il contrabbando e il consumo illegale di alcolici, altre forme di contraddizione e di squilibrio caratterizzano la cosiddetta età del jazz o ruggenti anni Venti.

Hollywood anni 20: la fabbrica dei sogni

Alla base di queste grandi trasformazioni dell’industria cinematografica vi è innanzitutto una grande disponibilità di capitali: nel corso di questo decennio, gli investimenti finanziari nell’industria del cinema registrano un notevole incremento e a ciò corrisponde anche un notevole aumento del numero degli spettatori nelle sale che passa da 40 a 80 milioni.

Negli Stati Uniti, quindi, si forma un particolare quadro economico che apporterà ricchezza fino ad almeno la metà del secolo. Questa struttura economica è caratterizzata da un’organizzazione di tipo verticale che comprende l’intero ciclo produttivo, dalla produzione alla distribuzione dei prodotti. Le principali case di produzione, infatti, acquistano o addirittura costruiscono le sale cinematografiche in cui i propri film verranno distribuiti. Per controllare poi la distribuzione nelle restanti sale vi è un sistema di block booking, per cui gli esercenti che intendono noleggiare un determinato film sono costretti a prenotare interi pacchetti che ne comprendono anche altri.

A gestire questo apparato produttivo vi sono in particolare tre grandi case di produzione (le Big Three): La Paramaunt-Publix, la Metro Goldwyn Mayer (MGM) e la First National. Accanto a queste tre vi sono le Little Five: Universal, Fox, Producers Distributing Corporation, Film Booking Office e la Warner Brothers.

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Ed è stato anche un po’ per opporsi a questo sistema che nel 1919 Griffith, Chaplin, Mary Pickford e Fairbanks fondano la United Artists Corporation con la quale intendono sia distribuire i propri film che favorire lo sviluppo di un cinema meno commerciale e indipendente.

Insomma, se negli anni Venti in Europa si vedono anni di avanguardie artistiche, negli Stati Uniti si assiste a un continuo perfezionamento dei dispositivi tecnici: nei teatri di posa si tende a escludere totalmente la luce solare, le parti della scena che sono sullo sfondo vengono illuminate da luci di riempimento, vi è un frequente uso di filtri ottici e sempre più un uso perfetto del montaggio.

Il sistema, comunque, consente ai registi un certo spazio di libertà, purché essi decidano di lavorare a progetti commercialmente validi. La produzione di genere diventa sempre più importante con la crescita del sistema industriale. I generi epico, western, gangster-movie e gli horror nati in questo periodo troveranno comunque più ampio sviluppo con l’introduzione del sonoro. Al contrario, il genere comico con il sonoro produrrà una frattura tra i film del periodo muto e quelli successivi.

Il caso Buster Keaton

Fin dai primi titoli la comicità di Keaton stabilisce delle regole proprie: uno stile basato sulla sottrazione (prima mimica e poi drammatica) e una schematizzazione geometrica della realtà rappresentata la quale da luogo a una poetica dell’astrazione. I suoi film sono caratterizzati da una recitazione controllatissima, vi è uno sviluppo meccanico degli intrecci narrativi, una mimica essenziale (quasi impietrita), e delle doti acrobatiche che tendono ad evidenziare il senso di alienazione vissuto dal personaggio che si ritrova calato in un universo di relazioni disumanizzate e da una tecnologia sempre più incontrollabile.

Gli anni del sonoro coincidono con il declino di Keaton, un autore che è profondamente legato ai canoni espressivi del muto. Risulta poi essere significativo il fatto che la sua ultima interpretazione è l’atto senza parole di Samuel Beckett.

I maledetti: il caso Erich von Stroheim

Come Chaplin (anche se in prospettive diverse) anche Stroheim muove uno sguardo critico e analitico nei confronti della realtà umana del periodo, cogliendone le contraddizioni e le inquietudini.

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Di nazionalità viennese, arriva negli Stati Uniti intorno al 1909, entrando subito in contatto con il mondo del cinema diventando assistente di Griffith ed esordisce alla regia con Mariti ciechi (1919). Sarà però con il suo successivo lavoro, Femmine Folli (1922) che diviene a Hollywood un autore maledetto, i cui film verranno sempre più boicottati o mutilati al montaggio.

Film come Rapacità (Greed, 1923), Sinfonia nuziale – Luna di miele (The Wedding March – Honeymoon, 1928), o Queen Kelly (1928) saranno tutti rimaneggiati in fase di montaggio, dando luogo a versioni abbastanza lontane da quelle che erano le intenzioni dell’autore. Tuttavia, nonostante ciò, rimangono dei soggetti di una violenza e di una crudezza inaudite; si mette in scena perversioni e pulsioni sessuali scandalose per l’epoca.

Tutti i mezzi usati (la ricostruzione ossessiva degli ambienti reali all’esasperazione dell’uso del primo piano o del dettaglio, ecc.) contribuiscono a uno stile che si concentra soprattutto sul mostrare, al limite della tollerabilità, la realtà.

Per approfondimenti bibliografici: Paolo Bertetto, Introduzione alla storia del cinema.

Cira Pinto